Valorizzare i prodotti tipici senza tradire le attese dei consumatori e al tempo stesso venire incontro alle esigenze di chi lavora in azienda agricola e che può dover fare delle scelte difficili.
In provincia di Benevento la Cooperativa San Giorgio Carni sforna fettine “a denominazione di origine dell'Alto Sannio” che non fanno concorrenza al prodotto per il quale la San Giorgio era nata: immettere sul mercato il Vitellone bianco dell’Italia centrale Igp ottenuto da bovini di razza marchigiana allevati nell’Alto Sannio.

In un recente convegno a San Giorgio La Molara, in provincia di Benevento, è stato presentato il nuovo protocollo di etichettatura  - approvato dal ministero per le Politiche agricole - della Cooperativa San Giorgio Carni, che riunisce molti produttori zootecnici dell’Alto Sannio, impegnati nell’allevamento di animali di razza Marchigiana per ottenere Vitellone bianco dell’Italia centrale Igp. Ma non solo. Iniziativa benedetta dal presidente nazionale di Slow Food, Gaetano Pascale e dal presidente nazionale di Fedagri Confcooperative, Giorgio Mercuri, entrambi sanniti Doc.

La Cooperativa San Giorgio Carni, aderente a Confcooperative, conta un centinaio di allevatori soci per circa 6.000 bovini allevati, molti dei quali sono capi di razza marchigiana. La San Giorgio Carni nasce per valorizzare e commercializzare carne Igp da marchigiana, ma nel tempo ha avuto l’esigenza di diversificare le attività, estendendole anche ad aziende che allevano altre razze.

“La forma cooperativa – ha spiegato il direttore della San Giorgio Carni, Nicola De Leonardis - ha consentito di fare dell’area di San Giorgio La Molara l’epicentro di una produzione di eccellenza che alla fine dello scorso anno si è vista approvare un disciplinare di etichettatura dal ministero delle Politiche agricole. Il disciplinare traccia le linee di una vera e propria filiera di qualità della carne, non solo di razza marchigiana. Mettendo insieme produttori, macelli e punti vendita, la cooperativa San Giorgio Carni propone un vero e proprio stile di allevamento al quale anche altri operatori della filiera possono aderire”.

Ad accomunare le aziende zootecniche aderenti a questo disciplinare è sicuramente il metodo di alimentazione; infatti ai bovini viene somministrata una razione alimentare composta da materie prime prevalentemente prodotte dalla stessa azienda. I produttori aderenti non possono alimentare gli animali con grassi aggiunti o con scarti dell'industria agroalimentare. La carne così prodotta "racconta" la propria storia con la massima trasparenza attraverso un certificato d’identità che mette in risalto tutte le fasi produttive: dalla nascita del bovino al posizionamento della carne nel banco macelleria.

Esito dell’operazione: chi non avrà acquistato carne di marchigiana in Igp Vitellone bianco dell’Italia centrale, porterà comunque a casa una carne “a denominazione di origine dell’Alto Sannio” che prevede un rigido disciplinare di alimentazione, come quello della Igp, e contiene un indissolubile legame tra prodotto e territorio. I due prodotti, pur strettamente complementari, non si fanno concorrenza, perché offerti dalla stessa cooperativa.

Secondo il presidente di Slow Food, Gaetano Pascale“I piccoli produttori non sono una visione romantica o residuale del nostro agroalimentare, ma una realtà sempre più numerosa in Italia e nel mondo”.
Centrale è per il presidente di Slow Food il tema dell’etichettatura. “Sui prodotti dei presidi Slow Food – ha ancora affermato – apponiamo un’etichetta con tutte le informazioni che i produttori sono in grado di poter dimostrare, che poi sono le stesse che il consumatore vuole leggere”.

Conclusioni del convegno affidate al presidente di Fedagri-Confcooperative, Giorgio Mercuri, nato proprio a San Giorgio La Molara, il quale ha invitato a riflettere su alcuni numeri: in Italia nel 2014 incremento del 12% per le vendite di prodotti biologici, fatturato dell`export dei 273 prodotti Dop e Igp arrivato a 2,4 miliardi, con un aumento del +5% rispetto al 2013.
"Sono due dati – ha spiegato Mercuri che dimostrano le grandi opportunità per il mercato di quei prodotti agroalimentari che offrono ai consumatori informazioni sull’origine e sulla tracciabilità del prodotto". Infine, un accenno all’importanza del modello dell’aggregazione promosso da Fedagri che “resta lo strumento principe per accorciare la filiera e consentire alle nostre aziende di arrivare sul mercato”.