Viaggiano da un continente all’altro grazie allo scambio di merci globalizzato, raggiungono Paesi molto lontani dal proprio luogo d’origine danneggiando in poco tempo intere colture. Sono gli “alieni”, patogeni portati da seme o da altro materiale vegetale non autoctoni dell'Italia, che tanti problemi stanno creando al sistema agricolo nazionale ed europeo (e non solo). La Commissione europea ha elaborato una proposta per rispondere al problema delle specie aliene invasive, per proteggere le biodiversità e gli ecosistemi e minimizzarne l’impatto sulla salute dell’uomo, degli animali, delle piante e sull’economia dei Paesi. La proposta prevede tre tipi di intervento: prevenzione, sistemi di allerta e risposta rapida e gestione dell’emergenza, ed è attualmente al vaglio del Consiglio e del Parlamento europei.

Contro gli alieni che minacciano piante e colture Agroinnova, il Centro di competenza per l’innovazione in campo agro-ambientale dell’Università di Torino, sta sperimentando nuovi metodi di difesa sempre più all’avanguardia e sostenibili. Il fenomeno ha raggiunto in Italia dimensioni importanti, aggredendo nello specifico alcune cosiddette “colture minori”, in particolare quelle più tipiche: due esempi su tutti quelli della Peronospora belbharii sul basilico e della Plectosphaerella cucumerina sulla rucola.
E' notizia recente che la produzione industriale di pesto sia entrata in crisi a partire dallo scorso anno proprio a causa degli effetti della Peronospora belbharii che la scorsa stagione ha inferto ingenti danni alle colture italiane di basilico concentrate in Piemonte, Emilia Romagna e Liguria.

Il primo violento attacco della Peronospora belbharii sulle colture italiane di basilico risale all’autunno del 2003. L’80% degli oltre 100 ettari coltivati a basilico in Liguria erano stati interessati dalla malattia. In Italia la malattia era sconosciuta e non esistevano fungicidi autorizzati per contrastare gli attacchi del nuovo patogeno. Furono necessari alcuni mesi per consentire ai ricercatori di Agroinnova di trovare contromisure adeguate alla malattia da mettere a disposizione degli agricoltori e ciò nonostante il problema si ripropone oggi. Alcuni attacchi di Peronospora sulle coltivazioni di basilico erano stati osservati in Uganda negli anni ’30, ma fino a che la malattia non si manifestò in un orto familiare in Svizzera nel 2002, nessuno prese in seria considerazione la minaccia. Dalla Liguria il patogeno si spostò poi in Costa Azzurra, dilagò in Francia e raggiunse la California. La malattia si trasmette attraverso semi infetti prodotti in pochi stabilimenti, in genere in area subtropicale, e commercializzati in tutto il mondo.

Situazione analoga per la rucola selvatica: le superfici coltivate sono aumentate e in Italia è principalmente localizzata in Campania e in Lombardia. Sono insorte però malattie mai osservate prima, molte delle quali trasmissibili per seme, caratteristica pericolosa in aree di coltivazione intensiva in serra. Il materiale riproduttivo è prodotto in pochi stabilimenti specializzati, spesso situati in Paesi in via di sviluppo, e di qui inviato in tutto il mondo. Questa tendenza, ha comportato un miglioramento dei livelli qualitativi della semente, ma ha anche favorito la rapida diffusione di parassiti. Grazie agli studi condotti da Agroinnova su alcuni campioni di rucola campana è stata rilevata, nella primavera del 2012 - per la prima volta in Italia e nel mondo - una nuova malattia: si tratta del patogeno Plectosphaerella cucumerina, segnalato come responsabile di gravi danni su differenti colture, ma mai prima d’ora sulla rucola.

Ma come ridurre il rischio di trasmissione e diffusione delle malattie trasmesse da seme?
L'impegno di Agroinnova è articolato su diversi livelli - commenta Angelo Garibaldi, presidente del Centro - grazie ad un laboratorio specializzato nello studio delle malattie trasmesse per seme che opera con le aziende sementiere, occupandosi di diagnosi, caratterizzazione dei patogeni e di tecniche di concia. Maria Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova, aggiunge: "Fondamentale è la fase diagnostica: spesso la difficoltà maggiore sta nel chiarire immediatamente e con certezza l’origine geografica dei semi infetti, anche a causa, talvolta, di resistenze delle imprese sementiere. Le aziende devono invece comprendere che una collaborazione sempre più stretta fra ricercatori, imprese e agricoltori non può che giovare all’intero sistema”.
Sta crescendo oggi di importanza la diagnostica molecolare che permette di analizzare il Dna delle sementi e che potrebbe consentire di attivare strategie preventive a livello internazionale, basate sul controllo fitosanitario del materiale riproduttivo.

Identificato il patogeno si devono poi applicare mezzi di lotta efficaci che possono essere fisici, chimici o biologici. Importanti  sono i sistemi di concia cioè di disinfezione dei semi: nel primo caso, un trattamento dei semi con acqua o aria calda a temperature variabili tra i 45 e i 70 gradi può arrivare ad eradicare completamente alcuni patogeni dai semi. Particolarmente utili si sono rivelati anche alcuni fungicidi, anche se vanno sottolineate le crescenti difficoltà nell’impiego di questi mezzi dovute alle restrizioni imposte alla registrazione dalle nuove normative europee. Infine vanno segnalati i mezzi biologici, con l’impiego, in fase di concia del seme, di micro-organismi antagonisti, in grado di contrastare il patogeno, senza determinare alcun effetto negativo sulla pianta o sul consumatore finale. Agroinnova sta saggiando tutti questi metodi da soli o combinati, per trovare per ogni pianta e per ogni malattia la lotta più efficace.