Si chiamano “meta-analisi”. Non sono ricerche come altre, svolte in qualche laboratorio in cui mettere alla prova cavie o provette. Questi studi si svolgono prevalentemente in biblioteca e davanti a un computer dotato di adeguati software di analisi statistica.
Il loro obiettivo è quello di fotografare lo stato dell’arte di un argomento e poi passarlo al setaccio per ottenere una conclusione generale valida per tutti.

Per esempio, in una meta-analisi viene data molta importanza alla varianza statistica emersa nelle diverse prove, fra le quali vengono valorizzate soprattutto quelle con una varianza bassa. I risultati di queste sono infatti considerati più affidabili e ricevono un peso più elevato in fase di valutazione.
È infatti l’assenza di criteri oggettivi che fa trarre spesso conclusioni ricche di errori di tipo psicologico o, peggio ancora, ideologico. E ciò è tanto più vero quanto più è alto il numero di ricerche e tanto più è pesante la componente statistica nelle singole ricerche.
 

Ogm, produttivi ed ecologici

 
Nel caso in questione, ovvero la ricerca svolta da Wilhelm Klümper e Matin Qaim, del Dipartimento di Economia Agraria e di Sviluppo Rurale dell’Università Georg-August di Goettingen, in Germania, molti degli studi originali non riportavano misure di varianza.
Per testare quindi la solidità dei risultati, i ricercatori si sono avvalsi di sistemi di ponderazione diversi, assumendo l'inverso del numero di impatto delle diverse osservazioni per set di dati. Questo procedimento evita che i singoli insiemi di dati, in caso siano stati utilizzati in numerose pubblicazioni, dominino il calcolo dell’effetto medio per una semplice questione di ridondanza.
 
I risultati dello studio sono stati alquanto convincenti. In media, adottando tecnologie che contemplavano ogm è stato ridotto del 37% l'uso di agrofarmaci, aumentando al contempo i raccolti del 22%.
Il profitto degli agricoltori è stato ancora più convincente, visto che l’incremento è stato pari al 68%. E guadagni in più per gli agricoltori significano maggiore competitività del comparto agricolo che adotta le biotecnologie, a dispetto di chi nega questa sonora evidenza.
Le riduzioni nell’uso di agrofarmaci va invece a favore di ambiente e prodotti finali. Meno agrofarmaci vogliono dire meno residui alla raccolta e meno sostanze reperite nelle acque.
Tali riduzioni sono ovviamente a favore soprattutto delle colture resistenti agli insetti, il cui risparmio in tonnellate è in parte annullato da quelle resistenti agli erbicidi.
Rese per ettaro e profitti per gli agricoltori si sono peraltro rivelati maggiori nei Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli considerati “sviluppati”. Ciò ha in effetti senso, dato che nei primi le tecnologie sono spesso arcaiche, quindi i benefici delle genetiche e delle metodiche più moderne hanno prodotto risparmi considerevoli nei costi e guadagni più elevati alla raccolta.
 
Uno studio che quindi dovrebbe esser letto soprattutto da chi, ostinatamente, continua a pensare che la fame nel Mondo si possa combattere insistendo nel ricorso alle pratiche orticole di tipo familiare, con la terra smossa da zappe di legno e irrigata con otri di terracotta trasportati sulla testa.