La produzione di grano dell'Italia dovrebbe arrivare quest'anno a oltre 4 milioni di tonnellate, in salita del 12% rispetto alla precedente campagna. Le stime messe a punto dal Crea sono state diffuse all'evento Durum Days 2023, l'appuntamento annuale che chiama a raccolta tutta la filiera per fare il punto sullo stato dell'arte.

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La coltivazione del nostro Paese si presenta al momento in buone condizioni, ma bisogna però tenere in considerazione l'andamento meteorologico delle prossime settimane che potrebbe compromettere lo stato della coltura.

 

Per quanto riguarda lo scenario della produzione mondiale viene messo in evidenza - in base ai dati Areté - un sostanziale recupero: la situazione delle scorte iniziali per la campagna 2023-2024 è al minimo storico, e questo è un fattore potenzialmente di supporto ai prezzi medi, generalmente ridotti nella campagna 2022-2023 rispetto alla precedente. Ma restano elementi che possono tornare a mettere in tensione i prezzi, tra cui il livello minimo di scorte, i volumi produttivi effettivi ancora dipendenti dal livello delle rese (sia in Europa che in Nord America), così come la contrazione del premio di prezzo del frumento duro rispetto agli altri cereali, il frumento tenero e il mais, che aumenta le possibilità di trasmissione di tensioni da un mercato ad un altro.

 

Secondo il presidente della Sezione Molini a Frumento Duro Italmopa Enzo Martinelli, "l'andamento del mercato nazionale del frumento duro non può prescindere dall'evoluzione al rialzo o al ribasso dei mercati internazionali. L'Italia esporta il 60% circa della sua produzione di pasta alimentare, vendite che possono essere garantite solo ricorrendo alle importazioni che costituiscono strutturalmente il 40% del nostro fabbisogno". La valorizzazione della produzione del nostro Paese e la riduzione del differenziale negativo tra le quotazioni del grano nazionale e quello di importazione - osserva Martinelli - costituisce "un obiettivo prioritario non solo per l'imprenditoria ma anche per la trasformazione industriale". Sul punto viene ribadito il ruolo indispensabile del contratto di filiera.

 

La preoccupazione di Confeuro riguarda invece la necessità di agire a livello nazionale per fermare il calo della produzione di grano duro: "Il problema - afferma il presidente di Confeuro Andrea Michele Tiso - è che stiamo osservando un calo progressivo della produzione di grano duro in Italia, con conseguenti aumenti di prezzo e importazioni da Paesi come Stati Uniti, Canada e Ucraina". La situazione - viene spiegato - è che "la produzione raccolta nel 2022 è stata la più bassa da dieci anni a questa parte: 759mila tonnellate a fronte di 1.273.311 del 2016, annata record, e inferiore anche ai quantitativi del 2020 (950.080) e del 2021 (931.800). Sono calate anche le rese: nel 2016 si arrivò a 3,6 tonnellate per ettaro, nel 2022 invece la resa media per ettaro è stata di 2,2 tonnellate".

 

Che ci sia una calo viene certificato anche dal Crea: "Nonostante le stime di produzione più alte rispetto al 2022, la produzione italiana di cereali rimane largamente insufficiente per i fabbisogni della filiera agroalimentare nazionale" rileva Stefano Vaccari, direttore generale del Crea. "Per aumentare la produttività del 'Granaio Italia' abbiamo lanciato la campagna di ricerca 'Crea 100+15 Granoduro', per dimostrare che è possibile raggiungere produzioni di 100 quintali ad ettaro con il 15% di proteina, mantenendo alti valori di sostenibilità ambientale".

La speranza - continua Vaccari - è che "Governo e Parlamento approvino rapidamente la norma, che consente la sperimentazione in campo delle varietà ottenute con tecniche di evoluzione assistita. Ci aspettiamo molto da queste varietà in termini di resistenza e produttività".

 

Sulla stessa scia Assosementi. L'Associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane pensa che ricerca e innovazione, impiego del seme certificato e collaborazione tra gli attori della filiera siano le chiavi per mantenere competitiva ed incrementare le produzioni di grano duro italiano. "Il settore sementiero - dichiara Tommaso Brandoni, presidente della Sezione Cereali di Assosementi - è pronto a giocare un ruolo importante all'interno del comparto del grano duro. Grazie al miglioramento genetico, siamo in grado di mettere a disposizione degli agricoltori varietà più resistenti alle malattie, per limitare gli input chimici, e più tolleranti agli effetti dei cambiamenti climatici, una sfida particolarmente gravosa in questo momento. Queste innovazioni vengono trasferite in campo solo grazie all'impiego di seme certificato che, oltre ad essere un mezzo tecnico per garantire produzioni di qualità, completa la tracciabilità lungo la filiera e permette di mantenere attivi i programmi di ricerca già in essere nel nostro Paese".

 

Nel 2023 ci sono 72.800 ettari investiti a superfici portaseme, ossia quelli che serviranno per produrre il seme che sarà lavorato per le prossime semine autunnali e invernali. Si tratta di una crescita prossima al 10% che porterà a una maggiore disponibilità di sementi di grano duro nel 2024, primo anno in cui l'impiego di seme certificato sarà vincolante per avere accesso agli aiuti accoppiati Pac per questa coltura nelle aree del Centro Sud Italia.

 

Intanto anche per Alleanza Cooperative Agroalimentari sulla produzione di grano duro in Italia permangono numerosi elementi potenzialmente in grado di rimettere in tensione i prezzi. Servirà almeno un'altra campagna di produzioni sostenute per riportare i mercati verso livelli di prezzo antecedenti allo shock del 2021-2022.

 

"Finalmente iniziano a registrarsi in Italia timidi segnali di calo dell'inflazione, ma per il momento questa tendenza sta avendo un impatto prevalentemente negativo solamente sui prezzi dei prodotti agricoli, in particolare del grano duro - dice Filippo Schiavone, componente della Giunta nazionale di Confagricoltura e presidente provinciale dell'Associazione di Foggia - invece il costo dell'energia, seppur diminuito, continua ad essere nettamente superiore al livello precrisi. È necessario, quindi, gestire in modo responsabile il meccanismo di trasmissione dei prezzi che, nella definizione di un nuovo assetto tra industria e canali distributivi, valorizzi adeguatamente tutti gli attori della filiera, agricoltura in primis, ma assicurando benefici per tutti".