Per compensare la stagnazione della domanda domestica è necessario rivolgersi all’estero, anche al di fuori dei confini comunitari. E'questo, in sintesi, quanto emerge dallo studio pubblicato da Ismea “Strategie commerciali e di marketing delle cooperative agroalimentari” che raccoglie i risultati di un’indagine qualitativa condotta su un campione di 80 cooperative agroalimentari e attraverso interviste ad interlocutori della distribuzione organizzata e del commercio all’ingrosso. Lo studio, che ha previsto anche dei focus group, affronta in particolare le strategie e le difficoltà legate alla commercializzazione sui mercati esteri e le problematiche riguardanti il rapporto con la distribuzione moderna, focalizzandosi anche sulle novità introdotte dall’articolo 62 del decreto Liberalizzazioni.

L’85% del campione di imprese si dichiara in procinto di avviare relazioni commerciali con partner esteri. Tra le difficoltà rilevate con maggior frequenza, oltre alle barriere all’ingresso di natura burocratico-normativa e ai forti investimenti iniziali, vengono citate anche le problematiche relative ai soci conferitori, in riferimento in particolare all’esigenza di disporre di forniture certe sotto il profilo quali-quantitativo e di fornire risposte tempestive, per non rischiare di perdere le opportunità di mercato che si presentano all’improvviso. Tra le azioni da mettere in campo, emerge, per le piccole cooperative, l’esigenza di raggiungere livelli superiori di aggregazione, anche limitatamente a un determinato arco temporale, come ad esempio reti di imprese, associazioni temporanee e consorzi per l’export.

Rapporti sbilanciati a favore degli interlocutori della distribuzione sono invece le principali difficoltà che caratterizzano le relazioni con la Gdo. Secondo le risposte ottenute dal campione di cooperative, la politica promozionale e la scontistica imposte dalla Gdo per fronteggiare la crisi dei consumi stanno avendo ricadute negative sui margini delle aziende produttrici. Viene invece accolto con favore da parte del 75% del campione l’articolo 62 del decreto liberalizzazione del governo Monti, il cui apprezzamento è legato soprattutto alla trasparenza e correttezza imposta nella stipula dei contratti e all’intenzione di redistribuire il valore lungo la filiera, ma che viene ritenuto insufficiente a sanare lo squilibrio strutturale esistente tra le due parti. Ampio spazio viene dedicato al fenomeno delle private label che hanno radicalmente ridisegnato il contesto in cui i diversi attori della filiera si muovono, generando nuove opportunità ma anche diverse criticità.

Lo studio è scaricabile sia in pdf che in e.pub cliccando QUI