Prezzi delle merci agricole alle stelle a causa della crisi in Ucraina: costo del grano a 33,3 centesimi al chilo, mai così alto dal 2008. Forte la dipendenza europea da Ucraina e Russia anche per orzo, mais e oli di semi. Pesa anche lo stop all'export di grano dall'Ungheria.

 

Italia non solo primo importatore Ue di gas ma anche di mais e grano per consumo interno. A rischio anche gli allevamenti per la possibile carenza di mangimi. Lontano il traguardo dell'autosufficienza. A rischio anche le esportazioni agroalimentari verso Mosca, in particolare il vino.

 

Quanto dipendiamo a tavola da Russia e Ucraina?

Negli ultimi giorni, il prezzo del grano è arrivato ad un valore di 33,3 centesimi al chilo, livello mai così alto dalla crisi del 2008. A causa dell'interruzione degli scambi con Russia e Ucraina, che secondo l'Observatory of Economic Complexity - un sito di visualizzazione di dati commerciali internazionali creato dal Gruppo Macro Connections presso il Mit Media Lab - insieme rappresentano il 25% del commercio mondiale di grano, e del blocco navale nei porti del Mar Nero, i prezzi di molte merci agricole sono balzati alle stelle.

 

La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo stima che la crisi agricola durerà ancora a lungo per la difficoltà di porre rimedio alla dipendenza alimentare dalla Russia e dall'Ucraina, che rappresentano il 32% del commercio mondiale di orzo, il 17% per il mais e più del 50% per l'olio di girasole e di semi.

 

L'Ucraina è il quarto Paese nella classifica dei partner da cui l'Ue importa beni agroalimentari e costituisce circa il 5% delle merci importate nel settore. Nel 2020 il 26% delle merci importate dall'Ucraina ha riguardato oli vegetali di oliva e di palma e un altro 26% i cereali (un giro d'affari per entrambi di 1,5 miliardi di euro). Sulla rotta commerciale con l'Ucraina viaggiano anche semi oleosi, che contano per il 17,5% del totale delle merci importate di questo genere (dati della Commissione Europea).

 

 

Grafico: Import agroalimentare Ucraina 2020

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Export agroalimentare in Russia sotto scacco

La situazione è problematica anche nel settore delle esportazioni. Secondo il Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo, le esportazioni verso l'Ucraina rappresentano "solo" l'1,6% del totale dell'export agroalimentare Ue. La Russia invece è il sesto partner commerciale dell'Ue per esportazioni nel settore, ricevendo il 3,7% delle merci in uscita dall'Ue. I principali prodotti importati da Mosca sono bevande (in particolare vino), preparati alimentari e residui dell'industria alimentare europea.

 

Produzione agroalimentare in Russia

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Rischio carenze di cibo

Con lo scoppio della guerra e lo spettro di una crisi energetica dovuto alla forte dipendenza dell'Ue dal gas russo (che ha una fetta del 30% del gas importato in Europa), le fibrillazioni sui prezzi nel settore agricolo sono aumentate a dismisura nelle ultime settimane.

 

Preoccupano ancora di più le reazioni di altri Paesi europei, come l'Ungheria, che, riporta la Coldiretti, ha bloccato le esportazioni di grano per far fronte all'aumento dei prezzi nel mercato domestico. A pagarne le spese rischia di essere anche l'Italia, che da Budapest importa il 30% di grano tenero e il 32% di mais.

 

A questo si aggiunge la drastica riduzione dei mangimi per gli animali che potrebbe portare nella peggiore delle ipotesi a un abbattimento massiccio di migliaia di bovini, ovini e suini.

 

La questione grano in Italia

L'Ucraina è il secondo fornitore di mais per l'Italia con una quota poco superiore del 20%, ma le forniture sono attualmente bloccate a causa della guerra. E l'Italia sconta anche anni in cui la produzione nazionale di mais e grano è stata scoraggiata a causa dei bassi compensi riconosciuti ai produttori, con la conseguente riduzione drastica degli terre destinate a queste colture.

L'Europa potrebbe rimediare con i bancali di grano a prezzo inferiore provenienti dal Canada, ma la soluzione metterebbe in discussione gli sforzi per la sicurezza alimentare: in Canada è usato diffusamente il glifosate.

 

Secondo la Coldiretti, l'Italia ha le potenzialità per raggiungere un'autosufficienza alimentare tramite tecniche che possono aumentare la resa dei terreni, come l'utilizzo di bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, un maggiore controllo sull'invasione della fauna selvatica che costringe l'abbandono di molti terreni, lo sblocco dei fondi del Piano di Ripresa e Resilienza post pandemico per i contratti di filiera e urgenti. Meno complicato sarebbe rivolgersi a Stati Uniti e Argentina per importare grano e mais. Ma le tempistiche per la consegna delle merci e i dubbi sulla loro qualità non rendono l'opzione particolarmente sicura.

 

In Russia invece l'Italia è il primo Paese esportatore di vini con una quota del 30%, che porta il vino dei vitigni italiani a essere più apprezzato di quello francese e spagnolo. Un duro colpo che sempre secondo la Coldiretti potrebbe arrestare il 14% in più nell'export fatto registrare dal made in Italy in Russia nel 2021.

 

Fare della necessità una virtù con il Green Deal europeo

Il commissario europeo responsabile del Green Deal, Frans Timmermans, invita a non mettere da parte gli obiettivi dell'Agenda per la transizione ecologica europea e di concentrarsi già da ora sul garantire una maggiore sicurezza alimentare per affrontare la crisi in Ucraina. La Commissione Europea vuole trarre vantaggio da questa situazione, facendo della necessità di dover rinunciare alle importazioni di potassio dalla Bielorussia (che sono state colpite da sanzioni per l'atteggiamento collaborazionista di Minsk nell'invasione dell'Ucraina e che costituiscono il 27% del potassio importato nell'Ue) o di altre materie prime importate dalla Russia, una opportunità per ridurre ad esempio l'uso dei fertilizzanti in agricoltura.