Risorsa limitata e fondamentale per la vita e per l'agricoltura: l'acqua resta una delle priorità, al centro dell'attenzione anche della Politica Agricola Comune (Pac), che ne ha colto l'importanza al punto da farla rientrare fra i nove obiettivi strategici. I cambiamenti climatici ci hanno messo di fronte alla necessità se non ancora di razionarla, quanto meno di impiegarla con intelligenza, tanto più in una stagione come quella in corso, dove con oltre 120 giorni di siccità nel Nord Italia, il livello del Po ha toccato un nuovo record negativo di portata: 170 metri cubi al secondo lo scorso 21 aprile, contro i 232 metri cubi al secondo (precedente record negativo), registrati il 9 agosto 2017.
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Un fiume Po in secca, che con i suoi 652 chilometri attraversa la Pianura Padana, una delle aree più fertili e maggiormente irrigue del Pianeta, significa allerta per le produzioni agricole e agroalimentari del made in Italy, comparto sempre più rilevante sul piano economico per un Paese come il nostro.
Gli agricoltori sono chiamati sempre più a utilizzare con parsimonia l'acqua e alcune soluzioni tecnologiche di smart irrigation indubbiamente possono aiutare. Centraline di rilevamento meteo possono avvertire in caso di pioggia imminente. "Se so che piove, non irrigo", spiega con estrema semplicità Luca Corelli Grappadelli, docente di Arboricoltura e Colture Arboree all'Università di Bologna, da anni impegnato nello studio sull'interazione fra piante e ambiente e responsabile scientifico del progetto "S3O, Smart Specialized Sustainable Orchard", con l'obiettivo di arrivare ad un meleto sostenibile e ad una migliore gestione dell'acqua nell'ambito agricolo.
Ascolta l'intervento di Luca Corelli Grappadelli e di altri esperti.
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In questo caso si va oltre le tecnologie innovative, come sensori, centraline, rilevatori di umidità nel terreno che consentono di dosare i quantitativi corretti di acqua. Si è approdato a un nuovo modello agronomico gestionale, che prevede di ridurre l'intensità della luce nel meleto. La luce genera calore, è evidente, "riscalda le foglie, che poi hanno bisogno di acqua per raffreddarsi, e allo stesso tempo danneggia apparati fotosintetici quando la luce è troppo intensa" racconta il professor Corelli Grappadelli. "Abbiamo così previsto un intervento per ridurre la quantità di luce sul frutteto, senza perdere quantità e qualità dei frutti, che, anzi, è migliorata". Operazione abbastanza semplice.
In Italia più del 50% del volume d'acqua usato ogni anno è destinato all'irrigazione, con il 15% di essa che deriva da fonti sotterranee non rinnovabili. Secondo l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), in Italia il 60% dell'acqua è destinato a fini agricoli. È fondamentale, in quest'ottica, operare per migliorare l'efficienza della rete irrigua, così da ridurre gli sprechi di acqua, che provocano un immenso danno economico, non soltanto per gli agricoltori.
Sempre secondo l'Ispra, le perdite legate all'inefficienza delle reti irrigue si aggirano intorno al 35%, più di un terzo.
A questo, si devono aggiungere - effetto di una progressiva tropicalizzazione del clima - le perdite riconducibili ad eventi climatici estremi, che nel 2021 hanno toccato il valore monstre di oltre 2 miliardi, secondo i calcoli di Coldiretti.
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La coltivazione in serre hi tech può essere una strategia per ridurre gli input di acqua per alcune colture, estendendo allo stesso tempo i cicli produttivi su periodi più lunghi.
Anche la ricerca genetica, per migliorare con Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea), permette di ottenere piante più resistenti agli stress idrici o in grado di ottimizzare la quantità di acqua o di ridurre il fabbisogno stesso di acqua.
Su questo punto si è soffermato anche Claudio Lovisolo, professore ordinario di Fisiologia Vegetale, Disafa, Università di Torino.
Guarda la videointervista a Claudio Lovisolo.
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Restano comunque alcuni nodi da sciogliere e questioni da affrontare su scala europea, soprattutto in questa nuova fase in cui dopo il covid-19 e l'esplosione del conflitto in Ucraina con l'invasione da parte della Russia, il tema dell'autosufficienza alimentare è tornato ad essere di stretta attualità.
Sul tema è intervenuta nei mesi scorsi la Corte dei Conti Europea e, "con riferimento al Secondo Pilastro della Pac e, in particolare, agli investimenti per l'ammodernamento delle infrastrutture irrigue o l'installazione di infrastrutture di irrigazione ex novo finanziati dal Feasr, la Corte dei Conti segnala che andrebbero evitati aumenti di superficie irrigabile che potrebbero comportare un aumento di pressioni sui corpi idrici. Inoltre, anche l'aumento dell'efficienza dei sistemi di irrigazione sembrerebbe non sempre comportare un risparmio idrico complessivo".
Parole che invitano a riflettere: come è possibile implementare le aree agricole per ridurre la dipendenza dalle importazioni di cereali e semi oleosi, evitando di aumentare le superfici irrigabili? E se l'aumento dell'efficienza dei sistemi di irrigazione sembrerebbe non sempre comportare un risparmio idrico complessivo, quale dovrà essere la strada prioritaria per ridurre l'utilizzo di acqua nei campi? Sembrerebbe che l'unica risposta possibile sia legata all'innovazione genetica. Se così fosse, allora è necessario superare gli scogli legislativi che vietano le sperimentazioni in campo, perché il percorso dal laboratorio al campo è inevitabile.
"La Pac 2023-2027 - informa Pianeta Psr - proseguirà l'impegno nella promozione di un'agricoltura sostenibile con un'accresciuta ambizione ambientale, attraverso la condizionalità rafforzata, gli ecoschemi e le misure dello sviluppo rurale". Inoltre, "il Regolamento sui Piani Strategici per la Pac 2023-2027 impone di tener conto dei piani ambientali e climatici nazionali e lo stesso articolo sugli investimenti irrigui richiede che l'area interessata dall'investimento sia compresa in un Piano di Gestione di Distretto Idrografico, e che le misure rilevanti per il settore agricolo debbano essere specificate nei relativi Programmi di Misure".
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La parola d'ordine, quando si parla di acqua, sembra essere una sola: cooperare, perché un bene comune va gestito con impegno da parte di tutti i soggetti. Agricoltori in primis.