Posizioni legittime, che tuttavia sono state influenzate da un mancato dibattito pubblico basato su dati scientifici intorno al tema delle biotecnologie, tradizionali o sostenibili, e al miglioramento vegetale. Argomenti in cui spesso le fake news dilagano. Per cercare di mettere i giornalisti nelle migliori condizioni per comunicare la scienza il Crea ha organizzato a Roma un evento dal titolo: 'Le biotecnologie per un'agricoltura sostenibile: conoscerle davvero per comunicarle meglio'.
"Di biotecnologie applicate al mondo dell'agricoltura se ne parla molto in rete, con frequenza maggiore rispetto a quelle applicate alla sanità, di cui però si discute a partire da fonti più autorevoli", ha spiegato Cristiano Spadoni, responsabile comunicazione di Image Line. "Abbiamo chiesto alla rete che cosa i giornalisti dovrebbero fare per comunicare meglio questi argomenti e le risposte sono state: un aggiornamento costante, andare alla fonte delle notizie, intervistando ricercatori e docenti, e sfatare le fake news. Ma anche combattere il sensazionalismo della stampa non specializzata".
![Un momento del dibattito](https://agronotizie.imagelinenetwork.com/materiali/Varie/Image/Tommaso_Cinquemani/2019/evento-biotech-crea.jpg)
Un momento del dibattito
Carrello della spesa e miglioramento genetico
I consumatori spesso sono ignari del lungo processo di miglioramento genetico che sta dietro ai prodotti che trovano al supermercato. Luigi Cattivelli, direttore del Crea Genomica e bioinformatica, ha ad esempio portato alcuni alimenti che cinquant'anni fa semplicemente non esistevano. Come ad esempio i pomodori tipo ciliegino, le mele resistenti alla ticchiolatura o i cavolfiori colorati."Molti prodotti che oggi coltiviamo in Italia sono frutto della ricerca genetica fatta in paesi esteri. Per rimanere competitivi è necessario che l'Italia investa in questo settore, solo così potrà avere in mano le basi dell'agricoltura", ha spiegato Cattivelli.
Il progetto Biotech del Crea
E infatti il Crea è capofila del progetto Biotech, volto proprio a conoscere e migliorare le principali colture italiane: pomodoro, melanzana, frumento, vite, agrumi, olivo e fruttiferi. Di questo ha parlato Maria Francesca Cardone, ricercatrice del Crea Viticoltura ed enologia, che ha ricordato come i cambiamenti climatici e l'aumento della popolazione mettano il settore primario davanti ad una sfida epocale.Se il made in Italy vuole rimanere competitivo e seguire anche il gusto dei consumatori, deve necessariamente avviare un percorso di miglioramento genetico che può sfruttare le cosiddette New breeding techniques (cisgenesi e genome editing), tecniche 'sostenibili' in quanto consentono di apportare cambiamenti precisi e veloci all'interno del Dna di una pianta per renderla più resistente alle malattie, maggiormente efficiente nell'utilizzo dei nutrienti, tollerante alla siccità o ancora più 'buona' secondo i gusti dei consumatori moderni. Il tutto generando piante che potrebbero nascere naturalmente in natura attraverso incroci tradizionali.
![Luigi Cattivelli mostra alcune mele frutto del miglioramento genetico](https://agronotizie.imagelinenetwork.com/materiali/Varie/Image/Tommaso_Cinquemani/2019/cattivelli-crea.jpg)
Luigi Cattivelli mostra alcune mele frutto del miglioramento genetico
"Lavoriamo ad esempio sul rendere la vite resistente ai patogeni e alla siccità. L'obiettivo è ottenere dei vitigni che conservino la propria identità, ma al tempo stesso siano resistenti", spiega Maria Francesca Cardone. "Un altro esempio è quello delle uve apirene. Oggi il consumatore chiede acini senza semi e noi non siamo stati pronti a soddisfarlo e ora ci troviamo ad importare varietà dall'estero, pagando pesanti royalties. Anche in questo caso l'obiettivo è far diventare le varietà nostrane, come Regina o Vittoria, uve senza semi".
Ai giornalisti presenti durante l'evento del Crea è stata data l'opportunità di entrare in laboratorio e sperimentare in prima persona che cosa vuole dire fare miglioramento genetico. D'altronde, come spiegato da Giorgio Morelli, primo ricercatore Crea Genomica e bioinformatica, oggi con poche migliaia di euro e pochi giorni di lavoro è possibile sequenziare il genoma di una pianta. Una opportunità incredibile per i ricercatori.
Miglioramento vegetale, la costante della storia dell'uomo
Non dimentichiamoci che i progenitori selvatici delle piante che oggi noi coltiviamo erano molto differenti da quelle che conosciamo adesso. Una spiga di mais era di dimensioni molto più contenute, i semi erano più piccoli e con un profilo qualitativo minore. Grazie al miglioramento genetico è stato possibile rendere il mais, come il frumento o il pomodoro, più produttivo, buono e anche salutare."L'uomo nel tempo ha perseguito sempre gli stessi obiettivi, ma in maniera via via più efficiente. Qualità, quantità e sostenibilità oggi possono essere raggiunte con le Nbt", ha spiegato Teodoro Cardi, direttore Crea Orticoltura e florovivaismo. "Ad esempio oggi lavoriamo per rendere i pomodori resistenti agli attacchi di Tuta absoluta, un lepidottero di origine Sudamericana che grazie ai cambiamenti climatici si è insediato in Italia apportando seri danni a queste coltivazioni".
Siamo ciò che mangiamo
La massima di Ludwig Feuerbach è quantomai vera. Per questo è necessario non solo studiare come migliorare i cibi di cui ci nutriamo, ma anche capire quali sono le interazioni con il nostro corpo. In questo ambito una delle ultime frontiere è la cosiddetta nutrigenomica. Una branca della scienza della nutrizione che studia l'interazione tra alimenti e genoma.Risulta infatti sempre più evidente che alcune malattie hanno sì una componente genetica, ma vengono influenzate anche da ciò che mangiamo. Senza contare la complessa interazione tra microbioma e ospite, di cui abbiamo parlato varie volte su AgroNotizie. "L'obiettivo finale è quello di fornire raccomandazioni alimentari non solo alla popolazione in generale, ma ai singoli individui in modo quasi sartoriale", ha concluso Fabio Virgili, primo ricercatore Crea Alimenti e nutrizione.