Via al ripristino della natura: piantare 3 miliardi di alberi, ripristinare il 30% delle zone forestali e marine compromesse, meno prodotti chimici e proteggere gli impollinatori. Tutto entro il 2030.

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La nuova norma in pillole

Le cifre con cui è stata approvata - 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astensioni - mostrano come la Legge sul Ripristino della Natura abbia avuto un percorso contestato.

 

Nata da una proposta della Commissione Europea del 22 giugno 2022, questa legge vuole ripristinare almeno il 30% delle zone terrestri e marine danneggiate degli Stati membri entro il 2030 - dando la priorità alle zone Natura 2000 - e tutti gli ecosistemi entro il 2050, con l'effetto di migliorare clima, biodiversità e sicurezza alimentare.

 

Obblighi per il ripristino degli ecosistemi agricoli

Tra gli obiettivi della legge figurano il recupero di almeno 25mila chilometri di corsi d'acqua attraverso la rimozione delle opere artificiali, l'incremento degli impollinatori e delle aree verdi, la diminuzione dell'uso di prodotti fitosanitari chimici e la messa a dimora di almeno 3 miliardi di alberi. Tutto entro il 2030.

 

Inoltre, i proprietari di terreni agricoli devono tenere d'occhio tre indicatori per attestare la buona salute di un ecosistema: indice delle farfalle comuni; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio; e stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati.

 

In più, devono ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2040, lasciando la riumidificazione a base volontaria per agricoltori e proprietari terrieri privati.

 

Difendere la natura paga bene, secondo la Commissione Europea

La nuova legge apporterebbe notevoli benefici economici, in quanto ogni euro investito per ripristinare gli ecosistemi danneggiati si tradurrebbe in almeno 8 euro di benefici. Questo almeno secondo l'Esecutivo comunitario.

 

Inoltre, una natura sana si traduce in cibo più nutriente, in aria sana e in risorse naturali per gli animali.

 

Più burocrazia e oneri?

La legge va a scontrarsi con l'apertura mostrata alle richieste degli agricoltori in protesta, creando nuove forme di burocrazia e altri oneri.

 

"Si teme che molti Stati membri utilizzino la legge per introdurre burocrazia e obblighi di monitoraggio e rendicontazione di vasta portata per gli agricoltori e i silvicoltori - si legge in una nota del Partito Popolare Europeo, contrario alla norma - sostenendo che l'Ue li sta obbligando a farlo. Di conseguenza, gli agricoltori e i silvicoltori interessati guarderebbero ancora una volta a Bruxelles con risentimento, quando il problema è fatto in casa e risiede nei rispettivi Governi nazionali".

 

Questo creerebbe, di fatto, un contrasto profondo con le iniziali promesse mantenute con l'iniziale esclusione degli agricoltori dagli obblighi della legge, avvenuta con la cancellazione dell'articolo 9 della bozza iniziale, votata nel 2023.

 

Il punto di vista delle organizzazioni agricole

Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini definisce il nuovo provvedimento "una legge senza logica", poiché la riduzione delle superfici produttive dovuta al ripristino di torbiere, argini dei fiumi ed ecosistemi "porterebbe inevitabilmente a contrarre l'offerta europea aprendo così ulteriormente le porte alle importazioni dai Paesi terzi" che "non rispettano gli standard dei cibi italiani ed europei".

 

Dello stesso avviso è il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il quale aggiunge che "non sono stati previsti fondi aggiuntivi per il raggiungimento degli obiettivi fissati".

 

In caso di emergenza, tirare il freno

In ogni caso, la Legge sul Ripristino della Natura prevede un freno che si attiverà per cause di forza maggiore. Questo consentirà di sospendere gli obiettivi sugli ecosistemi agricoli nel caso in cui la superficie coltivata venga ridotta al punto da compromettere la produzione agroalimentare.

 

I passi futuri

La legge approvata dovrà attendere in sala d'attesa, prima di venir pubblicata nella Gazzetta Ufficiale europea ed essere poi recepita dagli Stati membri entro due anni.

 

L'Italia dovrà quindi redigere le sue tabelle di marcia per il ripristino della biodiversità e sul Piano di Ripristino Nazionale, che sarà valido fino al 2032, anno in cui si metterà mano ai primi risultati.