Nota metodologica: L'infografica, basandosi sui dati disponibili, vuole illustrare la presenza di manodopera straniera in Italia, stagionali e non stagionali, a seconda delle principali regioni italiane scelte dalle varie nazionalità.
Una fotografia scattata dal Crea nel suo rapporto 'Il contributo dei lavoratori stranieri all'agricoltura italiana', relativo all'anno 2017, l'ultimo che ha organizzato in maniera organica i dati
Cliccca sull'immagine per ingrandirla
Un rapporto completo e con numeri organizzati è quello del Crea 'Il contributo dei lavoratori stranieri all'agricoltura italiana'. I ricercatori lo hanno scritto attingendo a dati che arrivano da diverse fonti ufficiali, dall'Inps, ma anche dal ministero dell'Interno, dall'Istat.
Il rapporto, uscito nel 2019, analizza dati fino al 2017 compreso. Per quanto riguarda il 2018 invece i dati riportati nel grafico sono desunti dal rapporto annuale del ministero del Lavoro intitolato 'Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia' (edizione 2019). Il documento però riguarda tutto il mercato del lavoro, non solo quello agricolo. Qualunque sia la fonte, tutte concordano sul fatto che i contratti di lavoro agricoli sono nella stragrande maggioranza dei casi a tempo determinato, con una tendenza alla crescita di questo tipo di rapporto, in maniera accentuata dal 2014 in avanti.
Nel 2017 gli occupati in agricoltura erano circa 1 milione e 60mila, 350mila dei quali cittadini stranieri. Sono i romeni a giocare il ruolo più importante, così nel 2017 come dieci anni fa. In particolare nel 2017 erano 110mila e 500, quasi un terzo quindi della manodopera straniera. Seguono per apporto di manodopera Marocco, India e Albania, con gli indiani che sono più che raddoppiati dal 2008. I cinesi, pur contando poco più di 2mila lavoratori agricoli, hanno visto una crescita del 1177% negli ultimi dieci anni mentre i lavoratori in arrivo dalla Polonia si sono dimezzati. D'altra parte sempre più la Polonia è un concorrente dell'Italia nel settore ortofrutticolo. Ogni nazionalità ha zone d'Italia d'elezione: i cittadini bulgari lavorano particolarmente al Sud, come gli slovacchi sono quasi esclusivamente nel Nord Est, i cinesi al Nord, mentre i romeni sono equamente distribuiti su tutto il territorio.
Per immaginare chi siano i braccianti agricoli, coloro che ogni anno contribuiscono con un certo numero di giornate alla raccolta di piccoli frutti, ciliegie, pesche e nettarine, albicocche, mele e pere si può attingere dal rapporto del ministero del Lavoro: quello del 2019, che riguarda dati del 2018, racconta che gli occupati in agricoltura erano, in totale, 1 milione e 73mila, comprensivi degli italiani. Interessante è vedere che i contratti attivati nel 2018 e quelli cessati nello stesso anno, più o meno si equivalgono e si aggirano intorno al milione e 650mila. L'attivazione e la chiusura nello stesso anno può significare che si tratti proprio degli stagionali e così si spiega anche il fatto che il numero di contratti attivati sia superiore agli attivi nel settore. Lo stesso lavoratore infatti può aprire e chiudere più rapporti di lavoro in un anno, attivando e disattivando diversi contratti.
Gli stranieri Ue ed extra Ue che hanno lavorato con contratto a termine in Italia nel 2018 sono poco più di 600mila e, se il rapporto non dettaglia le nazionalità dei lavoratori stranieri provenienti dall'Ue ma dice solamente che il numero dei contratti supera di poco i 250mila, dettaglia invece i contratti firmati da cittadini extra Ue, non necessariamente arrivati in occasione della raccolta: da soli albanesi, indiani e marocchini rappresentano quasi la metà della manodopera extra Ue che ha lavorato in agricoltura in Italia nel 2018.