Innanzitutto, pochi sanno che BASF altro non è che l'acronimo di Badische Anilin - und Soda Fabrik. L'esordio di quello che sarebbe diventato il primo player mondiale della chimica fu infatti nella produzione di soda e di coloranti anilinici. Correva l'anno 1865 e questi nuovi coloranti stavano progressivamente sostituendo quelli naturali rispetto ai quali offrivano maggiore persistenza nei tessuti e una più ampia gamma di colori.
Fondata a Mannheim il 6 aprile 1865 e sotto la spinta della presidenza di Friedrich Engelhorn, la neonata società acquista un sito industriale lungo le rive del fiume Reno, a Ludwigshafen, nella regione del Palatinato. Engelhorn era già proprietario di una società di gas e carbone e aveva già compreso le potenzialità del catrame di carbone, un sottoprodotto dei processi industriali, quale materia prima per la produzione di aniline e quindi di coloranti. Risale infatti al 1861 la produzione del colore chiamato "fuchsin", oggi lo chiameremmo "magenta", una tintura rossa.
I primi risultati non furono però brillantissimi, dato che i nuovi colori sbiadivano facilmente nel tempo e con la luce, ma la svolta giunse nel 1869 con la produzione della alirazina, altro colorante rosso. Ciò aprì a BASF le porte dei mercati mondiali, mostrando però i limiti strutturali che essa aveva, come per esempio la mancanza di un'organizzazione di vendita adeguata. Per compensare tale lacuna, nel 1873 BASF si fonde con due commercianti di coloranti che operavano da Stoccarda, ovvero Knosp e Siegle, le quali contavano su reti commerciali globali con oltre 5mila clienti attivi.
La fine del XIX secolo, per la precisione il 1884, vede BASF introdurre il primo piano di assicurazione sanitaria aziendale a favore dei propri dipendenti, in accordo con il coevo sistema di sicurezza sociale voluto dall'allora cancelliere Bismarck. Il piano, più generoso di quanto fissasse la legge, mirava a fornire una maggiore protezione alle famiglie dei lavoratori in caso di lunghe malattie. Eventualità che nel mondo del lavoro di allora erano all'ordine del giorno.
Le aniline e la soda non furono a lungo le uniche produzioni di BASF, da quando nel 1908 il chimico Fritz Haber, professore di chimica a Karlsruhe e Berlino, intuisce la fattibilità di sintetizzare ammoniaca da azoto e idrogeno atmosferico. Un processo altamente energivoro, che richiedeva alte temperature, pressioni e opportuni catalizzatori. Il carbone però non mancava certo in Germania, quindi BASF iniziò a condurre ricerche in tal senso, fino a che, nel 1911, si potè produrre il giusto catalizzatore. L'invenzione di tale processo chimico permise di fornire gli agricoltori di fertilizzanti azotati di alta concentrazione, facendo letteralmente esplodere le rese per ettaro.
Giunse poi la Prima Guerra mondiale, alla fine della quale si aprì una profonda crisi per i produttori tedeschi di tinture. Questi avevano impianti produttivi e filiali estere, confiscate dai vincitori. La stessa BASF viene occupata per diversi mesi da truppe francesi, vedendo chiudere ogni produzione industriale. Alcuni fertilizzanti azotati possono inoltre essere rischiosi da produrre: il 21 settembre 1921, una grande disgrazia si abbatté sul nuovo sito produttivo di Oppau, in cui un'enorme esplosione causò oltre 500 morti, senza contare i gravi danni anche per la vicina comunità.
A confermare ulteriormente il periodo nero per la società, il Trattato di pace stabilì regole di mercato sfavorevoli alle industrie tedesche, così BASF nel 1925 si fuse in un unico gruppo che vedeva anche la presenza di Bayer, la quale ancora non era conosciuta come tale, portando all’epoca il nome di Farbenfabrik Vorn. Friederich Bayer e Co. I.G. Farben fu il nome del Gruppo, che per esteso avanzava un nome alquanto ostico da ricordare, ovvero Interessen Gemeinshaft Farbenindustrie Actien Gesellshaft.
L'anno successivo, però, giunse la registrazione di un marchio che ancora oggi è sinonimo di concimazione azotata, ovvero Nitrophoska, mentre nell'inverno 1928-1929, uno dei più rigidi del periodo, BASF registrò anche Glysandin, un anticongelante per autoveicoli.
Il 1933 apre un'altra parentesi nera per BASF, dal momento che la salita al potere del nazismo causò una progressiva infiltrazione anche negli assetti e nelle politiche dell'azienda. Hitler era riuscito a metter mano nella dirigenza e nella vita stessa del colosso tedesco della chimica. E il fine ultimo era purtroppo di tipo bellico. Ciò non impedì però a BASF di inventare, nel 1939, il polivinilpirrolidone, uno dei coformulanti più diffusi in campo farmaceutico.
Al termine della guerra i siti produttivi di Ludwigshafen e di Oppau giacciono in rovina, a causa di 65 differenti raid aerei subiti, i quali hanno sganciato sugli impianti oltre 40mila bombe. Con estrema difficoltà, gli edifici vengono ricostruiti e la produzione riprende, portando nel 1949 alla nascita di uno degli agrofarmaci "moderni", ovvero U46, a base di mcpa.
Terminata la ricostruzione degli impianti nel 1952, BASF inizia nel 1953 una collaborazione con Deutsche Shell, creando il primo impianto petrolchimico tedesco, ovvero il Rheinische Olefinwerke GmbH, a Wesseling sul fiume Reno, il quale produce polietilene a marchio Lupolen. Il petrolio sta infatti sostituendo progressivamente il carbone, sia come fonte di energia, sia come materia prima per realizzare sintesi chimiche.
Gli anni '50 e '60 sono quelli della veloce espansione che porterà BASF a divenire il colosso attuale, operando anche Oltreoceano tramite una joint venture con Dow, ovvero la Dow Badische Chemical Company, con sede nel Texas. Risale invece al 1961 la realizzazione di Floranid, primo fertilizzante organico sintetico a lento rilascio, mentre la società continua a produrre soluzioni innovative nelle resine, nei polimeri, negli elastomeri e nella chimica fine. Nel 1968 BASF arriva a impiegare 86.428 persone a livello globale.
Gli anni '70 sono quelli della prima crisi petrolifera, la quale provoca un impatto nell'approvvigionamento delle materie prime per BASF. Ma sono anche gli anni in cui viene realizzato il primo impianto di trattamento delle acque reflue del sito di Ludwigshafen, nel 1974. Dal costo di 500 milioni di marchi, è la più grande struttura in Europa in termini di capacità, potendo purificare le acque reflue derivanti da una popolazione fra i sei e i sette milioni di persone.
Sul finire degli anni '80 si aprono inoltre nuovi mercati grazie alla caduta del muro di Berlino. Sebbene BASF fosse già presente Oltrecortina dal 1984, in Ungheria, è dei primi anni '90 l'acquisizione del Gruppo Agfa-Gevaert, il quale aprirà alla Casa di Ludwigshafen il mercato che ancora oggi la fa ricordare dagli amanti della musica, ovvero la produzione di audiocassette. È invece del 1992 la prima apertura di uno stabilimento in Cina, per la produzione di resine e di poliestere.
Proprio a ridosso del Terzo Millennio, BASF, con 110 milioni di marchi, aderisce insieme ad altre 16 importanti aziende alla Foundation Remembrance, Responsibility and Future, un gesto di riconciliazione attraverso il quale le aziende tedesche donano fondi per compensare gli ex-lavoratori forzati e le altre vittime del regime nazista.
Appena entrati nel nuovo millennio, BASF acquisisce le attività di protezione delle colture dell'American home products corporation, ovvero America Cyanamid, raddoppiando le vendite globali della propria divisione per l'agricoltura e acquisendo sostanze attive di elevato valore come dimetomorf (linea Forum) e flufenoxuron, Igr passato alla storia con il marchio commerciale Cascade.
Una prima decade importante anche sul fronte dell'energia, dato che BASF e la russa Gazprom concludono un accordo sull'approvvigionamento energetico europeo.
Oggi, BASF è un colosso da oltre 64 miliardi di euro (bilancio 2017), di cui quasi sei miliardi derivano dal settore dei prodotti per l'agricoltura.
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Fonte: Agronotizie