Negli ultimi anni il termine "sostenibilità" è stato usato sempre più spesso. Talvolta anche a sproposito o con finalità non del tutto trasparenti.
L'ampio orizzonte di significati che ricopre questo termine dà infatti agio a molteplici interpretazioni quando si parli di comparto agricolo: per le frange più ecologiste "sostenibilità" significa per lo più rispetto dell'ambiente; per le filiere e la Gdo assume più una valenza di salubrità dei prodotti; per i produttori e i distributori di agrochimici, macchine e attrezzature significa magari difesa del reddito.
Ovviamente, ciascuno di questi player focalizza maggiormente sul punto chiave dei propri interessi, pur non dimenticando le altre componenti. Almeno a parole.
Infine, vi è una visione più allargata, più completa e obiettiva. Una visione che cerca di mediare fra le differenti componenti della sostenibilità per ricordarsi delle esigenze di tutti senza dimenticarsi del ruolo di alcuno.
Detta con altre parole: rispettare le lecite aspettative di crescita del business agroalimentare e dei settori ad esso collegati, mantenendo il rispetto sia dell'ambiente, sia della salubrità dei prodotti.
Un fine ambizioso e non certo facile da raggiungere, ma non impossibile. Specialmente se il percorso non viene maliziosamente infarcito da interessi di parte o da preconcetti di tipo ideologico.
In un contesto così dibattuto e attuale, solo le realtà aziendali che sapranno in futuro interpretare il concetto di sostenibilità secondo questa visione allargata potranno competere sui mercati. Mercati sempre più competitivi negli aspetti commerciali e dalle regole sempre più stringenti in tema di normative.
 
Una realtà in continua metamorfosi
 
Diachem è una società nota nel mondo della difesa e della nutrizione delle piante. I marchi Chimiberg e Diagro sono infatti ben conosciuti da distributori e agricoltori.
Negli ultimi anni la società bergamasca ha realizzato un vero e proprio salto di qualità, passando da uno status di distributrice di prodotti generici a uno molto più strutturato dal punto di vista organizzativo e produttivo, mostrando in tal modo una crescente padronanza di un'apprezzabile visione di lungo periodo.
Proprio nell'ottica di una crescita non solo economica e commerciale, Diachem ha organizzato presso la propria nuova sede di Caravaggio un convegno di estrema attualità dal titolo "L'agrochimica nel quadro dei recenti orientamenti europei, in un contesto di rispetto per la sicurezza alimentare".
Moderato da Paolo Sgattoni, Marketing Manager Diachem, il convengo è stato aperto dal saluto di Paolo Dubbini, Managing Director Diachem, e di Claudio Benedetti, Direttore Federchimica.
Assecondando così il motto dello scrittore Riccardo Bacchelli che recita "L'agricoltura è l'arte di saper aspettare", il convegno ha permesso di condividere con la platea di tecnici, distributori e giornalisti le novità in materia di "Usi sostenibili" portate da Antonio De Salvo, della Direzione Generale per l'Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione, Ministero della Salute, e da Maristella Rubbiani, del Centro Nazionale Sostanze Chimiche dell'Istituto Superiore di Sanità.
 
Nota: entrambe le presentazioni in formato pdf sono scaricabili cliccando qui
 


Uno sguardo all'evoluzione normativa
 
.: Antonio De Salvo: “Il Regolamento (CE) 1107/2009 ad un anno dalla sua applicazione:  organizzazione in Italia e in UE per la sua attuazione e questioni aperte
 
Il regolamento sulla fissazione dei residui e sulla loro armonizzazione a livello europeo è in piena attuazione e ha già dato i primi risultati.
Per la prima volta sono state infatti introdotte norme su antidoti, sinergizzanti, coformulanti e altri componenti dei formulati commercaili.
Scopo principe del Regolamento è quello di elevare il livello di protezione per l'uomo a tutti i livelli), nonché per l'ambiente. Sono stati individuati così i cosiddetti "Gruppi vulnerabili", ovvero persone esposte particolarmente agli agrochimici, come sono gli operatori per esempio. Oppure donne incinte o bambini, più sensibili a eventuali contaminazioni.
Sono state inoltre individuate i criteri per la definizione di "sostanze a basso rischio", fra le quali non possono rientrare sostanze con frasi di rischio gravi (teratogenesi, cancerogenesi, mutagenesi), oppure esplosive o particolarmente aggressive e tossiche.
Anche la propensione alla bioaccumulazione è stato preso in considerazione, fissando come soglia il valore di 100. Circa la persistenza nell'ambiente, altro punto focale per la valutazione della pericolosità degli agrofarmaci, la DT50 (tempo di dimezzamento di una sostanza) deve essere inferiore a 60 giorni, come pure non deve esservi alcuna azione di tipo endocrino
Le sostanze che non rispettassero questi requisiti sono candidate alla sostituzione. La loro approvazione dura solo sette anni e non più dieci. Come pure le valutazioni sono più severe e complete rispetto a quelle delle sostanze a basso rischio. L'eventuale revoca entra in vigore entro i tre anni successivi alla decisione.
La valutazione delle sostanze attive "non a basso rischio" è di tipo comparativo, ovvero si compendiano rischi e benefici derivanti dalla loro sostituzione e si applica a tutti i prodotti quando il rapporto fra tossicità ed esposizione mostri un valore significativo.
La decisione finale deve ovviamente tener conto anche di eventuali svantaggi pratici della scelta, come per esempio la mancanza di copertura delle colture da alcune specifiche avversità, come pure il rispetto di sagge strategie antiresistenza.
Novità anche in materia di procedure per la registrazione, la quale prevedrà l'autorizzazione "zonale" per area omogenea, come per esempio quella relativa ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. I format della valutazione saranno omogenei fra gli Stati, apportando un'ulteriore semplificazione delle procedure.
In questo scenario uno Stato relatore si prende la responsabilità di tutta l'area. Un aspetto di sicuro interesse è quello che vuole l'impresa proponente che decide quale Stato sarà il relatore.
Gli altri Paesi della zona omogenea, quindi, operano solo una valutazione limitata agli aspetti più critici. È in sostanza il nuovo concetto di "Work-sharing", ovvero la suddivisione del lavoro.
Anche le Gap saranno zonali: l'impresa dovrà quindi tener conto di tutti gli usi previsti nell'area.
Infine la "Risk envelope", cioè la "busta" dei rischi. L'impresa proponente che allestisce il dossier ha cioè l'obbligo di prevedere il "worst case" (caso peggiore) in tutti gli ambiti del dossier.
Sono poi stati fissati periodi ben precisi per la valutazione: sei mesi prima della domanda vera e propria l'azienda proponente deve comunicare una "pre-notifica". I rapporti di valutazione dovranno poi essere disponibili entro otto mesi dalla richiesta.
Gli Stati membri devono infine adottare anche misure che diffondano l'opportuna informazione sulla salute umana e sugli organismi non bersaglio.
Fra gli strumenti individuati ricadono l'incentivo alla Lotta Integrata e biologica, come pure la limitazione degli usi tramite mezzi aerei.
 
 
.: Maristella Rubbiani: “La Direttiva sull’uso sostenibile
 
Contrariamente a un regolamento, una direttiva prevede una tempistica per l'implementazione pari a tre anni, attraverso un piano nazionale di attuazione (Pan). In Italia due anni sono già passati e difficilmente si potrà giungere al completamento nei tre previsti, quindi sono state già previste deroghe.
Obiettivi della direttiva sono la minimizzazione dei pericoli derivanti dall'impiego degli agrofarmaci e il miglioramento dei controlli sull'utilizzo e sulle realtà legate alla distribuzione. Ciò dovrebbe postare alla diminuzione dell'immissione nell'ambiente delle sostanze attive più pericolose, anche grazie all'incentivazione delle coltivazioni a basso impatto.
I pilastri della direttiva sono la riduzione dell'uso, la formazione degli operatori, le strategie Ipm, l'ispezione periodica delle attrezzature, la tutela zone sensibili (zone acquatiche e di interesse naturalistico), la riduzione dei mezzi aerei per la distribuzione in campo e il miglioramento dei processi di manipolazione e stoccaggio dei fitofarmaci. Circa la riduzione degli usi, ogni Stato membro deve stabilire degli specifici indicatori.
Si creerà anche la figura del consulente, il quale dovrà essere debitamente certificato, come pure certificati dovranno essere i dealers e gli utilizzatori, contoterzisti inclusi.
Analogamente, anche sul luogo di vendita degli agrofarmaci dovranno essere presenti figure certificate.
Entro sei anni la vendita dei prodotti per uso professionale sarà limitata solo a chi avrà il certificato, il quale dovrà essere rilasciato dalle Regioni.
Le attrezzature per l'applicazione, botti da diserbo e atomizzatori, dovranno essere ispezionate e certificate entro sette anni dall'implementazione della direttiva e le ispezioni avranno cadenza quinquennale.
La grande attenzione per l'ambiente acquatico fa pensare che vi siano guai seri in vista per tutti quei prodotti che mostrino un elevata propensione verso il comparto acquatico o che abbiano un profilo tossicologico negativo sugli organismi acquatici come alghe, crostacei o pesci.
Ove possibile, potrebbero essere eliminati anche gli usi in aree di tipo civile, con seri limiti nei diserbi delle linee ferroviarie.
Il cosiddetto "Pan", ovvero il Piano d'Azione Nazionale per l'uso sostenibile è stato fissato il 26 ottobre come bozza e non è ancora stato sottoposto al comitato Stato-Regioni. Fino a che non verrà stabilita la versione definitiva, quindi, ogni indicazione attuale va presa con le molle, perché potrebbe essere soggetta a ulteriori modifiche.


La platea dei presenti contava su esponenti della catena commerciale, tecnici e giornalisti