Se fossimo catapultati indietro nel tempo agli anni Ottanta e andassimo a fare la spesa i prodotti che troveremmo sugli scaffali del supermercato sarebbero molto differenti da quelli disponibili oggi. Non solo per il packaging rétro, ma anche perché frutta e verdura hanno subìto un miglioramento genetico elevato, che ha reso i prodotti più conservabili, buoni e resistenti alle malattie. Anche se il consumatore oggi non se ne rende conto.

Di miglioramento genetico nel carrello si è parlato al Mantova Food&Science Festival, in occasione della Giornata mondiale del fascino delle piante, durante l'evento dal titolo "La genetica al supermercato: prodotti di successo frutto del miglioramento genetico degli ultimi decenni", promosso da Assosementi e condotto da Luigi Cattivelli, direttore del Crea - Centro di ricerca genomica e bioinformatica.

Forse solo il sale, l'acqua e i funghi di montagna sono rimasti identici e mai modificati dall'uomo. Sul palco è stato fatto l'esempio dei pomodori. Oggi sono in prevalenza rossi e si mantengono in frigorifero per diversi giorni prima di dare segni di cedimento. Quaranta anni fa quelli in commercio erano invece in prevalenza verdi, perché l'invaiatura durava pochi giorni e successivamente il pomodoro andava in sovramaturazione.

L'allungamento della shelf life è stato un filone che ha coinvolto molte piante e che ha avuto il grande pregio di ridurre gli sprechi alimentari. Basti pensare che oggi un terzo del cibo prodotto non viene neppure messo in tavola, ma finisce nel bidone della spazzatura.

Negli anni Ottanta le varietà di pomodoro piccolo-tondo non erano state ancora selezionate e nelle serre di Pachino non c'era traccia del famoso pomodorino. Anche la conserva di datterini è un prodotto innovativo visto che è stato possibile realizzarla solo dopo aver selezionato varietà a crescita determinata, che potessero essere coltivate in pieno campo e raccolte in maniera meccanica.

Non solo pomodoro. Pensiamo al riso Venere, oggi coltivato in Italia, oppure alle orticole invernali, come i cavolfiori, che oggi hanno colorazioni inedite per gli anni Ottanta, frutto della maggiore concentrazione di antociani. E poi le pesche, oggi disponibili da maggio a settembre, oppure le mele resistenti alla ticchiolatura. Cattivelli ha mostrato sul palco la mela Modì, prodotta senza bisogno di difenderla dal fungo Venturia inaequalis e Spilocaea pomi, e che è stata commercializzata facendo leva sul suo carattere di ecosostenibilità.

Guardando al made In Italy l'idea di una filiera della pasta completamente italiana è stata resa possibile dalla messa a punto di varietà di grano duro altamente proteiche coltivabili nei nostri areali. Le varietà più innovative sono infatti in grado di presentare un alto contenuto proteico anche con normali concimazioni azotate, il che le rende particolarmente sostenibili dal punto di vista ambientale.

Anche il cotone con cui sono fatti i tessuti dei nostri abiti è stato migliorato. Così come la genetica delle vacche, che ha reso possibile allevare animali in grado di produrre quasi il doppio del latte rispetto agli anni Ottanta, abbassandone notevolmente il costo.

Insomma, anche se ad un occhio inesperto può sembrare che i prodotti alimentari non subiscano nessuna innovazione, in verità la ricerca continua a fare progressi. Ma ci sono anche esempi (pochi) di colture che non hanno fatto passi avanti. E' il caso del pero, che ha visto un calo delle varietà oggi coltivate. Questo fenomeno è dovuto al fatto che sono state privilegiate cultivar capaci di conservarsi al freddo e in atmosfera controllata, in modo da essere disponibili sul mercato tutto l'anno, mentre le piante che producono frutti senza queste caratteristiche sono state abbandonate.