Il Crea, in particolare il Centro Olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura di Roma, sta lavorando a un progetto denominato 'Innova.Luppolo' che si propone di portare avanti i risultati già ottenuti con il precedente progetto, 'Luppolo.It'.
Con 'Innova.Luppolo' sta indagando, fra l'altro, anche gli usi alternativi alla produzione di birra dei coni in modo che un'azienda agricola possa trovare, in futuro, con una filiera organizzata, una fonte integrativa di reddito. "Con 'Luppolo.It', il precedente progetto - ha raccontato Katya Carbone, ricercatrice del Crea e coordinatrice dei due progetti - avevamo valutato accessioni spontanee di luppolo e costituito campi catalogo. Ad oggi ne abbiamo tre in Basilicata, in collaborazione con l'Alsia, uno in Abruzzo e ne stiamo seguendo uno in Friuli Venezia Giulia costituito dall'Ersa. Abbiamo valutato le accessioni spontanee sia chimicamente, sia geneticamente, sia fenotipicamente, scoprendo che avevano un buon contenuto di sostanze bioattive".
"I risultati - ha continuato - ci hanno lasciato ben sperare e ora stiamo andando avanti. In particolare, per gli usi officinali, stiamo lavorando sui luppoli della Basilicata. Il progetto ha incrociato l'interesse dell'industria, da un lato lavoriamo per identificare le accessioni con migliore attitudine officinale, dall'altro stiamo sviluppando un processo di estrazione sostenibile, avremo quindi come risultato fitoestratti liquidi titolati ottenuti da processi che rispondano alla chimica verde. In generale, con il progetto 'Innova.Luppolo', andremo a creare un database di luppoli autoctoni, catalogati in modo che siano chiare le attitudini di ciascuno, se più brassicole o più officinali, che sia di supporto ad un futuro programma di breeding".
Molto interessante anche l'utilizzo in ristorazione dei germogli di luppolo: "C’è una piccola nicchia come ortiva" ha affermato Katya Carbone. "I primi germogli, simili agli asparagi selvatici, vengono usati nella cucina tradizionale per piatti tipici. Potenzialmente può esserci una buona collocazione di mercato. Un impianto di luppolo può produrne, a maturità, fino a 200 chilogrammi per ettaro e il prezzo stimato dei getti primaverili al dettaglio si aggira intorno ai 25 euro a chilogrammo (Ndr Fonte dato: "Luppolo in Italia: analisi economica e prospettive di sviluppo di una coltura innovativa", tesi magistrale di Antonio Ferretti, Università di Bologna). Ci sono varietà più predisposte a questo utilizzo e se si coltiva luppolo a fini brassicoli, i getti sono considerati scarto. Normalmente vengono venduti freschi, anche se si sta lavorando a processi di trasformazione che ne permettano una più ampia collocazione sul mercato".
Per quanto riguarda la normativa sulle piante officinali, il riferimento è il decreto legislativo n. 75 del 2018 che disciplina la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali. Lo stesso provvedimento legislativo prevede l'istituzione di un elenco delle specie di piante officinali coltivate con diverse applicazioni, da usi alimentari a cosmetici, da usi farmaceutici a liquoristici, ecc. "Il Crea ha proposto l'introduzione del luppolo in quell'elenco che però al momento è in attesa dell'approvazione da parte dei ministeri interessati per poi passare all'approvazione finale in Conferenza Stato Regioni", ha concluso Katya Carbone.
E' ancora una coltura di nicchia e tutta da esplorare, ma sembra essere molto interessante.
Il viaggio di AgroNotizie nella filiera del luppolo tra opportunità e criticità.
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