Una normativa specifica, come una Legge Speciale, a tutela dei territori del Delta del Fiume Po che, dopo i danni della subsidenza innescata dalle trivellazioni in Alto Adriatico, si trovano ora a fronteggiare la risalita del cuneo salino, segnalata ormai a 30 chilometri dalla foce e che, dopo aver contaminato le risorse idriche costiere, sta pericolosamente avvicinandosi alle falde, che servono la città di Ferrara: è quanto chiede l'Anbi, Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, che ha dedicato un workshop al tema, svoltosi il 23 giugno scorso nella polesana Mesola (Fe).

 

Foce del Po, nuove norme per tutelarla

"Serve un approccio, che superi la logica dello stato di calamità e degli interventi in emergenza, perché il Delta del Po è uno straordinario valore aggiunto del sistema Paese per l'agricoltura, l'ambiente e la storia di un territorio" afferma Massimo Gargano, direttore generale dell'Anbi.

 

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"L'impressione diffusa - aggiunge Francesco Vincenzi, presidente di Anbi - è che non si stia percependo, ai livelli politici decisionali, la gravità di quanto sta accadendo tra le province di Rovigo e Ferrara, dove l'ingresso delle acque marine nell'entroterra, non solo sta inquinando gli attingimenti idrici anche per il potabile, ma sta cambiando l'habitat di un patrimonio universale di biodiversità, pregiudicando la vita delle comunità locali. Ritenere che quanto sta succedendo sia un problema meramente agricolo è una grave miopia, perché è una trasformazione dalle profonde implicazioni ambientali e sociali".

 

Per questo motivo, per Vincenzi  "serve uno strumento normativo eccezionale, atto ad attivare velocemente gli interventi necessari a mettere in sicurezza questi territori, ben sapendo che l'annunciato innalzamento dei mari, conseguenza dei cambiamenti climatici, porrà nuove e gravi problematiche di sopravvivenza a tutti i territori costieri, gran parte dei quali esistono grazie alla sicurezza idraulica, garantita da un sistema di oltre 800 centrali idrovore, che rischiano di diventare inadeguate di fronte alle evenienze, che gli scienziati stanno predicendo da anni". 

 

"Servono finanziamenti adeguati alla trasformazione epocale, che ci attende - conclude il presidente di Anbi - ma soprattutto urgono processi decisionali celeri, perché i cambiamenti climatici non rispettano le procedure burocratiche".

 

Ma la risalita del cuneo salino non riguarda solo il Delta del Po, e soprattutto non sempre avviene in maniera eclatante, ovvero attraverso il facile riscontro di un certo grado di salinità direttamente nell'acqua del fiume.


Cuneo salino: dove, come e quando

Il fenomeno del cuneo salino è noto alle scienze della terra come "il movimento dell'acqua del mare verso l'entroterra attraverso il sottosuolo". Questo perché - anche in assenza di foci - la pressione dell'acqua del mare tende a formare una zona di mescolamento tra acque dolci sotterrane ed acque salse. Una buona condizione quantitativa della falda dolce costiera tende naturalmente ad arginare l'avanzata sotterranea del mare, perché l'acqua dolce, meno densa di quella marina, tende a galleggiarci sopra, facendo in qualche modo da argine per pressione.

 

Ma un emungimento dei pozzi costieri non bilanciato da adeguate precipitazioni fa diminuire la pressione dell'argine e l'acqua di mare tende così ad infiltrarsi sempre di più. Ovviamente può anche accadere che falde pure inizialmente adeguatamente ricaricate si trovino esposte ad un innalzamento del livello del mare che renda la pressione dell'acqua dolce insufficiente: un fenomeno purtroppo atteso verificarsi in un prossimo futuro come conseguenza dell'aumento dell'effetto serra e dello scioglimento dei ghiacci.


Il caso della Puglia

Un fenomeno diffuso di avanzata sotterranea del cuneo salino è stato censito da Regione Puglia e riportato dall'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale nell'ultimo Piano di Gestione delle Acque 2021-2027. "La perimetrazione delle aree soggette a fenomeni di intrusione del cuneo salino è attualmente oggetto di approfondimento da parte delle regioni territorialmente competenti" è scritto nel Piano. "Nel solo caso della Puglia risultano formalmente individuate e corrispondono con le aree costiere dove gli acquiferi sono più intensamente sfruttati":

 

  • Piana di Lesina
  • Piana di Carpino
  • Piana di Manfredonia
  • Acquiferi carsici costieri della Murgia e del Salento.

La Regione Puglia sta attuando un Piano di monitoraggio accurato, che darà delle indicazioni sulle misure da assumere nei prossimi anni per tutelare la risorsa idrica sotterranea. Di sicuro, dove possibile, occorre sostituire l'emungimento dei pozzi costieri, almeno per l'irrigazione, con l'utilizzo di acqua di altra origine: depurata e affinata, derivata da fiumi, ottenuta mediante invasi e serbatoi per lo stoccaggio delle piovane.