Fra le solite chiacchiere che circolano fra gli "esperti" della digestione anaerobica, quella dei digestori che si autoriscaldano è probabilmente la più pittoresca. Secondo i sostenitori di tale tesi, il fenomeno sarebbe da imputare all'utilizzo di sostanze facilmente fermentescibili, come gli insilati, le quali, per qualche insolita e misteriosa reazione metabolica dei batteri, generano calore, contrariamente a quanto si conosce sulla digestione anaerobica fin dai tempi di Pasteur.
 

Le origini del mito

In uno dei tanti papers peer-reviewed che si possono scaricare gratis da internet, un gruppo di ricercatori della Università Boku (Austria) postula il "problema" che, con il crescere delle dimensioni degli impianti di biogas, si rende sempre più frequente la necessità di raffreddarli durante il periodo estivo, per evitare possibili conseguenze negative per la stabilità biologica dell'ecosistema batterico.

Il titolo dello studio è Self-heating of anaerobic digesters using energy crops (Autoriscaldamento dei digestori anaerobici che utilizzano colture energetiche), autori H. Lindorfer, R. Kirchmayr, R. Braun, pubblicato in Water Sci Technol. 2006;53(8):159-66.
Lo studio prende in considerazione il bilancio di energia di un digestore a scala reale, nel quale gli autori misurarono "tutti" i flussi di energia in entrata ed in uscita. Alla fine arrivano alla conclusione che, poiché c'è una componente di calore che non riescono a spiegare, l'origine della stessa deve essere per forza il calore metabolico di qualche misterioso gruppo di batteri ancora da scoprire.

Nelle conclusioni del paper gli autori sottolineano che "esiste una correlazione diretta" fra i digestori che presentano il problema dell'autoriscaldamento e l'utilizzo di insilati nella loro alimentazione, ma che il fenomeno non si manifesta in tutti i digestori e che non è possibile riprodurlo in condizioni di laboratorio, perché "al di sotto di una certa dimensione, il calore metabolico generato dai batteri è inferiore alle perdite di calore del digestore".
 

Quando si perde di vista il bosco per guardare la foglia di un albero

Come in altre occasioni, il sillogismo aristotelico ed il metodo cartesiano sono il caposaldo sul quale baseremo i nostri ragionamenti per capire quale sia la causa del famigerato "autoriscaldamento" dei digestori.

Ricordiamo le regole del sillogismo: 
  • una conclusione può essere vera solo se si basa su presupposti veri;
  • una conclusione basata su presupposti veri, a volte può essere falsa. 

Il metodo cartesiano impone dunque il dubbio sulle conclusioni apparentemente vere, in quanto non necessariamente sono "verità universali". Pertanto, si devono formulare delle ipotesi alternative e, se si arriva alla stessa conclusione, molto probabilmente si sarà di fronte ad una verità assoluta.
Nel caso che ci occupa, è relativamente facile dimostrare che l'aumento di temperatura estivo di un digestore non è causato da esotici e misteriosi fenomeni di "autoriscaldamento biologico" che - leggasi fra le righe nella conclusione del paper sotto analisi - sarebbe necessario ricercare a suon di cospicui finanziamenti.

Molto banalmente, i ricercatori austriaci basano le loro conclusioni su ipotesi false: nel loro bilancio di energia, hanno considerato apporti marginali di calore - l'ossigeno del desolforatore - ma non hanno considerato né l'irraggiamento solare ricevuto dal digestore, né la perdita di calore per convezione, né la perdita di calore per conduzione dal fondo del digestore verso il terreno, e né  il fattore più importante di tutti, la capacità termica del digestore. Quest'ultima, unita al cappotto di isolamento, è responsabile della velocità di risposta del sistema alle variazioni di temperatura esterne, valore che nella pratica è dell'ordine di settimane o perfino mesi.

Analizziamo dunque i fatti oggettivi del problema:
  • La temperatura dei digestori tende a salire fuori controllo solo d'estate. Questo fatto da solo è la spiegazione più semplice del fenomeno: tutti sappiamo che un edificio, per quanto ben isolato termicamente, aumenta la sua temperatura d'estate se ha una buona esposizione solare e non dispone di un sistema di raffreddamento. Come regola di buon senso, non serve andare a cercare spiegazioni astruse ad un fenomeno, quando lo stesso è riconducibile a principi consolidati e perfino regolati da norme tecniche, come appunto l'analisi termica degli edifici.
  • Il fenomeno si riscontra più frequentemente nei digestori più grandi. Per chi abbia anche minime nozioni di edificazione, questo dato è già un forte indizio che la capacità termica sia la causa principale dell'aumento di temperatura fuori controllo, quindi rafforza ulteriormente la prima tesi).
  • La digestione anaerobica è un fenomeno endotermico, cioè richiede calore per poter procedere. Questo è un principio dimostrato da oltre un secolo in migliaia di esperimenti diversi, che portano sempre alla stessa conclusione, per cui lo possiamo classificare come "verità assoluta". Il fatto che il bilancio di energia libera di Gibbs della conversione dell'acido acetico in metano e diossido di carbonio sia negativo (classico indicatore delle reazioni chimiche esotermiche) non necessariamente implica che tutto il processo biologico di digestione sia esotermico, come sostiene qualche "guru" del biogas. Detto in parole molto povere: per i batteri il metano è un rifiuto biologicamente inutilizzabile, a prescindere dal suo potere calorifico elevato, utile solo per la tecnologia umana. Per poter vivere, i batteri traggono dunque energia dall'acido acetico, ma per fare ciò richiedono l'apporto di altra energia, appunto sotto forma di calore. La loro attività biologica non genera calore di per sé, anzi, consuma calore. L'analisi termodinamica della conversione acetoclastica è molto complessa, il lettore interessato ad approfondimenti può trovare una spiegazione esaustiva e rigorosa nello studio Thermodynamic equilibrium model in anaerobic digestion process, di Sung T. Oh e Alastair D. Martin, Biochemical Engineering Journal 34 (2007) 256-266. Di conseguenza, l'affermazione che l'aumento di temperatura "spontaneo" dei digestori sia causato dal calore metabolico dei batteri è falsa, in quanto contraddice fatti largamente confermati sperimentalmente.
  • La "correlazione" fra l'aumento di temperatura dei digestori e la dieta a base di insilati è un effetto, non la causa del fenomeno. La stragrande maggioranza degli impianti di biogas funziona con insilati. Il che non vuol necessariamente dire che non ci sia aumento di temperatura estivo "spontaneo" in altri digestori, per esempio quelli di fanghi fognari. Semplicemente, il loro numero è troppo esiguo e nessuno che eventualmente abbia osservato il fenomeno si è preso la briga di segnalarlo.
  • Infine, come ormai consueto nella "letteratura" centroeuropea sul biogas - e anche in quella nostrana - i ricercatori austriaci peccano di presuntuosità nel considerare le loro misurazioni come se fossero prive di incertezza metrologica. Peccata minuta a confronto con gli errori, ben più grossolani, nella definizione del loro modello di analisi termica.


La spiegazione semplificata del fenomeno

Il modello matematico di scambio termico che meglio rappresenta un oggetto esposto alle intemperie è l'analogia con una rete elettrica. Poiché le formule che regolano i flussi di calore sono formalmente analoghe a quelle che descrivono le correnti elettriche, è perfettamente lecito - e largamente utilizzato dagli ingegneri, perché più comodo - modellizzare l'oggetto in studio come un circuito elettrico passivo. L'involucro (pareti e isolamento del digestore) equivale a delle resistenze, e la massa termica del digerente e delle pareti equivale ad una capacità. I flussi di calore (irraggiamento solare, serpentina di riscaldamento o raffreddamento del digestore) equivalgono a generatori di corrente, e le temperature esterne equivalgono a generatori di tensione.

La Foto 1 mostra il modello "completo". La risoluzione dello stesso secondo la teoria dei circuiti esula dallo scopo divulgativo di questo articolo, ma il risultato ottenuto dall'autore si può sintetizzare in un semplice concetto: poiché la massa termica di un digestore è composta prevalentemente da acqua, sostanza che richiede ingenti quantità di energia per variare la sua temperatura, la sua capacità termica è enorme. Il forte isolamento di cui sono dotati i digestori equivale a una grande resistenza in serie, che in termini matematici si traduce in una elevata "costante di tempo".
In parole povere, ciò significa che eventuali variazioni della temperatura interna si verificano in tempi molto lunghi, dell'ordine di mesi, comparati con le variazioni di temperatura ed irraggiamento solare, che sono giornaliere.

Di conseguenza, se si lascia una grande massa di acqua all'interno di un involucro termicamente isolato, senza dotarla di un controllo attivo (cioè senza fare circolare acqua calda o fredda nei serpentini interni per stabilizzare la temperatura all'occorrenza), la temperatura della stessa seguirebbe la tendenza climatica stagionale.
In altre parole, la temperatura del digestore avrebbe un andamento sinusoidale, compreso fra le temperature minime e massime medie stagionali del luogo, con periodo uguale ad un anno. I progettisti di impianti, specialmente quelli Centro-Nord europei, assumono - erroneamente - che i flussi termici siano solo perdite di calore invernali, tralasciando il periodo estivo, e quindi prevedono l'installazione di serpentini di riscaldamento ma non la possibilità di utilizzare gli stessi per il raffrescamento.

I ricercatori austriaci si sono limitati ad analizzare solo un mese di funzionamento, appunto quello in cui le tendenze delle temperature ed irraggiamento solare sono positive, senza tenere conto né del calore cumulato pregresso e né dell'effetto "costante di tempo".

Il modello termico approssimato di un digestore
Foto 1: Il modello termico approssimato di un digestore. Il circuito equivalente che si ottiene per applicazione successiva dei teoremi di Thévenin e Norton è un capacitore in serie con una resistenza, la cui costante di tempo è dell'ordine di mesi. La variabile d'entrata è una fonte di segnale complessa, la cui trasformata di Fourier ha una fondamentale con periodo pari ad un anno, sovrapposta ad un valore costante (la temperatura nominale del digestore) e piccole armoniche di ordine superiore (le variazioni diurne e la nuvolosità).
Disegno dell'autore

La Foto 2 schematizza tale concetto per una comprensione su basi intuitive. Durante il giorno, il sole che batte sul rivestimento esterno del digestore (solitamente di colore grigio o verde scuro) può portare la temperatura della superficie oltre i 50 °C, talvolta fino a 70 °C. Il calore fluisce dunque dall'esterno verso l'interno, che tipicamente si trova a una temperatura attorno ai 40 °C. La grande massa termica del digestore accumula tale calore durante il giorno, aumentando la temperatura di una frazione di grado. Durante le notti estive la temperatura esterna scende, ma sappiamo che può perfettamente rimanere al di sopra dei 25 °C.
Poiché dotato di un cappotto isolante, il digestore disperde poco calore e la sua temperatura scende di una piccola frazione di grado. Siccome il flusso termico è proporzionale alla differenza di temperatura, e inoltre d'estate il giorno è più lungo della notte - in particolare ad elevate latitudini - il lettore può facilmente capire che la quantità di calore che entra al digestore di giorno è maggiore di quella che ne esce di notte, proprio per l'effetto dell'isolante. Il bilancio di calore è dunque positivo, e la grande massa liquida all'interno del digestore funge da accumulatore, aumentando la sua temperatura lenta ma inesorabilmente man mano che si passa dalla primavera all'estate.

A certo punto il gestore dell'impianto spegne il sistema di riscaldamento, ma il processo prosegue in un apparente "autoriscaldamento" del sistema, non spiegabile dal modello - troppo semplicistico e limitato ad un intervallo di tempo troppo breve - adottato dal gruppo dell'Università Boku. L'introduzione della capacità termica e dell'irraggiamento solare nel modello bioclimatico del digestore spiega inoltre perché in laboratorio non sia mai stato riscontrato alcun "autoriscaldamento": nessuno si è mai messo a simulare in laboratorio né le variazioni di temperatura ambiente stagionali e né l'irraggiamento solare. Tra l'altro tale ricerca sarebbe del tutto inutile, perché esistono già dei programmi, molto usati in edilizia, per simulare con buona accuratezza il comportamento termico dinamico degli edifici.

Il modello concettuale dei flussi di calore, diurno e notturno, attraverso l’involucro del digestore
Foto 2: Il modello concettuale dei flussi di calore, diurno e notturno, attraverso l'involucro del digestore. D'estate la differenza di temperatura diurna è maggiore di quella notturna, e inoltre il giorno è più lungo della notte, quindi il flusso di calore entrante è maggiore di quello uscente, risultando in un innalzamento netto della temperatura del digestore.
Disegno dell'autore

Infine, la "correlazione" con la maggiore fermentescibilità degli insilati freschi è l'ennesimo esempio di fallacia logica (post hoc, ergo propter hoc) che abbiamo già discusso in altri articoli di questa colonna. Nel ragionamento semplicistico dei ricercatori di Boku, poiché si hanno insilati freschi a inizio estate, e l'aumento di temperatura "inspiegabile" del digestore si osserva in tale periodo, allora la causa di tale fenomeno dovrebbero essere gli insilati.
 

Conclusione

Nella mitologia germanica il dio Odino possedeva una lancia magica che, oltre a tanti altri prodigi, era in grado di accendere i sassi e mantenere eternamente le fiamme senza che vi fosse legna o altro combustibile visibile. L'uomo ha sempre sognato con la magia, cioè la capacità di scappare alle leggi della fisica. E' comprensibile che popoli vissuti 2mila anni fa credessero nelle leggende di Odino e altre deità, ma stupisce che nel XXI secolo ci siano ancora individui i quali credono che possano esistere forze biologiche capaci di scappare alle leggi della termodinamica.
Stupisce ancora di più che una tesi avente la stessa validità scientifica della leggenda della lancia di Odino, abbia superato il cosiddetto processo di peer reviewing, ottenendo la pubblicazione in una rivista di prestigio. Ma la cosa più stupefacente è che tali leggende vengano accettate acriticamente, al punto di diventare quasi dogmi di fede, perfino per professionisti del settore.