Dopo una serie di puntate dedicate per lo più alle basi teoriche della tossicologia, è ora possibile iniziare ad approfondire alcuni temi più specifici legati agli agrofarmaci. Come prima analisi è stata scelta quella relativa all’Argentina, in quanto al paese sudamericano viene spesso rivolta l’attenzione quando si voglia spargere allarmismo in Italia, sebbene fra le due realtà corrano molteplici differenze. Inoltre, analizzando le statistiche ufficiali argentine le cose non sembrano neppure essere così catastrofiche come si vorrebbe fare credere. 

Circa i presunti effetti dei formulati a base glifosate sulle malformazioni scheletriche se ne era già scritto. In questa puntata della serie “La tossicologia spiegata semplice”, invece, si analizzeranno gli aspetti legati alle statistiche tumorali, attingendo proprio a documenti ufficiali argentini.
 

L’Argentina spiegata dai numeri

Come detto, uno dei sotterfugi per allarmare i cittadini europei e italiani è quello di compiere inchieste in paesi ove le pratiche agricole siano completamente diverse da quelle del Vecchio Continente, magari omettendo altri risvolti sociali e ambientali che potrebbero concorrere ai gironi danteschi descritti. Qualcosa del genere è per esempio accaduta nella puntata dell’1 novembre 2016 de “Le Iene”, programma di Italia 1 dal titolo “Glifosato: l’erbicida nuoce alla salute del mondo?”. Tema al quale è stato dedicato uno specifico articolo.

Utilizzando come trampolino di lancio proprio la puntata de “Le iene” su glifosate, è possibile aprire una disamina dei numeri reali che le autorità argentine pubblicano periodicamente sui trend oncologici del Paese.

Per esempio, nella città di San Salvador, “capitale nazionale del riso”, nella puntata in questione si è affermato che il 50% della popolazione morirebbe di cancro. Un dato oggettivamente abnorme e pertanto sospetto, sapendo che la mortalità per tumore in Argentina è dello 0,77% (315.660 casi su 40.764.561 abitanti). Mortalità per giunta in calo dal 2000 al 2010 in ragione del -1,08% nei maschi e del -0,67% nelle femmine.

Un dato, quello del 50%, che forse si riferisce alla percentuale dovuta al cancro sulla mortalità complessiva, inclusiva di malattie cardio–vascolari e altre patologie non oncologiche, compresi altri tipi di mortalità accidentale. Anche così, però, risulta molto elevato comunque, visto che la percentuale di morti in Argentina per cancro sarebbe intorno al 21% del totale dei decessi.

Per giunta, sempre secondo le statistiche sanitarie argentine, nella provincia di Entre Rios, ove insiste appunto San Salvador, si hanno aspettative di vita in linea con quelle medie dell'intera popolazione nazionale. Purtroppo, questa provincia eccelle al negativo in Argentina presentando la più alta percentuale quanto a carenze di frutta fresca, con quasi il 96% della popolazione che ne mangia troppo poca. Nel 2009 risultava anche l’area dove la popolazione faceva meno attività fisica.

Sia come sia, gli uomini della provincia, con poco meno di 150 casi, mostrano in Argentina la più alta incidenza dei tumori su 100mila individui, normalizzata per l’età, pari a una percentuale dello 0,15%. Un trend che però non si evidenzia fra le donne.

Con buona pace dei detrattori di glifosate, i linfomi non–Hodgkin – quelli che secondo la controversa monografia Iarc collocherebbero l'erbicida nel Gruppo 2A (probabili cancerogeni) – sono all’ultimo posto fra gli uomini, preceduti da quelli a polmone, colon–retto, prostata, stomaco, esofago, vie urinarie, bocca e faringe e leucemia. Tali linfomi giacciono invece al terzultimo posto fra le donne.

Interessanti risultano poi i trend tumorali mostrati dalla provincia di Entre Rios: dal 1997 al 2014, cioè proprio negli anni in cui sono esplose le coltivazioni di soia transgenica in Argentina, l’incidenza dei tumori al polmone è scesa da 43 a 32 casi su 100mila abitanti. Nelle donne sarebbe poi calata nettamente da 8,8 a 5,9 l’incidenza dei tumori alla cervice uterina, mostrandosi Entre Rios la provincia argentina migliore in tal senso. Praticamente stabili, in leggerissimo calo, i tumori al seno.

Sono saliti invece da 13 a 19 i casi di cancro colon–rettale negli uomini e da 8 a 11 nelle donne, unica provincia che mostra aumenti di tali tumori a fronte di un resto dell’Argentina che si presenta in diminuzione. Anche i tumori alla prostata sono calati da 20,5 a 16, salendo invece negli uomini dall’8,5 al 10,2 quelli al pancreas. Altro indice insieme a quello colon–rettale di alimentazione sbilanciata a favore di calorie, zuccheri e grassi.

Alla luce di tali numeri, lascia quindi ancor più perplessi l’affermazione del 50% di mortalità per cancro a San Salvador. Una causa di morte sulla quale pare influiscano soprattutto degli stili di vita ben poco salutari, basati su sedentarietà, scarsi vegetali freschi e – forse – troppo generosi “churrascos”, le pantagrueliche abboffate di carni cotte alla brusta. Anch'esse in Gruppo 2A, come glifosate, ma stranamente poco citate quando si parli di tumori e di Argentina.
 

La vita infame degli uomini bandiera

Un punto sul quale Italia e Argentina differiscono sensibilmente, oltre agli stili di vita e alimentari, è quello legato alle modalità di applicazione degli agrofarmaci sulle colture. In Italia, per esempio, i trattamenti con aerei ed elicotteri sono stati proibiti da anni e quindi non esistono nemmeno il lavoro di “fumigador” e di “uomo bandiera”. Il primo è colui che pilota gli aerei con cui vengono effettuati i trattamenti. A questi poco importa se sotto le ali si trovino case o scuole. Lui irrora comunque, anche grazie all’ausilio dei succitati uomini–bandiera, dei poveracci che servono a dare la giusta direzione all’aereo beccandosi però l’aerosol fitosanitario esattamente come il campo coltivato. Piccolo problema: loro devono spostarsi a ogni passaggio dell’aereo, finendo così con l’essere esposti al trattamento decine di volte in un giorno contro un solo trattamento ricevuto dalla coltura. Un vero e proprio bombardamento chimico, ripetuto infinite volte nella loro carriera professionale, raggiungendo livelli di esposizione lontani milioni di volte da quelli degli operatori professionali italiani, sia per quantità assoluta, sia per frequenza. Un valore che sale a miliardi di volte rispetto a quello cui possono essere ragionevolmente esposti dei cittadini comuni.

Non a caso, è di pochi mesi or sono la notizia della morte di Fabian Tomasi, testimonial delle conseguenze per la salute degli usi demenziali di cui sopra. Fabian Tomasi era da tempo affetto da polineuropatia tossica, detta anche la "malattia del calzolaio" per via delle colle e dei solventi che essi manipolano per lavoro. E anche il povero Fabian è stato in contatto con agrochimici per mestiere, facendosi pure bagnare dagli aerei per avere un po’ di rinfresco nell’arsura dei campi.
Una pratica pressoché quotidiana, come detto, protratta per anni. Infine si ammalò, Fabian. E morì.

Peraltro, mica solo di glifosate si parla, visto che la soia viene trattata anche con insetticidi e fungicidi con una frequenza molto elevata. Sulla testa di Fabian piovevano quindi miscele composte da 3–4 prodotti differenti, fra i quali glifosate era spesso il meno nocivo. Una verità scomoda da rivelare da parte dei media e delle sedicenti trasmissioni di denuncia, cioè per tutti coloro che vogliano spasmodicamente dimostrare che sia l’erbicida di Monsanto l’unico colpevole di tali patologie.

Fra gli insetticidi, contro lepidotteri, afidi e cimici vengono infatti utilizzati esteri fosforici e piretroidi, spesso in miscela fra loro. Poi ci sono malattie come Septoria, Cercospora, Antracnosi e, più recente, la Ruggine asiatica. Contro di loro si applicano fungicidi strobilurinici, triazolici e benzimidazolici, spesso anch’essi in miscela fra loro. Come si vede, quei “fumigador” spargono miscele estremamente eterogenee, con frequenze variabili in funzione dello sviluppo di malerbe, patologie e insetti. Peraltro, ogni formulato ha i propri coformulanti, fra cui diversi solventi. Cioè i responsabili della "malattia del calzolaio", la quale si chiama infatti così e non "malattia dell'agricoltore".

Infine, a ulteriore riprova che fra Argentina e Italia corre appunto un oceano, tali solventi sono ancora presenti in diversi formulati "attempati", utilizzati purtroppo in altri continenti, mentre in Europa sono per lo più stati sostituiti con altri coadiuvanti dal profilo tossicologico migliore.

Uno spaccato che fa quindi comprendere come l’approccio fitoiatrico alla difesa delle colture abbia in Argentina bisogno di un profondo rimaneggiamento, abolendo per esempio i trattamenti aerei, principale causa della diffusione ambientale eccessiva dei prodotti. Come pure modernizzando i formulati commerciali e ponendo vincoli spaziali ai trattamenti stessi, perché applicare nuvole di prodotti sulle case e sulle persone, forse, non è il miglior viatico per rendere sostenibile l’agricoltura nazionale.

Tutte regole, quelle di cui sopra, che come detto sono già vigenti da anni in Europa e in Italia, ove non esistono più i trattamenti aerei e si seguono pratiche virtuose atte a minimizzare l’esposizione ambientale e sanitaria. Pratiche che quando vengono disattese da qualche agricoltore poco serio e poco professionale, vengono poi demonizzate anch’esse, quasi che chi viola una regola faccia diventare cattiva la regola stessa.

Si rammenti questo, la prossima volta in cui si citerà l’Argentina, o qualche altro paese molto, molto lontano dall'Italia, al fine di terrorizzare il cittadino trevigiano, trentino, bolzanino, romano e salentino. Perché la disinformazione può essere fatta anche parlando a vanvera di realtà che con quella italiana nulla hanno a che vedere.
"La tossicologia spiegata semplice" è la serie di articoli con cui AgroNotizie intende fornire ai propri lettori una chiave di lettura delle notizie allarmanti sul mondo agricolo in generale e su quello fitoiatrico in particolare.

Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.