Il clima è sempre meno prevedibile. Se nei decenni passati gli agricoltori, del Nord come del Sud Italia, potevano contare su una certa ciclicità degli eventi atmosferici, negli ultimi anni il grado di incertezza è aumentato. E così ad estati siccitose come quella del 2022 si susseguono anni piovosi, come è stato il 2023.
Il fatto indubbio è che l'acqua diventerà sempre di più un fattore produttivo chiave per l'agricoltura e tutte le aziende agricole dovranno, prima o poi, iniziare ad avere una gestione accorta di questo bene che potrebbe diventare scarso.
Gestire l'acqua significa avere delle infrastrutture in grado di immagazzinarla per distribuirla nel periodo del bisogno, così come un sistema di trasporto e di irrigazione, sia a livello locale che aziendale, per portare l'acqua dove serve quando serve.
Già, il quando. Perché se una volta si irrigava a calendario o quando si aveva l'acqua a disposizione, o ancora quando lo faceva il vicino, oggi è imperativo usare una risorsa scarsa solo quando le piante lo richiedono. In altre parole, non sprecare risorsa idrica ma irrigare solo nei momenti in cui il suolo non può più sostenere la crescita della coltura.
E per farlo occorre poter misurare la quantità di acqua presente all'interno del suolo. Per capire quali sono i metodi oggi a disposizione per misurare l'umidità del terreno ci siamo rivolti a Mirko Castellini, ricercatore del Centro Crea Agricoltura e Ambiente di Bari, che si occupa proprio di gestione della risorsa acqua.
Sommario:
- Suolo, acqua e radici
- Quanta acqua c'è nel terreno?
- Tensiometri e potenziale matriciale
- I metodi dielettrici
- Metodo TDR, Time Domain Reflectometry
- Metodo FDR, Frequency Domain Reflectometry
- La calibrazione dei sensori di umidità del suolo
- Metodo a neutroni
- Sensori, indispensabili alleati dell'agricoltore
Suolo, acqua e radici
Innanzitutto occorre dire che non tutti i suoli trattengono l'acqua, piovana o fornita tramite l'irrigazione, allo stesso modo. In generale, più la struttura di un terreno è grossolana, ricca di scheletro, meno sarà in grado di trattenere acqua. E viceversa. Ad influenzare la ritenzione ci pensano anche la tessitura e la percentuale di sostanza organica (più è elevata più il suolo trattiene l'acqua), nonché la pendenza (i terreni in cima ad una collina si asciugano prima).
La forza che trattiene l'acqua nel terreno è nota come tensione matriciale, ovvero la pressione negativa che il terreno esercita sull'acqua per interazione con la matrice solida. Tale tensione è la risultante delle forze di coesione e di adesione e rappresenta la forza con cui l'acqua è attratta e trattenuta nei pori del suolo. I suoli con pori più piccoli, come quelli argillosi, tendono ad avere tensioni matriciali più elevate rispetto a quelli con pori più grandi, come i suoli sabbiosi.
A questi fattori strutturali si aggiungono quelli agronomici, come ad esempio le lavorazioni del terreno. Terreni fresati, in cui cioè viene rotto lo strato superficiale di suolo, trattengono meglio l'acqua durante i periodi caldi, in quanto si viene ad interrompere la risalita capillare. Così come i suoli inerbiti "consumano" più acqua a causa dell'attività vegetativa del cotico erboso.
Quanta acqua c'è nel terreno?
Per capire quanta acqua c'è all'interno del terreno il metodo più preciso, ma totalmente inattuabile in campo, è quello diretto. Come ci spiega Castellini, consiste nel prelevare una unità di suolo, pesarla ed inserirla in una stufa per essiccazione (a 105°C per 24-48 ore). Pesandola dopo l'essiccamento in stufa è possibile misurare la quantità di acqua che era contenuta nel terreno.
"Si tratta di un approccio poco pratico, anche se preciso. Per questo motivo oggi si usano metodi indiretti, che correlano una caratteristica fisica del suolo con il contenuto di acqua. Ad esempio, un tensiometro misura il potenziale matriciale da cui si può dedurre il contenuto idrico", ci spiega Mirko Castellini. "Oppure si può utilizzare la riflettometria nel dominio del tempo (TRD) o delle frequenze (FDR). Infine è anche possibile usare il metodo a neutroni".
Tensiometri e potenziale matriciale
Una delle principali proprietà del suolo è la curva di ritenzione, quella funzione cioè che descrive il legame tra il contenuto idrico del suolo e il potenziale matriciale, che non è altro che la forza con cui il suolo trattiene l'acqua. Per semplificare, per un dato valore dell'umidità, un suolo argilloso avrà un potenziale matriciale superiore rispetto a quello sabbioso.
Nota la curva di ritenzione idrica di suolo, conoscendo il potenziale matriciale del terreno, che può essere ottenuto attraverso analisi di laboratorio e che varia da terreno a terreno, è possibile risalire al contenuto di acqua grazie all'utilizzo di un tensiometro.
Il tensiometro è un sensore che misura la forza con cui il terreno "attira" l'acqua e la trattiene. Il sensore si compone solitamente di un tubo in pvc riempito di acqua alla cui estremità è sistemata una capsula in un materiale poroso, come la ceramica. Sul lato opposto vi è un sensore che misura le variazioni di pressione all'interno del tubo. Più il terreno "succhia" acqua dal cilindro, maggiore sarà la depressione che si formerà all'interno dello strumento e che il sensore misurerà.
Il valore registrato dal tensiometro deve essere utilizzato per interrogare la curva di ritenzione che indicherà quindi il corrispondente valore di contenuto idrico volumetrico.
Riassumendo, in laboratorio viene realizzata la curva di ritenzione idrica di un determinato suolo, che mette in correlazione il potenziale matriciale e il contenuto idrico volumetrico. Il potenziale matriciale viene misurato costantemente in campo da un tensiometro e utilizzando la curva di ritenzione idrica del suolo associato si ottiene il contenuto idrico volumetrico.
I pro di questo metodo sono il basso costo dei tensiometri e la buona precisione della stima del contenuto idrico. I contro sono la necessità di ottenere le curve di ritenzione, che richiedono almeno inizialmente un'analisi di laboratorio, per ogni tipologia di terreno. Inoltre c'è la necessità di manutenere costantemente i sensori, ad esempio rabboccando l'acqua nei tubi. Infine, permettono delle misurazioni abbastanza superficiali e non sono dunque adatte per gli impianti arborei.
I metodi dielettrici
Un altro approccio è quello dei metodi dielettrici. Essi stimano il contenuto di acqua del suolo misurando la permettività, o costante dielettrica del suolo, che determina la velocità di un'onda elettromagnetica attraverso il terreno.
In un materiale composito come il terreno, cioè costituito da diversi componenti come minerali, aria e acqua, il valore della permettività è costituito dal contributo relativo di ciascuno dei componenti: solidi, liquidi (l'acqua) e gas (l'aria). Dal momento che la costante dielettrica dell'acqua liquida è molto maggiore (circa 81) rispetto a quella degli altri costituenti del suolo (2-5 per i minerali del suolo e 1 per l'aria), la permettività totale del sistema suolo è principalmente governata dalla presenza di acqua.
Usando la costante dielettrica del suolo sono state sviluppate due tipologie di sensori: TDR, Time Domain Reflectometry, e FDR, Frequency Domain Reflectometry.
Metodo TDR, Time Domain Reflectometry
Il metodo TDR, Time Domain Reflectometry, è una tecnica che utilizza la variazione della velocità di propagazione di impulsi elettromagnetici nel suolo per stimare il contenuto di acqua. In generale, più un suolo è ricco di acqua, più la trasmissione degli impulsi viene rallentata.
Ecco come funziona il metodo TDR:
- Viene inserita nel suolo una sonda TDR, che emette impulsi elettromagnetici a una frequenza nota.
- Gli impulsi elettromagnetici si propagano attraverso il suolo. La velocità di propagazione degli impulsi dipende dalla costante dielettrica del mezzo attraverso il quale si stanno muovendo. Il valore dielettrico, a sua volta, è influenzato dal contenuto di acqua del suolo.
- Quando gli impulsi attraversano una zona del suolo con una diversa conducibilità elettrica, parte dell'energia viene riflessa indietro verso la sonda.
- La sonda TDR misura il tempo trascorso tra l'emissione dell'impulso e il suo ritorno, ovvero il tempo di riflessione. Questo tempo è direttamente correlato alla velocità di propagazione degli impulsi, che a sua volta è influenzata dalla quantità di acqua nel suolo.
- Anche in questo caso ci sono delle tabelle, tipiche di ogni terreno, che mettono in correlazione il valore di TDR con il contenuto idrico.
Applicazioni del TDR (angolo di inserzione orizzontale, verticale o a 45° delle sonde) per studiare la variazione del flusso idrico nel suolo, durante esperimenti di infiltrazione
(Fonte foto: Mirko Castellini, ricercatore del Centro Crea Agricoltura e Ambiente)
Il metodo TDR è apprezzato per la sua precisione e perché il sensore non necessita di essere calibrato. È tuttavia un metodo abbastanza costoso, inoltre non è adatto a certi tipi di suolo, come ad esempio quelli vulcanici, molto argillosi o con elevato contenuto di sostanza organica. In questi casi si dovrebbe procedere ad una specifica calibrazione.
Metodo FDR, Frequency Domain Reflectometry
Il metodo FDR, Frequency Domain Reflectometry, è un'altra tecnica che sfrutta l'influenza dell'acqua sulla costante dielettrica del suolo, in particolare andando a misurare non il tempo di riflessione (come nel TDR), ma la modifica all'ampiezza della frequenza del segnale elettromagnetico emesso.
Ecco come funziona il metodo FDR:
- Una sonda FDR viene inserita nel suolo. Questa sonda è costituita da due elettrodi metallici posti a una certa distanza l'uno dall'altro.
- Gli elettrodi vengono usati per generare un segnale elettrico.
- Il campo elettrico tra gli elettrodi della sonda si propaga nel suolo.
- La presenza di acqua nel suolo influisce sulla costante dielettrica del mezzo.
- Parte del segnale viene riflesso verso la sonda quando incontra una regione del suolo con diverse proprietà elettriche, come il passaggio da un terreno più asciutto a uno più umido.
- La sonda misura il segnale riflesso e la sua fase, che sono influenzati dalla distribuzione del contenuto idrico del suolo.
Il metodo FDR è sempre più apprezzato in quanto è veloce, preciso ed abbastanza economico. È oggi la scelta principale per chi vuole avere delle misure attendibili dell'umidità del suolo, anche se il sensore necessita di essere calibrato.
Pozzetto di accesso in pvc per il monitoraggio del contenuto idrico del suolo in cassoni presso il Crea-AA di Bari con la sonda Diviner 2000 (Sentek)
(Fonte foto: Mirko Castellini, ricercatore del Centro Crea Agricoltura e Ambiente)
La calibrazione dei sensori di umidità del suolo
I sensori hanno bisogno di essere calibrati per offrire una stima più precisa della quantità di acqua presente nel terreno. Occorre poi sempre considerare l'obiettivo aziendale. Se infatti l'agricoltore necessita di avere una stima con un errore di qualche punto percentuale ed è interessato soprattutto alle variazioni di umidità, i sensori possono essere utilizzati tal quali. Se invece si vuole un maggiore dettaglio, è necessaria la calibrazione, da effettuare in laboratorio.
Come spiegato da Castellini, un metodo per calibrare un sensore è il seguente:
- Si prende un tubo di pvc di un diametro abbastanza elevato, 15-20 centimetri e si chiude ad una estremità con una garza.
- Si riempie il tubo con la terra in riferimento alla quale si vuole calibrare la sonda e si immerge nell'acqua, in modo che si saturi.
- Si lascia poi sgocciolare il tubo, in modo che l'acqua gravitazionale esca e rimanga solo quella trattenuta dal terreno. Adesso il suolo è sostanzialmente alla capacità idrica di campo.
- Si inserisce il sensore e si pesa il tubo.
- Si realizza poi una tabella, da aggiornare giornalmente e fino a quando non saranno registrate più variazioni di peso. Nella tabella devono essere presenti il peso e la lettura del sensore.
Una volta determinato il contenuto idrico del campione con metodo termogravimetrico, si potranno così correlare le misure dirette (laboratorio) con quelle fornite dalla sonda.
Monitoraggio simultaneo del contenuto idrico per via diretta (pesata) e indiretta per la calibrazione della sonda, in un suolo franco sabbioso argilloso allo studio nell'ambito del progetto Genoforagris "Fenotipizzazione di genotipi di olivo resistenti a Xylella fastidiosa e messa a punto di un modello di gestione agronomica ad elevata sostenibilità"
(Fonte foto: Mirko Castellini, ricercatore del Centro Crea Agricoltura e Ambiente)
Metodo a neutroni
Si tratta di un metodo estremamente preciso, ma che viene usato solo da alcuni istituti di ricerca. A titolo conoscitivo, si basa sulla capacità degli atomi di idrogeno contenuti nelle molecole di acqua di rallentare i neutroni emessi da un materiale radioattivo (come il polonio-berillio o il californio-252).
Il metodo di funzionamento è il seguente:
- Viene utilizzata una sorgente di neutroni, spesso un isotopo radioattivo, che emette neutroni che sono lanciati verso il suolo.
- I neutroni interagiscono con gli atomi di idrogeno presenti nelle molecole d'acqua. Durante questa interazione, alcuni neutroni vengono rallentati e altri vengono assorbiti.
- Sono posizionati dei rivelatori di neutroni intorno all'area di interesse. Questi rivelatori misurano il flusso di neutroni che ritorna dalla zona esaminata.
- Dopo un'attenta calibrazione è possibile stimare il contenuto idrico, anche in strati profondi del terreno, sulla base delle caratteristiche dei neutroni riflessi dalle molecole di acqua.
Sensori, indispensabili alleati dell'agricoltore
Concludendo, occorre precisare che tutti i sensori oggi in commercio offrono una stima attendibile dell'umidità del terreno e si può optare anche per sensori smart, in grado cioè di inviare il dato di lettura o direttamente in cloud oppure ad un gateway che fa da tramite tra il sensore e il cloud. In questo modo l'agricoltore, tablet alla mano, può visualizzare in tempo reale l'andamento dei valori di umidità del suolo.
Inoltre va detto che se una calibrazione è sempre consigliata, la sua utilità si osserva soprattutto in chi opera in colture ad alto valore aggiunto, dove anche un errore del 3-4% sull'umidità del terreno può influire sulla riuscita della produzione. In altre colture, come quelle estensive, la calibrazione non è sempre necessaria.
Applicazione del TDR in una ricerca in vaso per la valutazione del miglioramento del contento idrico di un suolo argilloso mediante carbone vegetale (biochar)
(Fonte foto: Mirko Castellini, ricercatore del Centro Crea Agricoltura e Ambiente)
Bisogna poi dire che le sonde restituiscono un dato puntuale del terreno in cui vengono inserite e dunque la scelta della posizione è cruciale e deve essere rappresentativa dell'intero campo. Si sconsiglia dunque di posizionarle in capezzagna o in zone non coltivate.
Infine bisogna sempre tenere in considerazione che il suolo è un ambiente tridimensionale e dunque i sensori devono essere installati a diverse profondità per avere un'idea dell'acqua che le piante hanno a disposizione. Per colture orticole basta dunque un sensore inserito superficialmente nel terreno, come un tensiometro, mentre per colture arboree, come la vite, sarebbe meglio avere due-tre sensori (ad esempio TFR) che esplorino il terreno fino a 70-80 centimetri di profondità.