Il dito nella piaga del rapporto tra Europa e Ogm. Così possono essere interpretate le conclusioni dell'avvocato generale della Corte Ue di giustizia Paolo Mengozzi, che ha dichiarato illegale la sospensione unilaterale, risalente al 2008, della coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810 in Francia.
La Monsanto aveva presentato ricorso e il pronunciamento dei giorni scorsi ha permesso alla multinazionale di mettere a segno il primo punto della partita. Perché, sebbene non vincolante, la proposta dell'avvocatura generale viene di solito seguita dalla Corte per emettere la sentenza.
E perché, allo stesso modo di quella francese, rischiano di cadere una a una tutte le forme di bando più o meno esplicito adottate dagli Stati membri nei confronti delle coltivazioni Ogm, anche se autorizzati dall'Ue.
Come la clausola di salvaguardia adottata da Austria, Ungheria, Germania, Grecia e Lussemburgo contro il Mon 810. O quella decisa da Austria, Ungheria e Lussemburgo sulla patata Amflora.
Non fa testo la bozza di disegno di legge polacco sulla possibilità di bloccare varietà transgeniche nel singolo stato, recentemente bocciata da Bruxelles perché del tutto incoerente col quadro legislativo europeo.
A essere inapplicabile secondo la normativa vigente, chiarisce Mengozzi, sono la "clausola di salvaguardia" della Francia e la conseguente sospensione della coltivazione di un organismo a dna ricombinante autorizzato dall'Ue. Perché la clausola è applicabile temporaneamente e su presupposti di rischio accertati, ma allo stato attuale è solo la Commissione a poter adottare eventuali misure d'urgenza.
Insomma, gli Stati membri non possono vietare l'uso, la cessione e la coltivazione nel loro territorio di un Ogm autorizzato dall'Ue, tranne alle condizioni definite dalla stessa legislazione comunitaria.
Sono conclusioni in qualche modo attese, che non fanno che rendere più urgente una revisione del quadro giuridico europeo sull'impiego di organismi transgenici in agricoltura.
Se non altro perché, al momento, sembra vigere il tutti contro tutti.
C'è la Commissione, che difende una procedura di autorizzazione tra le più complesse del mondo, con al centro l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
Gli Stati membri chiedono più discrezionalità e, con un pronunciamento del 2008, hanno messo in discussione proprio l'affidabilità dell'Efsa. Quando si parla di Ogm nel Parlamento europeo saltano schemi e appartenenze.
Per sbloccare lo stallo, la Commissione ha presentato la sua proposta per dare agli Stati libertà di decidere se bandire o meno un dato Ogm agricolo sul proprio territorio. Ma resta il disaccordo sulle motivazioni ammissibili per il bando.
Secondo Palazzo Berlaymont possono essere considerate legittime motivazioni di ordine pubblico, morali, filosofiche o religiose.
Di opinione opposta il servizio legale del Consiglio, secondo cui l'elenco fornito dalla Commissione non dà sufficienti garanzie in sede di controversia internazionali. Sono mesi che si discute, ma le posizioni sono parecchio distanti.
Così il quadro di regole Ue in materia si avvita e rischia di collassare, mentre nel mondo gli ettari coltivati a Ogm hanno superato quota un miliardo.