Quando poi si tratti di temi aventi attinenza scientifica, per l'attacco del primo tipo servono evidenze schiaccianti, inoppugnabili e universalmente condivise dalla comunità scientifica mondiale. Lavoro duro, questo, e porta al risultato solo ed esclusivamente se si ha ragione al di là di ogni ragionevole dubbio. Tramite lo sciame, invece, una miriade di messaggi convergenti possono ottenere il medesimo risultato, senza però esser mai chiamati a dimostrare la veridicità delle proprie affermazioni in modo rigoroso. Grazie allo sciame, quindi, anche il più insulso degli insetti può cioè fare danni. Del resto, si sa: perfino la menzogna più spudorata diviene verità se ripetuta milioni di volte.
La puntata dell'1 novembre de "Le Iene" si colloca a pieno titolo all'interno dello sciame scatenatosi da tempo contro glifosate. Il titolo vale già mezzo programma: "Glifosato: l'erbicida nuoce alla salute del mondo?". Il servizio però è tutto tranne che di portata globale: è infatti ambientato non in Argentina tout court, bensì in alcune sue specifiche aree. La scelta del Paese sudamericano non è casuale, dato che è una una delle patrie degli Ogm e del glifosate ad essi collegato. Cosa ci sia in comune fra quelle aree e un Paese europeo, magari l'Italia, non si sa. Guardando il servizio si capisce bene infatti che si sta guardando qualcosa che con l'agricoltura nazionale c'entra praticamente nulla. Ma, come si diceva poc'anzi, allo sciame non è richiesto essere né consistente né razionale.
La trama è infatti quella, appunto, già cavalcata più volte da altri membri dello sciame anti-glifosate: disastri ambientali e sanitari, veri o solo presunti, attribuiti in via univoca all'erbicida, simbolo dell'agricoltura intensiva e delle odiate multinazionali. Come spesso accade, però, anche in questo caso le imprecisioni e le anomalie narrative abbondano.
Prima fallacia: glifosate viene utilizzato normalmente su quasi tutte le colture esistenti, non solo sugli Ogm come viene invece affermato. Seconda distorsione: dire che glifosate è biodegradabile non è affatto una mera "campagna pubblicitaria", come sdoganato nel servizio. Banalmente è la verità. L'erbicida è biodegradabile, per giunta in tempi brevi. L'esordio non è quindi dei migliori, ma il servizio è solo al principio.
Non è infatti assolutamente vero che "nessuno si è mai chiesto se facesse male". Tale affermazione trasferisce l'idea che gli agrofarmaci vengano autorizzati e utilizzati alla carlona, mentre il processo registrativo è particolarmente lungo, costoso e complesso. Nel Vecchio Continente, poi, la Revisione europea ha richiesto moli impressionanti di dossier tossicologici e ambientali e la molecola, giudicata da organismi pubblici competenti in materia, è stata considerata meritevole di autorizzazione e di ri-autorizzazione. Quindi, care Iene, ce lo si è chiesto eccome, e a più riprese, se glifosate facesse male. E la risposta, per gli enti valutatori internazionali, è stata sempre favorevole alla molecola, con buona pace dei crocifissori di professione.
Bizzarra poi la descrizione degli usi di glifosate "in proporzione agli abitanti". Tale approccio è privo di alcun significato. Vanno infatti valutate le superfici agricole, non la popolazione. Né sarebbe corretto utilizzare come metro di misura la superficie complessiva della nazione in oggetto, perché in tal modo si dimostrerebbe invece che la pressione sul territorio di qualunque molecola, espressa per chilometro quadrato, risulterebbe ridicola. La disonestà intellettuale, infatti, può essere utilizzata per finalità fra loro perfino contrapposte.
Dire che si utilizzano due miliardi di litri di glifosate a livello mondiale, calcolando che "ogni abitante della Terra ne consuma 0,3 litri a testa", è esercizio meramente statistico al pari del famigerato pollo di Trilussa. La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive in aree dove di glifosate se ne adopera dal poco al punto, fatto che abbassa significativamente la media planetaria dei consumi pro capite. In Argentina sono utilizzati 4,5 litri per abitante. Il che equivale circa alla dose applicata in un solo passaggio su un solo ettaro. E considerando le superfici agricole argentine, tale volume appare del tutto normale. Ma la normalità, ovviamente, non fa notizia.
Notizia la fa invece che 40 milioni di Argentini produrrebbero cibo per 400 milioni di Terrestri. Diciamo quindi grazie all'Argentina, anche per tutti quegli italici salumi e formaggi che senza la sua soia transgenica non potremmo più produrre nelle quantità che oggi commercializziamo, magari fra gli applausi di chi, colmo della disonestà intellettuale, vomita livore proprio contro quel tipo di soia e contro le molecole necessarie a proteggerla.
Mappe e dottori
Nel servizio viene intervistato anche il Dr. Medardo Avila Vasquez, pediatra neonatologo. Questi mostra mappe cromatiche dalle quali, secondo lui, si evincerebbe una perfetta sovrapposizione tra zone ad alto uso di agrofarmaci e zone ad alta densità di tumori. Il concetto di perfetta sovrapposizione, però, appare per così dire alquanto flessibile, perché osservando bene le due mappe, grazie a una cattura a schermo, si evince come un'alta densità di tumori si registri anche in zone limitrofe, più a sud-est, rispetto a quelle caratterizzate da maggiori impieghi di agrochimici. Più o meno metà di queste aree, infatti, non sono sovrapposte a quelle ad alta incidenza di tumori. Per inverso, la metà circa delle aree ad alta densità di tumori non è sovrapposta a quelle ad alta incidenza di "pesticidi". Ovvio però che un telespettatore non guardi la Tv con un righello in mano. Un giornalista che riguarda la trasmissione via web invece sì.Inoltre, facendo una breve ricerca demografica, la densità dei tumori risulta in qualche modo coerente con la distribuzione della densità stessa della popolazione argentina, la quale è infatti per lo più concentrata proprio nell'area centro-settentrionale del Paese. Le mappe, quindi, è bene leggerle con attenzione, magari al fianco di altre che contengono informazioni differenti e complementari.
L'Armageddon di San Salvador
Il servizio si sposta nella città di San Salvador, la capitale nazionale del riso, come orgogliosamente si legge nei cartelli stradali posti all'ingresso del paese. Qui si afferma che il 50% della popolazione morirebbe di cancro. Eppure, rispolverando la cattura a schermo delle mappe cromatiche precedenti, questa località non ricade né all'interno dell'area rossa relativa agli usi, né in quella color mattone relativa alla densità dei tumori.Verrebbe quindi voglia di verificare l'informazione circa l'incidenza del cancro come causa di morte, ma le immagini stesse depongono a favore della veridicità del dato: l'occhio viene infatti colpito da una fitta foschia prodotta da particolato atmosferico, con automobili a fari accesi che viaggiano in un'atmosfera surreale. Il pulviscolo deriverebbe dalla lavorazione del riso, dichiara una cittadina intervistata. Una polvere sottilissima e grigiastra che si deposita su macchine e tetti delle case. A tonnellate. Questa polvere, si afferma senza tema di smentita, conterrebbe glifosate, il quale sarebbe utilizzato per essiccare il riso. Ovviamente, non si dice ciò in funzione di un'analisi della polvere medesima. Lo si dice e basta. E lo spettatore, ovviamente, ci può anche credere.
Il problema, quindi, non sarebbe la quantità abnorme di polvere in sé, bensì glifosate che si suppone sia in essa contenuto. Peccato che il valore considerato tollerabile dall'Uomo quanto a particolato atmosferico sia di soli 25 microgrammi per metro cubo di aria e che nel 2012, nella sola Pechino, siano stati registrati 82 mila decessi causati dalle polveri sospese in aria. Nella capitale del Celeste Impero le concentrazioni erano di 400 microgrammi per metro cubo. Chi si prenderà mai la briga di misurare quelle di San Salvador? Anche perché, come si vedrà, in mezzo a quella polvere si annida un pericolo molto più letale dell'ipotetico glifosate.
Viene invece preso un campione di acqua potabile e una volta analizzata si scopre che glifosate sarebbe presente a livelli 220 volte più alti del limite italiano per le acque potabili. Peccato che quel valore sia pari al 3% del limite di Legge americano per il glifosate. Paese che vai, limite che trovi. Circa l'assurdità del limite europeo e nazionale, posto a 0,1 µg/L, si è già trattato qui, qui e qui. Inutile ripetersi. Sul vizio di allarmare la popolazione con moltiplicazioni sensazionalistiche di limiti normativi anacronistici, invece, non si parlerà mai abbastanza.
Vengono quindi elencati vari tipi di tumore: prostata, leucemia, cervello, colon, linfomi, tiroide. Sconcerta quindi la sicurezza con cui tutta la colpa di una tale molteplicità di patologie venga fatta convergere solo ed esclusivamente su glifosate. Come se quei tumori avessero una targa, un'impronta digitale. Vengono anche testimoniati casi di malformazioni neonatali: un bimbo nato senza diaframma, quindi morto subito, più vari altri casi umani per i quali si può solo che provare ovviamente una profonda compassione. Un sentimento umano che sarebbe però bene non strumentalizzare per portarlo sui sentieri desiderati. Anche perché gli stessi medici interpellati dai parenti delle vittime sottolineano l'estrema eterogeneità delle possibili cause, inclusa quella genetica.
In effetti, in popolazioni di poche migliaia di abitanti, posti relativamente isolati dai grandi centri urbani, un certo grado di consanguineità è tutto tranne che un'ipotesi peregrina. Ovviamente, l'opinione dei vari medici espressisi in materia viene più volte derubricata a livello di silenzio complice degli interessi economici che stanno dietro agli usi dei veleni. Nulla di nuovo sotto il Sole: quando uomini di scienza parlano, li si ascolta e si dà loro credito solo se dicono ciò che è funzionale alla tesi che si vuole dimostrare fin dal principio.
Peccato che il servizio prosegua in un'atmosfera spettrale, con distese di rifiuti abbandonati su ampie porzioni del territorio, vicini alle case, lungo le strade. Perché per gli abitanti di San Salvador "è normale depositare la spazzatura lì". Quando poi le montagne di rifiuti divengono imponenti, loro le bruciano. Una Terra dei fuochi in salsa argentina, ma messa in scena direttamente sotto le finestre delle abitazioni. Ovviamente, dato che in mezzo a quella distesa infinita di rifiuti ci sono alcune taniche vuote di glifosate, il dito viene puntato solo su di esse. Vengono cioè deliberatamente ignorate tutte le sostanze tossiche scaricate là in mezzo. Solventi, acidi, metalli pesanti? Fare un'analisi anche per quelli, però, non deve essere parso interessante.
Ed eccoli invece i veri nemici nascosti nella polvere di riso: dando fuoco a quei cumuli di rifiuti, si liberano grandi quantità di polveri sottili, come pure sostanze cancerogene e mutagene come gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH), diossine, furani. Tutti veleni tosti, letali, mica scherzi. Veleni che arrivano poi alle narici attraverso i fumi e nelle gole attraverso l'acqua contaminata tramite le piogge. Ma dai e dai, il mirino resta sulla nuca di glifosate, anche quando di esso sia rimasta solo qualche tanica vuota. Taniche che peraltro vengono utilizzate dalla popolazione per lavare i panni, lavare la frutta e altre pratiche quotidiane, prima di essere gettate in mezzo ai rifiuti e dargli appunto fuoco. Uno scenario da film post atomico. Altro che glifosate.
Purtroppo, esattamente come per lo strato abnorme di polvere depositata su tutta la città, anche quei cumuli di rifiuti pare quasi siano privi di qualsiasi significato tossicologico. L'importante pare sia legare la pericolosità, ipotetica o solo presunta, dell'odiato erbicida.
Agricoltura e barbarie
Di sicuro, dal servizio emergono anche alcuni aspetti sconcertanti a carico dell'agricoltura locale, come per esempio la testimonianza del "fumigador", cioè il pilota di aerei con cui vengono effettuati i trattamenti. "I trattamenti", perché la soia mica riceve solo glifosate, bensì anche insetticidi e fungicidi, sui quali però si preferisce sorvolare, tanto per restare in tema aereo. Visto mai che le responsabilità addossate a glifosate si diluiscano nelle opinioni dei telespettatori? Meglio non distrarli.Per il "fumigador", una scuola posta nel bel mezzo dei campi da trattare non è mica un problema. Tanto, secondo lui, ci sono dentro solo 7-8 bambini. Forse fra questi non rientrano i suoi, di figli.
A suo parere è illogico impedire di trattare 400 ettari di soia solo perché in mezzo c'è una scuola. A qualunque persona dotata di un minimo di buon senso, invece, appare del tutto illogico che una scuola stia in mezzo a una distesa di soia trattata con gli aerei. Una dabbenaggine e un disinteresse per la salute che oltrepassa la soglia dello sconcerto, ponendo seri dubbi sulle amministrazioni locali in senso ampio e sulle autorità sanitarie centrali e periferiche. Perché ciò che inquadrano le telecamere de "Le Iene" loro lo vedono coi propri occhi tutti i giorni. Dovrebbero attrezzarsi per abbattere le polveri delle riserie. Dovrebbero organizzare la rimozione dei rifiuti e il loro smaltimento a norma. Dovrebbero razionalizzare il territorio affinché non vi siano sovrapposizioni fra attività agricole e costruzioni civili. Infine, dovrebbero magari proibire i trattamenti fatti con gli aerei. Perché questi sono usi barbari della chimica. E quindi non è la chimica a dover essere bandita, bensì tutti quegli usi che la rendono potenzialmente pericolosa per la popolazione e per l'ambiente. Invece...
Alla testimonianza del "fumigador" segue una sequenza altrettanto agghiacciate sulle modalità di carico dei prodotti chimici, mescolati dall'operaio ruotando il braccio intero immerso nella cisterna come fosse un mestolo di carne e ossa. Impressionante poi l'irrorazione stessa, causa di una nuvola di aerosol che si disperde per decine di metri. Un'assurdità in termini di efficacia e di ambiente, con un solo ed unico vantaggio: poco tempo e pochi soldi. E quindi l'aereo vince, purtroppo.
Visto e considerato tutto quanto sopra, appare perciò alquanto sballato il paragone con il fumo fatto dal Dr. Medardo Avila Vasquez, il medico che dice appunto ciò che piace sentir dire. Mentre infatti per il fumo le correlazioni con ben precisi tipi di cancro sono chiare, provate e univoche, in un Paese come San Salvador vi sono decine di cause ambientali diverse che possono aver contribuito a quei tumori. Molto più degli agrofarmaci e molto ma molto più del solo glifosate.
Non solo soia
L'Argentina non è però solo San Salvador e non è solo soia. L'inviato de "Le Iene" si sposta quindi nella provincia di Chaco, una delle più povere dell'Argentina. Al confine con il Paraguay, è anch'essa molto più a nord della zona ad alta intensità d'uso degli agrofarmaci e pure di quella ad alta densità di tumori. Nonostante ciò è zona agricola, specialmente investita a cotone. Anche nel Chaco, purtroppo, le irrorazioni con gli aerei lambiscono le case, inondandole di aerosol. Non è perciò strano che vi siano rivendite di macchine e di prodotti chimici. Qui la vendita dei prodotti è libera, contrariamente a quanto avviene in Europa e in Italia (patentino, Pan, Psr: questi sconosciuti). Ritorna all'improvviso in auge anche il Dr. Marino, quello del glifosate nel cotone. Un tema che venne trattato già in passato, restando più nel faceto che nel serio, perché anche nell'allarmismo si può distinguere fra quello subdolo e vergognoso e quello comico.Anche in questo caso, come già visto a San Salvador, la lavorazione del cotone genera pulviscolo e la troupe televisiva viene immersa da nubi di polvere maleodorante che si sparge tutto intorno. Magari fino al paese, posto a soli cinque chilometri dall'impianto. Dando retta al Dr. Marino, si parla di "alte percentuali" di glifosate. Peccato che siano alte le percentuali di ritrovamento, ma che le concentrazioni siano prossime al limite di rilevabilità dei metodi analitici, come visto nell'articolo a lui dedicato. In altre parole, le concentrazioni sono praticamente inesistenti. Il particolato atmosferico a base di cotone, invece, è qualche tonnellata. La pagliuzza glifosate surclassa quindi la trave pulviscolo.
Tutta la verità in due parole
Il servizio di conclude con un intervista a Fabian Tomasi, affetto da polineuropatia tossica, detta anche la malattia del calzolaio, per via delle colle e dei solventi che essi manipolano quotidianamente. Non è quindi cancro, bensì altro tipo di patologia. Era un "uomo bandiera", il povero Fabian. Manipolava gli agrochimici con estrema facilità, facendosi pure bagnare dagli aerei per avere un po' di rinfresco nell'arsura dei campi. Una pratica pressoché quotidiana, protratta per anni. Infine si ammalò. Alla domanda della Iena "Di chi è la colpa", Fabian dà l'unica risposta vera, incontestabile: "Dell'Essere Umano".Eccola la verità, pura e semplice. La colpa della sua malattia, come quelle di molti altri, è del girone dantesco in cui sono state trasformate ben precise aree dell'Argentina: sommerse di rifiuti, polveri sottili, prodotti tossici da combustione, pesticidi irrorati in modo dissennato e senza limiti. Solo che se in una trasmissione italiana si puntasse il dito contro i disastri ambientali, sanitari e sociologici di sconosciute lande d'Oltreoceano, quanti resterebbero sintonizzati? Meglio quindi parlare ossessivamente di glifosate, che questo sì che si usa anche qui e nominarlo di continuo ha tutto il suo effetto?
Pare quindi che lo sciame si sia arricchito di un'altra vespa, di un altro pungiglione. Prima o poi è probabile che vincerà, che ucciderà la vittima designata. Che questa fosse colpevole o innocente, tanto, nel mondo dei clickbait e delle share televisive, a chi vuoi freghi qualcosa?