All’insegna di “Giusto, sano e pulito” Slow Food ha ottenuto il risultato di una vasta eco di stampa locale e nazionale sull’evento “L’unico riconosciuto per ora dalla Fao nel quadro di quelli promossi nell’Anno internazionale dei legumi" ha ricordato Gaetano Pascale, presidente nazionale di Slow Food.
Questi i numeri messi insieme dal 4 al 6 marzo sotto i tendoni di Leguminosa: ben 70 produttori, provenienti da tutta la penisola, che hanno venduto 8 tonnellate di legumi di alta qualità e accentuata biodiversità. Nei tre giorni della festa mercato a piazza Dante oltre 40mila visitatori, più di 60mila euro incassati da piccoli e piccolissimi produttori. Oltre 100 etichette campane tra vino, birra e olio, portate all'assaggio dei visitatori, 1700 giovani studenti e insegnanti coinvolti nelle attività educative, ben 1000 partecipanti ai convegni e ai laboratori della Terra, 400 presenze ai laboratori del gusto e alle cene tematiche.
L’unica strada per consentire ancora la semina di legumi, preziosa coltura di rinnovo, funzionale alla tenuta dei seminativi a cereali in regime di avvicendamento produttivo, sembra essere proprio quella di legare la coltivazione di ceci, fagioli, fave, cicerchie, lupini e lenticchie ad una forma di prima trasformazione in azienda agricola: "E’ il modo migliore per restituire all’agricoltore valore aggiunto" spiega Pascale, agronomo e figlio della terra del Sud in quel di Benevento.
“Ma convincere il consumatore ad acquistare legumi secchi preparati direttamente dai nostri agricoltori è frutto di un’operazione che si compie in eventi come Leguminosa - dice Pascale, che sottolinea – qui si fa informazione e formazione del consumatore”.
Valorizzare il legumi del Sud è una scommessa alla quale credono i tanti agricoltori accorsi a Napoli nella tre giorni di Slow Food e anche enti ed istituzioni, come il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che ha finanziato il progetto dei custodi dei semi dei legumi. “Non sempre sono agricoltori professionali, il progetto ha consentito che chiunque avesse un orto è stato aiutato nella manutenzione, nella difesa dai cinghiali, per poter continuare a piantare i fagioli come aveva sempre fatto – dice Nicola Di Novella, direttore del progetto del Parco, che afferma – nel nostro caso è importante che innanzitutto i legumi restino nella dieta di chi li produce, e che diventino occasione di tutela pura della biodiversità”.