Dei social network e del loro abuso sentiamo parlarne ogni giorno, tanto che ci verrebbe voglia di uscire, chiudere tutto e buonanotte. È innegabile che in molti frangenti i social network - almeno quelli meno caratterizzati da utilizzi professionali - si trasformino in una latrina dove i peggiori istinti umani verbali si concentrano. Ma è possibile resistere alle pulsioni e adottare tali strumenti per registrare idee, sensazioni, tendenze, commenti. In questa seconda ipotesi i social network possono rappresentare una soluzione per avviare un dialogo costruttivo, per raccogliere opinioni in maniera immediata e rapida, per raccogliere indicazioni e attuare politiche o azioni conseguenti.
Una premessa doverosa per lodare il nostro social media manager, Riccardo Cavina, che ha chiesto ai lettori e agli interlocutori dei social (Facebook, Instagram e LinkedIn) che cosa, come agricoltore, facesse più paura. Domanda semplice per capire il sentiment degli imprenditori agricoli in un determinato frangente.
Non si tratta di un sondaggio con validità scientifica ed è altrettanto innegabile che le risposte siano legate alla contingenza e a frangenti particolari. Allo stesso tempo, le sensazioni, le indicazioni, talvolta anche gli sfoghi più o meno in tempo reale rappresentano una fotografia molto utile al comparto, alle istituzioni, alla politica. Anche e soprattutto in una fase che porterà alle elezioni europee e ad avere un nuovo quadro di riferimento in Ue. Un cambio tutt'altro che banale, alla luce del fatto che le politiche agricole in Europa sono fra quelle più impattanti sul piano economico, con l'Italia che assorbe nei sette anni della Pac qualcosa come 52 miliardi di euro, su un totale comunitario di circa 380 miliardi.
L'incognita del ricambio generazionale è una delle paure degli agricoltori
(Fonte foto: AgroNotizie®)
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Difficile fare una classifica, ma appare evidente la preoccupazione per il futuro. In particolare, più ancora della siccità, dei cambiamenti climatici, che pure sono menzionati ampiamente, colpiscono due elementi: l'assenza, o meglio, la difficoltà di reperire manodopera qualificata e gli ostacoli per un ricambio generazionale che permetterebbe di guardare avanti con maggiore serenità.
Il quadro è chiaro: il comparto è abituato a fare sacrifici, a lavorare sotto il cielo, a mettere in conto stagioni avverse. Ma quelle, talvolta con fatica, si superano. Se non hai nessuno che prende il testimone, invece, lo scenario si fa a tinte fosche e la nebbia non si dirada.
I dati pubblicati recentemente ci dicono che oggi in Ue solo un agricoltore su cinque ha meno di quarantacinque anni e meno dell'1% degli agricoltori europei è sotto i venticinque anni. In dieci anni, poi, le imprese che operano in agricoltura sono diminuite del 25%.
Sono dati che impongono indubbiamente riflessioni a mente fredda e azioni conseguenti. Ma il sondaggio, anche su questo fronte, alza il velo sulla sfiducia che gli agricoltori mostrano nei confronti della politica e delle istituzioni. Il segnale è preoccupante, perché si percepisce la sensazione di abbandono, che poi - guarda caso - accomuna molti frangenti della società e si traduce in una disaffezione generalizzata al voto. La gente non crede più che le istituzioni (e persino i sindacati agricoli, segnale che deve far riflettere) possano fare qualcosa e, dunque, che fa? Non è coinvolta per eleggere i propri rappresentanti. Tutto questo si traduce in un circolo vizioso: se non si vota non si può sperare che chi viene eletto si prenda a cuore le problematiche dell'agricoltura.
Cambiamenti climatici, reddito agricolo e prezzi e sindacati sono alcune delle preoccupazioni degli agricoltori
(Fonte foto: AgroNotizie®)
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La carenza di formazione è un altro aspetto che non è sfuggito alle paure del mondo agricolo. Siamo in una fase di profonda accelerazione. La transizione verde passa dall'innovazione tecnologica, la redditività e la competitività, anche. Non solo: digitalizzazione, robotizzazione, intelligenza artificiale possono trasformarsi in preziosi alleati per ridurre i rischi di infortuni sul lavoro e migliorare la sicurezza. Ma se non si è sufficientemente preparati e non ci sono strategie per assecondare lo sviluppo, è inutile guardare avanti. Anche questi sono segnali che i legislatori dovrebbero cogliere.
Difficile, invece, trovare una soluzione a un'altra grande paura degli agricoltori: i prezzi. Il mercato non può essere regolato per legge in un'economia libera come quella dei Paesi occidentali. Domanda e offerta fanno il prezzo e ne determinano le oscillazioni verso l'alto o verso il basso. Sarebbe impossibile definire per legge o per decreto un prezzo equo, perché si incapperebbe nel rischio di creare distorsioni di mercato.
Grandi assenti, fra i timori del comparto, risultano essere il carico burocratico (e chissà se le semplificazioni della Pac definite nelle ultime settimane hanno pesato favorevolmente) e i danni da fauna selvatica, che rappresentano un problema non indifferente, che colpisce anche la società civile, ma che in questo primo sondaggio o riscontro informale non è emerso.
Suggerimento non richiesto ai prossimi parlamentari europei: tenete presente le risposte degli agricoltori. Per costruire una politica agricola del futuro è bene partire dalle paure degli agricoltori e cercare di dare risposte.