Cosa resterà delle proteste degli agricoltori, fra qualche anno? Partiamo dal futuro, perché il presente ci sembra un po' confuso e in parte complesso da decifrare. Le proteste sono partite oltre un anno fa in Belgio e Olanda e hanno portato addirittura alla costituzione di un partito dei contadini (il BBB) nei Paesi Bassi, che ha ottenuto risultati significativi alle elezioni amministrative del marzo 2023 in alcune regioni olandesi.
Dalla Germania alla Francia, fino alla Spagna, le ragioni del malcontento sono partite da sfumature diverse di malcontento, seppure una linea comune può essere individuata dal contrasto ad alcune restrizioni di natura ambientale e dal loro impatto sui conti economici dell'impresa agricola.
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In un territorio vasto come l'Unione Europea, che ha perso in dieci anni (2010-2020) oltre 3 milioni di aziende agricole, con un'età media degli agricoltori di cinquantasette anni e molte incognite di ricambio generazionale, la vera preoccupazione che dovrebbe assillare quotidianamente Ursula von der Leyen e la Commissione Ue dovrebbe essere quella della produzione di cibo sano e di qualità.
Negli anni, grazie alla Politica Agricola Comune (Pac), siamo riusciti ad ottenere due obiettivi tutt'altro che trascurabili: più cibo e più sostenibilità. Agricoltura e ambiente insieme.
Poi si è voluto forzare la mano contro gli agricoltori, imponendo una stretta in linea teorica se si vuole anche condivisibile, in linea pratica più complessa da ottenere, senza offrire valide alternative. Questi gli effetti del Green Deal, che ha rotto il patto fra agricoltori e società, come ha riconosciuto un acuto osservatore dei fenomeni, oltre che un profondo conoscitore dei sistemi agricoli come il professor Dario Casati, economista agrario tra i più valenti d'Europa.
L'Unione Europea ha negato l'evidenza scientifica dell'agricoltura, il ruolo di assorbimento di anidride carbonica (42 gigatonnellate assorbite contro una decina quelle emesse, sottolineano Flavio Barozzi, presidente della Società Agraria di Lombardia e Luigi Mariani, docente di Agrometeorologia), sposando un malinteso ambientalismo che guarda al biologico, all'agricoltura estensiva, al taglio dei fitofarmaci, senza rendersi conto che la scienza indica una strada diametralmente opposta.
La protesta italiana è partita nell'indifferenza dei sindacati agricoli. Un silenzio assordante, che ha spinto le rappresentanze ufficiali a prendere posizione solamente in una fase successiva, quando l'ostilità di una frangia dei manifestanti si è indirizzata verso quello che considerano uno strapotere di indirizzare la politica agricola a loro piacimento. Ma è davvero così? Se la voce degli agricoltori fosse stata più chiara e più univoca in agricoltura avremmo avuto un Green Deal così ostile verso i produttori?
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Guardiamo avanti, se possibile. Che scenario ci attende in futuro? Avanziamo qualche ipotesi, avvertendo i lettori che si tratta di scenari ideali, non concreti.
Primo. Ottenuto qualche benefit a livello di Stati membri, le proteste degli agricoltori si fermano. Conferma degli aiuti al gasolio agricolo in Germania, maggiore attenzione alla redditività in Francia, esenzione dall'Irpef in Italia diventano provvedimenti sufficienti a sminare la protesta, che sta esaurendo anche la propria forza mediatica.
Secondo. A livello comunitario, dopo aver disinnescato alcune linee normative eccessivamente penalizzanti per gli agricoltori (si vedano i tagli imposti dal Green Deal sull'utilizzo dei fitofarmaci), si apre un dialogo istituzionale per rivedere la Politica Agricola Comune. Possibile, ma non subito. Le programmazioni pluriennali, i vincoli di bilancio, le pressioni per inserire nuovi sostegni diversi da quelli agricoli e le elezioni per il rinnovo delle istituzioni europee sono indizi che portano in là, almeno al 2025, le prime discussioni sulla Pac post 2027.
Terzo scenario. Le manifestazioni di piazza degli agricoltori si trasformano in veri e propri movimenti e/o partiti e fanno sentire la loro voce alle elezioni.
Quarto. I sindacati agricoli maggiormente strutturati tentano la scalata alle istituzioni, attraverso movimenti e partiti presenti alle elezioni o, in alternativa, inserendo alcuni dei loro rappresentanti, fra i candidati.
Quello che ci sembra inevitabile è prendere coscienza del ruolo dell'agricoltura e proteggerla come settore produttivo strategico e che ha diritto di lavorare con prospettive sicure e redditi in attivo, in contesti che hanno dimensioni globali e che necessitano di spinte verso l'innovazione.
Se ipotizzate altri scenari, che per brevità non abbiamo inserito, potete naturalmente dire la vostra scrivendo a redazione@agronotizie.it. Sempre con grazia e rispetto dei lettori. Ma il dialogo e le idee di chi ci legge sono sempre graditi. Grazie.