Le stime sull'andamento della campagna olivicolo olearia 2019-2020 sono con il segno positivo, in Italia e nel Mediterraneo, dopo le criticità dell'annata precedente.

"Tuttavia deficit produttivo, vendite sottocosto e scarsa redditività incidono negativamente sull'intera filiera. Dopo il 2018, anno del calo storico ben sotto le 200mila tonnellate dell'olio d'oliva, il settore tira un sospiro di sollievo, grazie alle previsioni di produzione questa volta positive Ma, accanto alle luci, sono ancora tante ombre del comparto oleario, che appare ostaggio di vecchie rigidità e nuove tensioni". L'analisi è dell'Associazione italiana dell'industria olearia, a chiusura del 2019.


Produzione prevista di olio in Italia

La principale nota positiva riguarda la campagna olearia che, ormai in una fase avanzata, si attesta sulle 300mila tonnellate annunciate a ottobre dalle associazioni agricole.

Tuttavia, episodi di meteo estremo e problematiche ancora irrisolte come la Xylella fastidiosa nel Salento hanno inciso negativamente sul settore. Dal punto di vista produttivo, l'Italia non è omogenea: mentre il Sud appare in grande ripresa, invece soffrono regioni come Lazio, Toscana, Liguria e la zona del Garda. Si conferma il deficit produttivo nazionale: la nostra olivicoltura non riesce a soddisfare le 500mila tonnellate richieste dal mercato italiano.


Previsioni per il Mediterraneo e resto del mondo

Intanto, secondo le previsioni degli operatori di mercato, nel Mediterraneo la Spagna olivicola continuerà a correre (un milione e 250mila tonnellate), anche grazie a forti giacenze della campagna precedente.
Seguono la Tunisia, con 330mila tonnellate, la Grecia con 240mila tonnellate, la Turchia (160mila tonnellate) e il Portogallo (130mila tonnellate).


Analisi di mercato di Assitol, ridare valore all'Evo

"La produzione mondiale di oltre 3 milioni di tonnellate, le importanti giacenze olearie, soprattutto in Spagna, e la stessa produzione italiana in crescita spiegano i prezzi bassi, del tutto normali in un mercato che può contare su quantitativi notevoli di materia prima e consumi in lieve flessione nei Paesi produttori - afferma Assitol - E' invece preoccupante il fenomeno delle vendite sottocosto, - sottolinea l'associazione degli industriali - che danneggia, proprio all'avvio della campagna olearia, l'intera filiera olivicolo-olearia e rende sempre meno redditizie le attività di produzione e confezionamento dell'olio d'oliva".

"Dobbiamo ridare valore all'olio extra vergine - sottolinea Anna Cane, presidente del Gruppo olio d'oliva di Assitol - Se vogliamo remunerare giustamente il nostro settore, occorre far leva sui consumatori, ai quali trasmettere la cultura di questo grande prodotto, convincendo così chi acquista a spendere il giusto".
In tal senso, i ragionamenti del ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, trovano sostegno in Assitol. "Se non si vince la sfida del valore - conferma la presidente degli industriali - il settore sarà perdente, non soltanto in casa, ma anche all'estero, dove la concorrenza è sempre più agguerrita e numerosa".

Nonostante le tensioni internazionali, la storica propensione all'export delle aziende italiane è stata premiata. Secondo le stime dell'Assitol, il 2019 ha registrato una sostanziale tendenza alla stabilità (+1,1%), con una leggera crescita sui mercati Ue e un aumento più significativo nei Paesi Terzi. In Europa, Germania, Francia, Regno Unito e Belgio sono i maggiori acquirenti di oli d'oliva, mentre a livello mondiale gli Stati Uniti si confermano il principale buyer dei nostri prodotti, seguiti dal Canada, Giappone e Australia.


Ripartire dagli oli a denominazione

Sicuramente una leva per far crescere l'attenzione sul valore dell'olio extravergine di olive italiano risiede nell'utilizzo delle denominazioni di origine, ben 46 in Italia, che però hanno bisogno di crescere in termini olio certificato. A dirlo è Ismea, che nell'ultima scheda di settore, pubblicata a gennaio 2019, riferisce i dati aggiornati al 2017: le Dop e le Igp italiane dell'olio extravergine "non superano il 2-3% del totale in volumi, si raggiunge il 6% in valore" e nell'anno considerato, la produzione è stata, complessivamente, non più di 10.932 tonnellate.

Secondo Ismea, questi oli pregiati spuntano un valore della produzione del prodotto sfuso di 72 milioni di euro, che diventano 115 milioni di valore al consumo, con un'elevata propensione all'export, pari a 56 milioni, il 48,7% del valore al consumo. "La produzione resta ancora molto concentrata su poche denominazioni: le prime 5 assorbono oltre il 75% dell'intera produzione nazionale" afferma Ismea.


Al Sud Dop e Igp regionali ancora in fase di startup

Su base regionale, due regioni del Mezzogiorno hanno puntato alle Dop territoriali. Il Molise nel suo piccolo territorio ha designato e ottenuto una Dop, che però non compare nelle statistiche Ismea. Dove invece troviamo, con meno di 500 tonnellate, l'Olio Dop Sardegna.

E in tempi relativamente più recenti, in molte regioni, soprattutto al Sud si sta puntando sulle Igp. Ultima ad organizzarsi è stata la Campania, che in questi giorni ha tenuto un tavolo di confronto sulla proposta di disciplinare per l'Igp regionale, e che attualmente è l'unica regione del Mezzogiorno a non aver compiuto ancora l'istruttoria ministeriale.

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In Sicilia il riconoscimento dell'Igp è avvenuto nel 2016 e pertanto nel 2017 la produzione certificata ripresa da Ismea è ancora bassa, meno di 500 tonnellate: occorre costruire la filiera.
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Anche la Calabria ha il suo olio Igp dal 2016, non è rilevato nelle statistiche Ismea, ma ora punta sulla promozione e valorizzazione del prodotto.
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La Puglia ha ottenuto nel luglio 2019 la pubblicazione del disciplinare di produzione dell'olio Igp sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, e i tre mesi previsti dal Regolamento Ue sono decorsi: si attende la pubblicazione dell'attribuzione della denominazione.
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