Si è tenuto nei giorni scorsi a Rosarno il convegno organizzato da Coldiretti Calabria per fare il punto sulla batteriosi del kiwi, al quale hanno partecipato istituti fitosanitari e rappresentanti istituzionali del territorio. Dall'incontro è emerso il ruolo fondamentale della prevenzione, unita alla necessità di un costante controllo degli impianti che può consentire la tempestiva segnalazione dei sintomi sospetti agli enti di controllo preposti.

Le sintomatologie sospette devono essere seguite da rapide analisi specifiche per confermare o meno la presenza di Pseudomonas syringae pv. Actinidiae. La formazione/divulgazione di cosa può essere determinato da PSA è alla base di una efficace indagine ed azione preventiva su ampia scala come quella regionale.

Ad oggi sono quattro i casi ufficiali e certificati di Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa), agente del cancro batterico dell’actinidia in Calabria: uno nel 2010 e tre nel 2011, di cui tre nel Comune di Rosarno e uno nel Comune di Taurianova.

La collaborazione degli agricoltori è fondamentale: circoscrivere tempestivamente un’infezione determinata da un patogeno così aggressivo quale è PSA, permette di salvaguardare l’intero territorio/comparto, evita potenziali situazioni allarmanti quali sono ora quelle di altre regioni, e favorisce i produttori locali di kiwi a superare questo momento complessivo di difficoltà.

Evitare di dare ascolto/spazio ai numerosi (purtroppo) “venditori di miracoli” che, da anni, stanno cavalcando commercialmente l’emergenza batteriosi del kiwi e propongono trattamenti con prodotti improbabili quali disinfettanti vari, derivanti anche da un loro impiego in altri ambiti (industriali), non registrati per l’agricoltura, non registrati come prodotti per la difesa fitosanitaria e privi di schede di sicurezza. Oltre alla loro conclamata inefficacia, si registrano spesso gravi danni causati da questi 'prodotti' alle piante e, quindi, oltre al danno economico ed ambientale, anche la beffa di peggiorare la situazione degli impianti.

Siamo in presenza di un batterio che esplica gran parte del suo ciclo biologico all’interno delle piante di actinidia. E' un patogeno vascolare e, pertanto, qualsiasi 'disinfettante' proposto, una volta che PSA è penetrato all’interno delle piante, non ha nessun effetto sul patogeno stesso, come alcuna influenza sull’evoluzione di un processo infettivo già in atto all’interno dell’ospite.

Anche in virtù di queste 'proposte commerciali', la diffusione di PSA ha trovato situazioni particolarmente fertili, e oggi, purtroppo, in molte aree ad actinidia affette da PSA la situazione è evidente.
 

I formulati a base di rame, pur svolgendo attività esclusivamente preventiva (sono di contatto) proteggono/prevengono ulteriori infezioni da batteri fitopatogeni (non solo PSA ma anche P. s. pv. syringae e P. viridiflava) su piante di Actinidia.
I formulati a base di rame possono essere impiegati preventivamente anche durante la fase vegetativa, sono autorizzati anche in impianti a conduzione biologica, e vanno sempre utilizzati rispettando i loro dosaggi riportati in etichetta.

Per il contenimento di PSA, il Gruppo di Fitobatteriologia dell’Università della Tuscia sta sperimentando da oltre tre anni in numerosi impianti di kiwi giallo e kiwi verde affetti da PSA nelle province di Latina e di Viterbo differenti principi attivi allo scopo di proteggere, nutrire, difendere le piante actinidia.
I risultati sono molto positivi: le piante inizialmente affette da PSA rispondono positivamente al protocollo adottato e, nel corso degli anni, oltre a ridurre notevolmente l’incidenza/danni da PSA, queste aziende hanno visto crescere le loro produzioni di kiwi.
Lo stesso trend si registra per l’annata in corso. In questi anni gli impianti sperimentali sono stati inoltre oggetto di proficue visite tecniche sia da parte di esperti della Nuova Zelanda e della Cina, sia di differenti sopralluoghi da parte dei Servizi fitosanitari di differenti regioni (Lazio, Emilia Romagna, Campania). Nel frattempo, il gruppo di ricerca dell’Ateneo di Viterbo, sta valutando anche altri formulati/p.a./ (rameici, antagonisti naturali, estratti vegetali) dei quali divulgherà i risultati al termine delle loro sperimentazioni in corso.

Ai differenti p.a., per cui la ricerca è chiamata ad adoperarsi per studiare e capirne i meccanismi per far fronte ad un’infezione come quella da PSA, vanno accompagnate, comunque, opportune pratiche colturali.

Nel caso di infezione da PSA, nei rami/cordoni, per un anno è fondamentale una robusta potatura dopo la raccolta, diversamente si permette al batterio di sopravvivere all’interno di questi organi vegetativi, anche in assenza di sintomie, e di continuare il proprio ciclo infettivo con la successiva manifestazione di nuovi essudati/cancri (specialmente ogni primavera/autunno) che in determinate fasi stagionali si caratterizzano con temperature miti, elevata umidità relativa e frequenti piogge. Regolarmente, in questi momenti stagionali si registrano nuovi allarmi/segnalazioni che non sono legati ad infezioni del momento, ma rappresentano la naturale evoluzione di processi infettivi dei mesi precedenti.

Nel caso di infezione da PSA al tronco, è fondamentale l’estirpazione delle piante, non la loro capitozzatura. Oggi sappiamo con certezza che PSA si muove all’interno delle piante fino a raggiungere le radici e quindi una capitozzatura di piante compromesse, anziché una loro completa estirpazione, permette al patogeno di sopravvivere nel tempo a livello radicale e quindi di reinfettare facilmente le nuove emissioni.
E’ fondamentale quindi estirpare la pianta intera (apparato radicale incluso) affetta da PSA, disinfettare dove si è tolta la pianta e reimpiantare nella stagione successiva.

Altro aspetto fondamentale per limitare la diffusione del batterio è la chiusura/disinfezione dei tagli di potatura e la disinfezione degli utensili impiegati, evitando altresì di evitare di trinciare i residui di potatura di piante infette.

Ancora, richiedere una certificazione sia delle piante, sia del polline che si acquistano.

 

 

Rosarno, grande partecipazione al convegno

 

Alla luce di quanto mettono in atto numerosi produttori, e spesso su precise indicazioni di Op, consorzi, cooperative, organizzazioni, oggi anziché coltivare actinidia, si ha l’impressione che molti stiano coltivando ….. PSA. L’evidenza è ovunque (in Italia come all’estero), vengano adottate le più svariate pratiche fitosanitarie ed agronomico-colturali e, nella maggioranza dei casi, le stesse non sembrano rispondere alle aspettative.

Rispetto a questa emergenza fitosanitaria, non si può avviare una strategia 'qualsiasi' per poi interromperla o sovrapporla ad altre nell'arco di pochi mesi, perché non si avrebbero risultati di rilievo.
Le piante sono organismi viventi e, come l’uomo, hanno tempi biologici (e stagionali) per dare delle risposte significative. La differenza sostanziale è che, mentre l’uomo fornisce direttamente (e subito) al medico delle indicazioni sul suo stato di salute, le piante non parlano ma sono molto più sincere e, nel tempo, mostrano chiaramente come si rispondono alle nostre “attenzioni”.

Da quattro anni - nel 2008 nel Lazio il nostro gruppo di ricerca ha rinvenuto per la prima volta PSA in Italia - abbiamo organizzato in collaborazione con la Regione Lazio numerosi incontri tecnico-divulgativi.
L’Università della Tuscia nel 2009 ha organizzato il IX Convegno Nazionale dell’Actinidia (6-8 settembre, Viterbo-Latina) e nel 2010 ha partecipato al 7th International Kiwifruit Symposium di Faenza, Università di Bologna.

Nessuno può pensare di eradicare nell’arco di pochi mesi un problema così diffuso, violento, aggressivo:  per alcuni anni dovremo rassegnarci a convivere con questa fitopatia.
Ma se non si tiene conto di quanto la ricerca italiana è stata in grado di chiarire in merito a PSA (ciclo biologico, fasi infettive, vie di penetrazione, vie di diffusione, pratiche agronomico-colturali, strategie di contenimento, alcuni aspetti genetico-molecolari), difficilmente la problematica potrà attenuarsi.
E' fondamentale tener conto di tutti gli aspetti (abiotici e biotici) coinvolti in questa fitopatia, oltre che con il suo agente causale. E molti restano da studiare, chiarire e approfondire.

Dal punto di vista istituzionale, alcune Regioni - Lazio, Emilia Romagna, Piemonte - hanno deliberato specifici decreti, mentre proseguono i calcoli per gli indennizzi agli agricoltori che hanno subito perdite. Inoltre è stato emanato un decreto ministeriale ad hoc per fronteggiare l'emergenza fitosanitaria sull’intero territorio nazionale, insieme al Tavolo per il Kiwi che vede la partecipazione di tutte le componenti nazionali per condividere esperienze, risorse e competenze.

In conclusione, è auspicabile che nel breve periodo azioni mirate possano concretizzarsi, come è altrettanto auspicabile che le parti tecniche, associative ed economiche - oltre che politiche - tengano in considerazione la ricerca pubblica come base da cui (ri)partire per proteggere e valorizzare una delle eccellenza del made in Italy che ci vede leader a livello mondiale: il kiwi.

 

Intervento a cura del professor Giorgio Mariano Balestra
Dafne - Dipartimento di Scienze e tecnologie per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’energia
Università della Tuscia

 

Scarica la presentazione in PDF:
"Batteriosi del kiwi: contenimento, sintomi, biologia"
A cura di G.M. Balestra, Dafne - Università della Tuscia