Nemmeno la chiusura della ristorazione collettiva è riuscita a fermare la crescita del comparto avicolo.
Ciò che prima si consumava a ristorante è stato riconvertito negli acquisti domestici, grazie anche alla grande varietà di presentazioni che il segmento della trasformazione è stato in grado di proporre.

Le carni avicole sono così rimaste al primo posto nelle preferenze degli italiani, conquistando una quota del 35% (in volume) del consumo complessivo, mentre le carni bovine si fermano al 33% e quelle di suino al 21%.
Sono queste alcune delle evidenze emerse in occasione della recente assemblea di Unaitalia, l'associazione che riunisce gran parte della filiera avicola e alla cui presidenza è stato riconfermato Antonio Forlini.
 

Antonio Forlini, confermato alla presidenza di Unaitalia
 

I numeri dell'avicoltura

Nel 2020 è cresciuto il fatturato del settore, che si è portato a 5,7 miliardi di euro (dei quali 4,56 per le carni e 1,15 per le uova), come pure i consumi, che ora assommano a 21,5 kg a testa, con un aumento dell'1,93%.
Per soddisfare questa richiesta la produzione di carni bianche si è spinta sino a sfiorare 1,4 milioni di tonnellate, con una crescita dello 0,3% in volume.

Fra i comparti dell'avicoltura che hanno migliorato più di altri le loro performance troviamo il tacchino (+4%) e il pollo (+1,68%).
Senza dimenticare l'exploit delle uova, il cui aumento dei consumi si misura a due cifre (+14,5%).
Da capogiro i numeri, con 12,9 miliardi di uova acquistate, per un consumo procapite di 216 uova per anno.


Attenzione all'ambiente

Con questi numeri l'avicoltura italiana si colloca al quinto posto fra i produttori europei e può vantare un'autosufficienza del 107,5%
Un suo punto di forza è l'efficiente organizzazione della intera filiera, grazie alla forte integrazione verticale fra produzione e trasformazione che consente di adeguare in tempi rapidi l'offerta all'andamento della domanda.

Risultati raggiunti, è stato messo in evidenza durante l'assemblea di Unaitalia, avendo grande attenzione alla sostenibilità e agli impatti ambientali.
Alla sostenibilità la filiera ha destinato 50 milioni di euro di propri fondi, provenienti dalle aziende aderenti a Unaitalia.
Investimenti che hanno permesso di produrre energia rinnovabile per 62 milioni di kw/anno e di avviare al recupero il 90% degli scarti di lavorazione.
Non meno importante la costante riduzione dell'uso di antibiotici, il cui impiego si è ridotto negli ultimi dieci anni dell'88%.
 

In linea con il Farm to fork

"L'obiettivo che dobbiamo porci - ha detto il presidente di Unaitalia Forlini - è produrre cibo sufficiente per tutti utilizzando sempre meno risorse naturali e conciliando sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il settore avicolo, che con la sua filiera integrata e 100% italiana incarna perfettamente i principi del Farm to fork, è pronto a cogliere le sfide della transizione ecologica e del Green deal".

Il traguardo al quale si tende, ha aggiunto Forlini, è quello di rendere nei prossimi dieci anni il comparto avicolo autosufficiente sotto il profilo energetico e sempre più sostenibile.
Per raggiungere questi risultati risultano strategici i fondi messi a disposizione dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), un'occasione per l'avicoltura da non sprecare.
 

I nodi da superare

Molto dipenderà dalle politiche messe in atto a livello europeo, perché gli obiettivi del Farm to fork saranno motivo di aumento dei costi, già oggi fortemente influenzati dall'aumento dei prezzi delle materie prime.

C'è timore che le scelte europee comportino un aumento della concorrenzialità da parte delle produzioni dei paesi terzi, più a buon mercato, ma meno sostenibili.
Un forte appello è poi quello che l'avicoltura rivolge alla grande distribuzione, alla quale si chiede di non indebolire la produzione italiana, riconoscendole in termini di prezzo l'impegno su qualità e sostenibilità.