Basterà lo stanziamento di 5 milioni di sterline nei prossimi due anni per non far rimpiangere agli agricoltori britannici la Brexit e i vecchi sussidi della tanto criticata Politica Agricola Comune? La domanda è più che lecita, dopo la proposta del Governo laburista di riformare l'imposta di successione, che prevede un'aliquota del 20% sulle aziende agricole con un valore superiore a 1 milione di sterline. La norma dovrebbe applicarsi a partire da aprile 2026.

 

Secondo i coltivatori - che sono scesi in piazza a Londra per protestare in maniera pacifica, ma minacciando "di comportarsi come i francesi", che nelle manifestazioni di inizio anno contro il Green Deal e per difendere i redditi delle imprese agricole avevano creato qualche disagio a Parigi e a Bruxelles - "la misura rischia di costringere molte famiglie a vendere terreni per pagare le tasse, compromettendo la sostenibilità economica delle attività e interrompendo tradizioni agricole tramandate da generazioni", come riportato da The Times.

 

Il piano è stato criticato duramente da Tom Bradshaw, il presidente della National Farmers Union (Nfu), che ha cercato un colloquio con il premier britannico Keir Starmer, il quale - proprio nel giorno della manifestazione aperta dai bambini alla guida di mini trattori a pedali - ha evitato un confronto diretto con loro, sgattaiolando da un'uscita sul retro del Parlamento, dopo aver difeso di fronte alla platea le sue riforme.

 

Sull'innalzamento della tassa di successione le posizioni fra Governo e agricoltori divergono. Secondo The Times, "le modifiche colpiranno circa cinquecento proprietà all'anno e solo un quarto delle aziende agricole raggiungerà la soglia di tassazione". Contrariamente, la Nfu respinge i calcoli errati di Downing Street, in quanto non terrebbe conto del valore cumulativo di terreni, macchinari, bestiame e altri asset agricoli, spesso essenziali per il funzionamento delle aziende e ribadendo un concetto chiave e, in verità, spesso comune al mondo agricolo occidentale: gli agricoltori si troverebbero nelle condizioni di essere "ricchi di beni, ma poveri di liquidità". E i dati relativi all'estensione media delle aziende agricole nel Regno Unito, pari a una superficie di 88 ettari, dimostrerebbero che si tratta di proprietà valutate ben oltre il milione di sterline.

 

Inoltre, la Nfu teme che la combinazione di aumento delle tasse, inflazione dei costi (+40% negli ultimi anni) e tagli ai sussidi possa rendere insostenibile la maggior parte delle attività agricole, con gravi conseguenze per le comunità rurali e per la produzione alimentare britannica. Calcolatrice alla mano, la Country Land and Business Association in Inghilterra e Galles, che rappresenta i proprietari terrieri e le aziende rurali, stima che il limite dell'agevolazione nella successione per le proprietà agricole a 1 milione di sterline potrebbe danneggiare 70mila aziende agricole.

 

D'altro canto, il ministro dell'Ambiente, Steve Reed, avrebbe assicurato che la maggior parte degli agricoltori "non sarà colpita dal provvedimento".

 

A sostegno del Governo è sceso in campo, è il caso di dire, anche The Guardian, pubblicando lo scorso 19 novembre un editoriale in cui ha affermato che "gli aumenti delle tasse erano inevitabili, dato lo stato disperato dei servizi pubblici" e che "anche una volta apportate le modifiche, i terreni agricoli saranno tassati al 20%, ovvero la metà dell'aliquota sugli altri beni". Per cui, summa dell'editoriale, "non c'era una buona ragione per cui le aziende agricole dovessero continuare a non essere tassate".

 

Resta il fatto che "in tutta Europa, gli agricoltori sono un elettorato chiave nella reazione contro le politiche net zero e altre politiche verdi che sono descritte dai partiti populisti di destra come progetti di una élite urbana", scrive ancora The Guardian, specificando che in Francia e nei Paesi Bassi, tra gli altri Paesi, una larga fetta dell'opinione rurale è stata sfruttata dall'estrema destra. Motivo per cui, secondo il quotidiano, "per evitare che accada qualcosa di simile qui, il partito laburista deve dimostrare di saper ascoltare gli agricoltori, non solo per quanto riguarda l'imposta di successione, ma anche per quanto riguarda il sistema alimentare e altre questioni".

 

Il mondo agricolo, in un rimpiattino di posizioni, sostenute peraltro a colpi di numeri, lamenta uno scenario complessivo particolarmente duro, a partire dagli effetti dei cambiamenti climatici. Le piogge record di quest'anno, ha sottolineato il Financial Times, "hanno portato al secondo peggior raccolto dell'Inghilterra da quando sono iniziate le registrazioni moderne, secondo le statistiche ufficiali. Ciò ha portato a drastici cali delle rese su alcune colture tra cui grano inglese, orzo invernale e colza, che sono diminuite rispettivamente di circa il 21%, 26% e 32% rispetto al raccolto del 2023".

 

A questo deve aggiungersi il calo dei sostegni pubblici dopo la Brexit che avrebbe comportato alle aziende agricole un taglio del 50% dei loro sussidi, mentre il Governo elimina gradualmente il regime di pagamento dell'era Ue, intervenendo con il programma Environmental Land Management (Elm), destinato a premiare gli agricoltori con pagamenti per il miglioramento dell'ambiente naturale e della biodiversità, nonché per la riduzione delle emissioni, mantenendo al contempo la produzione alimentare complessiva. Però, ha denunciato il presidente della Nfu, Tom Bradshaw, il Dipartimento britannico di Agricoltura e Ambiente (il Defra, Department for Environment, Food & Rural Affairs) "non ha mai pubblicato in merito una valutazione di impatto per stabilire se il programma potrebbe erodere l'autosufficienza alimentare del Paese".

 

A questo deve aggiungersi una crisi della manodopera specializzata che nella fase post Brexit sembra essersi aggravata, minacciando le aziende agricole stesse. Qualche settimana fa, in particolare, è stata la cooperativa danese Arla, che rappresenta il più importante fornitore per numeri di prodotti lattiero caseari del Regno Unito, a mettere in guardia sul fatto che la carenza di manodopera abbia finito per minare la sicurezza alimentare del Paese, poiché l'inflazione salariale e la fine della libera circolazione comprimono la produzione e costringono gli agricoltori a ridurre le loro mandrie. Secondo i dati dell'Agriculture and Horticulture Development Board (Ahdb), il numero di allevatori di vacche da latte è sceso del 5,8% fra ottobre 2023 e aprile 2024.

Una situazione complessiva particolarmente preoccupante, al punto che il 16% degli allevatori intervistati avrebbe annunciato di considerare l'idea di abbandonare del tutto il settore, a meno che la situazione non migliorasse.

 

E fra le conseguenze dell'indebolimento dei redditi dei farmer britannici c'è il calo delle operazioni immobiliari e degli acquisti di terreni. Secondo gli agenti immobiliari Strutt & Parker, infatti, investitori privati e istituzionali avrebbero acquistato la metà delle fattorie disponibili nel 2023 e più del doppio dei terreni degli agricoltori. Al punto che il numero di proprietà acquisite da veri agricoltori è in costante calo: se nel 2014 gli acquirenti di aziende e terreni agricoli erano agricoltori, nel 2023 tale percentuale è scesa al 40.
Con il rischio di modificare la morfologia delle campagne e di indebolire l'ossatura delle imprese agricole familiari, da sempre l'asse portante del comparto primario.

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