In un cucchiaino di suolo possono vivere alcuni miliardi di batteri, appartenenti a migliaia di specie differenti. Ma anche centinaia di metri di ife fungine (le "radici" dei funghi), nonché decine di migliaia di protozoi (organismi unicellulari) e centinaia di nematodi.

Questa comunità vive a stretto contatto con le radici delle piante instaurando rapporti di mutuo beneficio (simbiotici) oppure di sfruttamento delle risorse vegetali (patogeni). Questo rapporto esiste per ogni pianta coltivata sulla Terra e l'olivo non fa eccezione.

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Il microbiota dell'olivo

Ogni olivo ha un suo microbiota, termine utilizzato per descrivere l'insieme di microrganismi (batteri, funghi, virus, etc.) che vivono dentro e sulla pianta. Ma perché un agricoltore dovrebbe interessarsi di questo mondo invisibile sotto i suoi piedi?

Il motivo è che il microbiota è responsabile di un gran numero di attività a supporto dello sviluppo delle piante e se non ci fosse i vegetali non sopravviverebbero. Come non sopravviverebbe l'uomo senza i microrganismi che vivono nel nostro apparato digerente. Si calcola che il peso dei batteri che vive dentro di noi sia di circa 1,5-3,0 chilogrammi, a seconda della stazza dell'individuo.

Il microbiota dell'olivo è responsabile di queste funzioni:
  • Degrada la biomassa vegetale (come le foglie cadute o gli scarti di potatura) rendendo i nutrienti nuovamente disponibili per le piante.
  • Fissa l'azoto atmosferico, che è il macroelemento chiave per la crescita dell'olivo.
  • Solubilizza il fosforo contenuto nelle rocce, rendendolo disponibile per le radici.
  • Produce ormoni che stimolano la crescita dell'olivo.
  • Aiuta l'organismo vegetale a contrastare microrganismi patogeni.
  • Aiuta gli olivi a superare gli stress, come il caldo eccessivo, il freddo, la mancanza d'acqua, la salinità del suolo, etc.

Conoscere quali specie vivono in simbiosi con le radici degli olivi e quali "servizi" offrono alla pianta significa avere a disposizione una enorme risorsa genetica che in futuro potrebbe permettere di migliorare la coltivazione dell'olivo, rendendolo più sostenibile dal punto di vista economico e ambientale.

Di tutto questo si è discusso durante un evento organizzato dal Crea dal titolo: "Il microbiota dell'olivo: uno strumento per nuove pratiche agricole" nell'ambito del Progetto Alive (Caratterizzazione e valorizzazione delle olive da mensa e a duplice attitudine).


Il microbiota a servizio dell'olivicoltura

Per capire meglio il ruolo che batteri e funghi potrebbero avere nel futuro dell'olivicoltura possiamo fare alcuni esempi. Tra le specie che compongono il microbiota di alcune piante di olivo in Calabria sono stati isolati dei ceppi autoctoni in grado di migliorare la nutrizione delle piante fissando l'azoto atmosferico, solubilizzando il fosforo e producendo ormoni promotori della crescita.

In futuro si potrebbero creare dei fertilizzanti a base di questi ceppi, selezionando i più performanti, che gli olivicoltori potrebbero apportare al terreno per migliorare la nutrizione delle piante. Negli Stati Uniti, dove il miglioramento genetico attraverso le biotecnologie è maggiormente accettato, sono ormai disponibili batteri in grado di fissare in maniera molto efficiente l'azoto atmosferico rendendo la concimazione azotata da parte dell'agricoltore quasi superflua.

Un aiuto potrebbe arrivare anche sul fronte della difesa. Sulla superficie delle foglie e dei rami di olivo vivono dei batteri che sono antagonisti di Pseudomonas savastanoi, l'agente patogeno che causa la rogna dell'olivo. Questi batteri potrebbero essere alla base dello sviluppo di agrofarmaci da adoperare ad esempio dopo la potatura per impedire a P. savastanoi di colonizzare le ferite del legno. In questo caso si combatterebbe un batterio con un altro batterio già presente in campo, ma in popolazioni non abbastanza numerose da contrastare la rogna.
Ma i microrganismi sono responsabili anche della vita dei prodotti agroalimentari nel post raccolta. Le olive da mensa ad esempio subiscono un processo di fermentazione che modifica il gusto delle drupe, ne aumenta la conservabilità e ne migliora il profilo nutritivo. Questo processo viene svolto da batteri che una volta conosciuti meglio potranno essere impiegati ad esempio per produrre olive con un basso contenuto di sale e quindi adatte a consumatori che seguono diete iposodiche.


Gli ostacoli allo sfruttamento del microbiota

Le opportunità che si nascondono dietro il microbiota sono enormi e infatti i ricercatori studiano attentamente la vita intorno alle radici delle piante. Passare tuttavia da una ricerca scientifica ad un prodotto commerciale funzionante sul campo non è banale. Ci sono infatti alcuni ostacoli da superare.

Quando una popolazione di batteri viene immessa in natura, attraverso ad esempio l'impiego di fertilizzanti o agrofarmaci di origine biologica, entra in competizione con i microrganismi che già vivono nel terreno e l'equilibrio che si forma è imprevedibile. Questo è il motivo per il quale molti dei lavori di ricerca presentanti durante il webinar si basavano sullo studio di batteri e funghi autoctoni degli oliveti, quindi già adattati all'ambiente in cui poi dovrebbero essere inseriti.

Inoltre bisogna considerare che i microrganismi offrono risultati meno certi e meno "prevedibili" rispetto ad esempio ai fertilizzanti o agli agrofarmaci di sintesi. Gli agricoltori sono dunque restii ad impiegarli per il timore di subire un calo di produzione. Questo perché, come detto, i prodotti a base biologica interagiscono con l'ambiente e quindi con gli altri microrganismi, con il clima, con il suolo, la genetica della pianta e altro ancora.

I funghi micorrizici, che si sono evoluti con le piante oltre 450milioni di anni fa, sono presenti in natura in moltissime specie che si sono adattate a vivere in tutti gli ambienti, dai deserti africani ai terreni ghiacciati della Siberia, e in rapporto con diverse specie vegetali. Prova ne è che in uno stesso oliveto, in cui però sono presenti differenti cultivar, il microbiota varia tra una pianta e l'altra poiché ogni varietà tende a selezionare un pool di microrganismi differente.

Ecco perché, probabilmente, in futuro non esisterà un solo prodotto buono per tutte le esigenze, ma ci saranno comunità batteriche selezionate che dovranno essere impiegate su determinate cultivar in determinati ambienti.


Il microbiota oggi

Se i prodotti a base di microrganismi sono una piccola rivoluzione che ha appena iniziato ad affacciarsi sul mercato, già oggi gli agricoltori possono mettere in atto dei comportamenti per tutelare il microbiota che naturalmente ogni pianta possiede.

Ad esempio aumentando la presenza di sostanza organica nel suolo, calibrando l'impiego di fertilizzanti di sintesi sulle reali necessità dell'oliveto, evitando lavorazioni del suolo che danneggino le radici, lasciando inerbita l'interfila e cippando i residui di potatura direttamente in loco.