Continua il periodo sfortunato per Cheminova, la celebre multinazionale danese produttrice di agrofarmaci generici (e non solo). Dopo l'annullamento del proprio ricorso al Tar a opera del Consiglio di Stato, che riguardava l'autorizzazione di un agrofarmaco contenente acrinatrina rilasciata dopo la decisione di “non iscrizione” del principio attivo nell'allegato 1 della direttiva 91/414 (per i dettagli dell'intricata vicenda potete consultare l'articolo), il “Tribunale di Primo grado delle Comunità europee (ottava sezione)”, nella sua sentenza del 3 settembre scorso ha respinto il ricorso contro la revoca del Malathion, presentato il 30 agosto del 2007, cui erano stati negati anche i presupposti di urgenza nel dicembre dello stesso anno.
 
A tratti avvincente come un romanzo di Crichton, la sentenza di 45 pagine evidenzia come sia difficile conciliare la certezza del diritto e l'indagine scientifica, nel caso specifico la rilevanza o meno di alcune impurezze e alcuni metaboliti del celebre fosforganico. Per maggiori dettagli rimandiamo gli interessati alla lettura della sentenza, anche se vi consigliamo la versione inglese, in quanto meno infarcita di traduzioni improbabili e soprattutto più rispettosa nei confronti della Cheminova, che mai avremmo immaginato fosse dedita allo “smercio” dei propri prodotti, come invece viene riportato al paragrafo 22 del documento.
 
A parte le sottigliezze linguistiche, il nocciolo della questione è sempre il solito: la sostanza attiva è stata “non inclusa” in quanto il dossier sarebbe risultato privo di alcuni studi che il notificante ha invece presentato, ma essi sono stati valutati solo dallo stato relatore e non sottoposti a peer review. Fatto sta che la causa di merito è stata vinta dalla Commissione e al notificante rimane l'appello al secondo e ultimo grado di giudizio della Giustizia europea, la Corte di Giustizia. Speriamo che prevalga la via scientifica su quella legale: la Cheminova ha presentato il dossier integrativo nel giugno del 2008 nell'ambito della cosiddetta “resubmission” e non dovrebbe tardare il via libera dello stato relatore scelto Regno Unito.
 
Il pareggio è affidato al Napropamide
Più fortuna è toccata alla United Phosphorous, che ha ottenuto la sospensione della decisione di non iscrizione del napropamide, erbicida famoso in europa per il colza, che presto verrà esteso a questa coltura anche in Italia. Le argomentazioni del ricorso parlano di marchiani errori di valutazione da parte della commissione che avrebbe anche impedito al notificante di avvalersi della procedura di “revoca volontaria”. Sarà molto interessante leggere la sentenza di merito quando sarà disponibile, anche se probabilmente non risulterà necessaria in quanto anche in questo caso la “resubmission” è in fase avanzata di valutazione.