Tecnoconserve, Multitecno e Milc sono i tre saloni tematici sui quali si è articolato il Cibus Tec, la manifestazione ospitata nel quartiere fieristico di Parma e dedicata alla meccanica in campo agroalimentare. Nell'ambito di Tecnoconserve si sono viste le proposte destinate alle conserve animali e vegetali e alla lavorazione dei prodotti freschi, mentre Multitecno ha messo in mostra il grande capitolo che comprende dall'imballaggio alla tracciabilità dei prodotti. Poi il Milc, tradizionale salone dedicato al latte ed ai prodotti lattiero caseari, che ha svolto un ruolo di primo piano rispetto agli altri segmenti di Cibus Tec. Merito della completezza espositiva, ma anche del richiamo esercitato dagli incontri che hanno fatto da cornice al momento fieristico.
Le accuse al latte crudo
Fra un meeting e l'altro, molta attenzione è andata al convegno organizzato da Assolatte (l'associazione che riunisce le industrie del settore) e intitolato “Tecnologia al servizio della qualità. Il caso del latte”. Ma non si è parlato di progressi della ricerca o di innovazioni nella produzione e lavorazione del latte, bensì dei “bancolat”, quei chioschi che nei pressi delle aziende agricole e in qualche caso alle periferie delle città, distribuiscono a libero servizio latte crudo, appena munto e senza alcun trattamento se non la semplice refrigerazione. Ma il consumo di questo latte, a detta degli studiosi e dei tecnici intervenuti al convegno, nasconde molte, troppe insidie. Pericoli messi in evidenza da Carlo Canella, presidente di Inran (istituto nazionale per la nutrizione), secondo il quale “bere latte crudo è come giocare alla roulette russa”. Per di più non si hanno vantaggi nemmeno dal punto di vista nutrizionale, perché fra latte crudo e latte pastorizzato vi sono solo differenze minime. Un giudizio severo, confermato da Paolo Aureli (Istituto Superiore di Sanità) secondo il quale il consumo di latte crudo può essere messo in relazione a talune infezioni alimentari. Germano Mucchetti, del dipartimento ingegneria industriale dell'Università di Parma, ha ricordato invece le garanzie offerte dalla lavorazione industriale del latte, votata peraltro a modificare il meno possibile il prodotto. Al convegno ha partecipato anche il Codacons in rappresentanza dei consumatori, che ha presentato i dati di una ricerca condotta su 92 distributori di latte crudo, nella metà dei quali si è constatata una temperatura di conservazione superiore a quella prescritta dalla legge.
Allarme giustificato?
Non è la prima volta che i “bancolat” e la distribuzione di latte crudo finiscono sotto accusa. Tanto che già dallo scorso anno si è imposto che sulle macchine distributrici venisse indicato che il latte va consumato previa bollitura. Forse non tutti i consumatori seguono questa regola, per non perdere le fragranze che il prodotto crudo, al naturale, può offrire. E’ anche vero che non si sono registrati molti casi di patologie (almeno di una certa gravità), ma è innegabile che qualche rischio, pur se lontano e improbabile, può comunque esserci quando si ha a che fare con un prodotto “vivo” come il latte. Bene ha fatto dunque Assolatte a mettere in guardia i consumatori, anche se non bisogna dimenticarsi che la diffusione dei bancolat non è vista di buon occhio dalle industrie del settore e non c'è da stupirsene. Perché il latte che passa dai distributori automatici è sottratto alle lavorazioni dell'industria e sfugge al loro fatturato. Le stime dicono che non si tratta di quantità importanti. In Italia sono in funzione poco più di mille distributori di latte crudo attraverso i quali viene commercializzata una quota modesta (circa il 3%) di tutto il latte fresco consumato in Italia (950mila tonnellate). Ma questi sono tempi difficili. Anche il poco può diventare importante.