Un anno fa, in questo stesso periodo, c'era grande incertezza sulla possibilità di combattere la cimice asiatica utilizzando il suo nemico naturale, la vespa samurai (Trissolcus japonicus). La procedura burocratica per ottenere l'ok al rilascio in chiave di lotta biologica dal ministero dell'Ambiente, visto che si tratta di un organismo alieno, era avviata ma ancora era difficile prevedere come sarebbe andata.
 
Un anno dopo sappiamo che è andata bene: il sì è poi arrivato e il ministero ha evidentemente valutato che la vespa samurai non costituisse un rischio per l'ecosistema. C'è chi però non ne è così certo e invita a riflettere. Una voce fuori dal coro è quella di Ilaria Negri, entomologa e ricercatrice all'Università Cattolica di Piacenza. AgroNotizie l'ha intervistata per capire il suo punto di vista.

Ma ripercorriamo prima la storia di questo minuscolo insetto alieno, T. japonicus, che, va sottolineato, era comunque già presente in Italia, è infatti arrivato naturalmente, così come la cimice asiatica, viaggiando con merci e persone.

L'annata 2019 era stata catastrofica per quanto riguarda gli attacchi di H. halys in tutto il Centro Nord con danni che, a conti fatti nel 2019, hanno superato i 600 milioni di euro in tutto l'areale più colpito. Unica speranza, anche se non in tempi rapidissimi, di veder il sistema tornare in equilibrio è proprio T. japonicus, minuscolo insetto che depone le uova all'interno di quelle della cimice asiatica. Purtroppo, nonostante l'aumento dei trattamenti antiparassitari, H. halys continua ad avanzare ed è fuori controllo, non sono stati trovati antagonisti nativi italiani abbastanza forti per contrastarla e i trattamenti fitosanitari si sono dimostrati non abbastanza efficaci. Hanno infatti problemi di scarsa persistenza e di scarsa selettività.

L'annata agraria 2020, dal punto di vista degli attacchi di cimice asiatica nei frutteti, è andata meglio rispetto al 2019. Attenzione però, ad aiutare i frutticoltori nel 2020 è stato soprattutto il clima che ha visto seguire a un inverno mite, gelate e temperature invernali in primavera. Non è detto che condizioni del genere si ripetano ogni anno. Il contributo che la vespa samurai ha dato al risultato 2020 è in fase di elaborazione scientifica ma, come gli esperti coinvolti hanno sempre ribadito, è impensabile che T. japonicus possa riportare in equilibrio il sistema in una sola stagione.

Le valutazioni post rilasci 2020 di T. japonicus sono in corso. Secondo il piano stilato a suo tempo, gli enti che hanno curato i lanci hanno già inviato al Crea e di conseguenza al ministero dell'Ambiente il report su come sia andata. Il punto è stabilire se T. japonicus si sia insediato, quanto sia stato in grado di parassitizzare con successo le uova di H. halys e soprattutto se abbia parassitizzato e in che misura anche uova non target, ovvero uova di altre cimici nostrane che non erano il bersaglio.

Proprio i risultati dei report serviranno al ministero dell'Ambiente per decidere se autorizzare o meno nuovi lanci. Tutto è infatti attentamente monitorato in un'ottica di protezione ambientale, la stessa ottica alla base di una procedura molto gravosa, stabilita per legge, che ha fatto sì che, prima di far partire i primi lanci, si sia predisposta una valutazione di rischio specifico da parte del Crea, valutazione che ha impegnato l'istituto per due anni e che è stata passata al vaglio di Ispra e del ministero dell'Ambiente. In più è stato costituito un tavolo tecnico di esperti per stabilire come andassero portati avanti i lanci.
 
Sulla carta T. japonicus è l'alleato perfetto per combattere un nemico che non colpisce solo gli agricoltori ma che, come in un effetto domino, provoca danni a tutto l'indotto: se i coltivatori di pere Abate dell'Emilia Romagna nel 2019 hanno perso 8.600 euro a ettaro, non è andata meglio a chi lavora come stagionale nella raccolta della frutta o negli stabilimenti di lavorazione.

La vespa samurai è l'arma che ci vuole, raggiunge anche il 90% di parassitizzazione delle uova di H. halys, ha un ciclo riproduttivo rapido e compie più cicli l'anno, è poi il principale fattore limitante della cimice nelle aree di origine, ma ha un difetto: non è specie specifica (non ovidepone solo su uova di H. halys). Questo preoccupa molto la professoressa Ilaria Negri: "In linea di massima sono contraria all'utilizzo per la lotta biologica di insetti provenienti da paesi lontani che non siano specie specifici. È stato dimostrato - ha detto Ilaria Negri - che T. japonicus parassitizza con grande successo anche uova di altre cimici native del nostro territorio, per esempio quelle di Rhaphigaster nebulosa, Palomena prasina o anche Arma custos che è un noto predatore di insetti dannosi all'agricoltura, compresa la stessa cimice asiatica. Temo che sia stato sottovalutato il rischio per la nostra biodiversità che, ricordiamolo, comporta sempre un danno all'ambiente e all'agricoltura secondo la regola: minore è la biodiversità, maggiore è il numero di insetti dannosi. Per esempio, di recente, negli Usa, è stato pubblicato uno studio sui rischi nascosti per tre insetti nativi della zona e non target, dedicato proprio a T. japonicus. Utilizzando una tecnica molecolare è stato dimostrato che l'effetto mortale di T. japonicus su insetti non target, ad esempio su Podisus maculiventris, un predatore molto importante (non presente in Itala, Ndr), è notevolmente più alto rispetto a quanto sia possibile stimare con metodi tradizionali".

In effetti è noto da studi scientifici mai effettuati però in campo, ma solo in laboratorio, che la vespa samurai accetti di deporre anche su uova di cimici nostrane come R. nebulosa, Pa. prasina e Pentatoma rufipes, che sono però insetti fitofagi e quindi potenzialmente dannosi in agricoltura (Pa. prasina è fitofago chiave del nocciolo e P. rufipes può attaccare i frutteti). Diverso è il discorso che riguarda A. custos, anch'essa nativa ma poco presente negli areali nostrani. D'altra parte, secondo uno studio condotto nell'areale di Modena, nel 2014, a soli due anni dal suo primo avvistamento, H. halys prevaleva già nettamente sulle altre cimici. Lo studio intitolato "Monitoring of the invasive H. halys" e condotto dall'Università di Modena e Reggio Emilia e dai Fitosanitari di Modena e Reggio Emilia evidenziava come nei pereti, nelle siepi vicine e sull'erba, quasi il 40% delle specie di cimici raccolte fosse rappresentato da H. halys.

Sul piatto della bilancia poi c'è da mettere l'alternativa all'utilizzo della vespa samurai in chiave di lotta biologica: l'aumento dell'utilizzo di fitofarmaci. In Emilia Romagna per combattere la cimice sono stati introdotti in media nel pero e nel melo cinque interventi in più di insetticidi a stagione rispetto a quelli di epoca pre-cimice asiatica; cinque in più anche per le drupacee come pesche e nettarine e due interventi in più per il kiwi. Si tratta sempre di insetticidi a largo spettro che quindi colpiscono anche gli insetti nostrani, compresi quelli utili. Ci sarebbe così anche da considerare il fatto che colpendo insetti utili si finisce poi per dover trattare di più per altre avversità che altrimenti sarebbero tenute a bada dagli insetti utili stessi. Un altro effetto indiretto è l'abbattimento dell'utilizzo della confusione sessuale come metodo di lotta per avversità diverse dalla cimice dal momento che i trattamenti ad ampio spettro per il nemico pubblico numero uno coprono già la problematica.

"Questo discorso di scegliere la soluzione meno peggio, in ecologia, non vale" ha detto ancora Ilaria Negri. "I danni che si rischia di creare infatti si riflettono poi per anni, si rischiano squilibri nella biodiversità che potrebbero riflettersi anche in un probabile calo di produttività agricola. Mi viene in mente, ad esempio, il caso dell'Harmonia axyridis, volgarmente detta coccinella arlecchino. Importata massivamente negli anni '90, ora dilaga divorando anche le nostre coccinelle che sono uno dei punti di riferimento della lotta biologica contro gli afidi. Tra l'altro questa coccinella produce anche danni diretti alle colture frutticole. Gli agrofarmaci non vanno secondo me demonizzati, se utilizzati correttamente possono essere meno pericolosi di un agente di biocontrollo che è un essere vivente, dotato di autonomia propria e quindi difficilmente controllabile. Non possiamo prevedere come evolverà il rapporto di T. japonicus con il nostro ambiente. Fra l'altro, con il cambiamento climatico in corso, mi chiedo: Cosa succede al comportamento di una specie che non conosciamo quando si trova in un nuovo ambiente, il nostro, in condizioni di cambiamento climatico? Potrebbe imparare ad apprezzare nuovi ospiti? Andrà a soppiantare i parassitoidi nativi che tanto sono utili al controllo biologico naturale?".

Tutte domande legittime, anche se, per la verità, il caso della coccinella arlecchino è particolare: H. axyridis differisce infatti nel comportamento dalla vespa samurai. La vespa samurai non è specie specifica ma è dimostrato che ha una forte predilezione per le uova di H. halys. La coccinella arlecchino è ampiamente polifaga, preda le uova delle coccinelle native, mentre la vespa samurai non attacca uova di altri parassitoidi e l'ovideposizione avviene esclusivamente su uova di cimici.

Fra i dubbi espressi da Ilaria Negri anche la scelta dei punti di lancio. Ricordiamo infatti che, per quanto riguarda la vespa samurai, l'insetto alieno era già presente in diverse parti del Nord Italia prima dei lanci del giugno scorso. "Io dico: un conto è l'insediamento non voluto di T. japonicus in un determinato territorio, che potrebbe rimanere anche piuttosto circoscritto, un conto sono i lanci massicci che sono stati fatti e che potranno essere riprogrammati in futuro. Per i lanci, fra l'altro, sono state scelte le fasce ecotonali, uniche riserve di biodiversità che abbiamo negli agroecosistemi in pianura".
 
In realtà la strategia di lotta biologica adottata è stata inoculativa e non inondativa, sono quindi stati individuati dagli esperti luoghi precisi dove fare i rilasci. Per ogni punto sono state lanciate cento femmine e dieci maschi di T. japonicus e i punti sono stati appositamente ben distanziati fra loro. La strategia di scelta adottata è stata più volte spiegata dai responsabili dei Servizi fitosanitari delle regioni interessate: concentrare i lanci lì dove la cimice aveva fatto più danni ed era quindi più presente, ecco perché in Emilia Romagna sono stati selezionati trecento siti, praticamente la metà dei lanci effettuati sono stati in Emilia Romagna; non effettuare lanci nelle zone di montagna dove la cimice è invece meno presente; non lanciare direttamente dentro i frutteti perché T. japonicus è molto sensibile ai trattamenti fitosanitari e non depone lì le uova; lanciare nelle siepi e nelle zone adiacenti ai frutteti perché, visti i risultati delle ricerche dall'arrivo di H. halys, si sa che è lì che si concentra prima di invadere il frutteto ed è lì che depone le sue uova.
   
Se c'è una certezza, ora che nuovamente il ministero dell'Ambiente si dovrà pronunciare sulla possibilità o meno di nuovi lanci di T. japonicus, è che non si possono lasciare gli agricoltori senza risposte perché i danni per loro, in mancanza di una soluzione, sono enormi e le ripercussioni, nel lungo periodo, riguardano tutti: "Credo che ci sia ancora molto da conoscere di H. halys" ha detto ancora Ilaria Negri. "Per sconfiggere il nostro nemico, dobbiamo conoscerlo meglio. Vanno investigate le sue preferenze alimentari, il microclima che lo favorisce e quello che gli provoca stress".

Ilaria Negri sta infatti lavorando proprio a questo scopo a due progetti, entrambi coordinati dall'Università Cattolica di Piacenza. Uno, intitolato "DeBug", ha già portato qualche risultato, l'altro, dal titolo "Contr-Halys" è appena partito.

Con il progetto "DeBug", finanziato dalla Regione Lombardia, il team coordinato da Ilaria Negri ha lavorato in aziende vitivinicole proprio per capire i microambienti prediletti dalla cimice asiatica e quelli dai quali rifugge perché le creano stress. Lo scopo è creare poi, con tecniche agronomiche, microambienti inospitali per H. halys"Abbiamo lavorato su agroecosistemi vitivinicoli lombardi" ha detto Ilaria Negri. "Lo studio ci ha permesso di capire quali siano le aree della coltura più suscettibili, per attuare interventi di difesa mirati secondo un principio di precision crop protection. Il progetto va avanti, è molto articolato, vogliamo, fra le altre cose, capire se la cimice possa essere vettore di fitoplasmi della vite".

"Contr-Halys", un progetto finanziato dal Psr della Regione Emilia Romagna che vede coinvolti, fra gli altri, Podere Stuard di Parma, il Centro di formazione TadiniImage Line, prevede di creare una doppia cintura di protezione dei frutteti e di campi di pomodori. La prima cintura, seguendo una logica di attract and kill, sarà posizionata ai margini della zona coltivata e, nel caso dei filari di alberi da frutto, anche in interfila. I ricercatori creeranno un inerbimento con piante particolarmente appetibili per la cimice per attirarla ed andare a trattare lì dove è concentrata. I trattamenti saranno fatti con un insetticida a lento rilascio in logica di produzione integrata e con piretro naturale per chi lavora in regime di biologico. La seconda cintura sarà costituita invece dagli stessi alberi del frutteto o dalle piante a margine dei campi di pomodoro agronomicamente trattate in maniera da rendere le colture inospitali per H. halys.