Rieccola l'influenza aviare, nella sua versione più pericolosa, quella ad alta patogenicità sostenuta dai ceppi H5 e H7. Al momento è relegata ai Paesi del Nord Europa. Il primo caso si è verificato il 6 novembre in Germania in un allevamento di tacchini situato in Pomerania, nella regione di Meclemburgo dove è stato isolato il ceppo H5N8. Subito messo sotto controllo con l'abbattimento di tutti i capi presenti (circa 30mila capi) e contemporaneamente con l'istituzione di zone di protezione e di sorveglianza, per evitare il diffondersi della malattia. Ma il 15 novembre ecco arrivare il virus in Olanda. Questa volta ad essere colpito è un allevamento di galline in prossimità di Utrecht. Anche in questo caso le autorità sanitarie hanno ordinato l'abbattimento di tutti gli animali e l'istituzione delle zone di sorveglianza e di protezione. Come nel caso dell'allevamento tedesco, il ceppo virale è stato confermato essere l'H5N8. Il giorno seguente, il 16 novembre, il ceppo H5 ha superato la Manica e si è presentato in un gruppo di anatre allevate in una fattoria dell'East Yorkshire, nel Nord Est del Regno Unito.
Un pericolo solo per gli allevamenti
Nessun problema per l'uomo, i casi di contagio non riguardano questi ceppi e comunque sono rarissimi se non impossibili nelle normali condizioni di allevamento. Ma per gli allevamenti la presenza del virus è quanto mai pericolosa. Facilmente trasmissibile, sia per contatto diretto che indiretto, la comparsa della malattia determina elevata mortalità che può raggiungere il 100% dei casi, come segnala la documentazione dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, che di questa patologia è centro di referenza nazionale. In Italia, al momento, gli ultimi episodi di influenza aviaria risalgono al settembre 2013, con pochi capi avicoli di un allevamento rurale. Casi che erano stati preceduti da alcuni focolai più importanti che avevano colpito allevamenti intensivi di ovaiole e tacchini, dove era stato isolato il ceppo H7N7, annoverato fra quelli ad alta patogenicità. Tutti gli allevamenti, come segnalò anche Agronotizie, erano collegati fra loro, cosa che evidentemente facilitò il diffondersi del virus. Che fu però messo prontamente sotto controllo in pochi giorni. Poi, da oltre un anno, di influenza aviare in Italia non se n'è più vista.
Attenti ai migratori
La malattia può trasmettersi non solo da animale ad animale, ma anche attraverso qualsiasi materiale contaminato, come il mangime e le attrezzature, il personale, i mezzi di trasporto e via elencando. Motivo di preoccupazione sono poi gli uccelli migratori e in particolare i volatili acquatici. Questi sono sensibili a molti ceppi del virus influenzale e fungono da serbatoio della malattia. Con i loro spostamenti possono veicolare il virus anche a grandi distanze. Nella maggior parte dei casi, per fortuna, si tratta però di ceppi a bassa virulenza. Ma ciò non esclude, pur trattandosi di un'evenienza rara, che possano essere trasmessi anche virus ad alta patogenicità. E gli episodi di influenza che si sono registrati nel Nord Europa invitano a tenere alta la guardia.
19 novembre 2014 Zootecnia