Arancia, lime, mandarino, mandarancio, pompelmo, limone, pomelo, cedro, chinotto, bergamotto. Tutti questi agrumi ci accompagnano dall'autunno all'estate e sono apprezzati dai consumatori per i colori intensi, la polpa succosa e per la vitamina C.
Ma i consumatori non si accontentano più solo di queste caratteristiche e cercano una condizione imprescindibile oggi per il mercato: l'assenza totale di semi.
Però come fa il seme, il principale mezzo di propagazione della pianta, a non essere presente all'interno del frutto?
AgroNotizie® in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana entra nei dettagli di come la ricerca abbia sfruttato il fenomeno della sterilità: da problema in natura a vantaggio per l'agrumicoltura.
Piante non compatibili, per frutta più apprezzata
"L'assenza di semi nelle varietà di arancio e mandarino è diventata una condizione imprescindibile per l'accesso ai mercati, soprattutto quelli della grande distribuzione. Essendo una condizione imprescindibile, l'apirenia è un carattere a cui si presta particolare attenzione nella costituzione di nuove varietà" - introduce così Marco Caruso, ricercatore presso il Crea Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura di Acireale (Ct).
Difatti quasi tutte le varietà di arance, pompelmi e mandarini attualmente presenti sui mercati sono apirene, cioè completamente sprovviste di semi. Oppure vengono indicate come low seeded, ovvero che ogni frutto possiede 1-2 semi massimo.
L'unica eccezione è il mandarino comune Avana e per il Tardivo di Ciaculli, che nonostante la presenza di semi, mantiene ancora delle nicchie di mercato perché apprezzato per il suo aroma.
Negli ultimi anni sta crescendo negli operatori del settore anche un interesse verso i limoni senza semi.
L'apirenia si manifesta con diverse forme di sterilità: maschile dovuta a polline non vitale, femminile dovuta a ovuli sterili, per aborto prematuro dell'embrione durante le prime fasi di crescita del seme oppure per l'autoincompatibilità.
Ed è quest'ultima forma di sterilità, ovvero l'autoincompatibilità, che interessa maggiormente gli agrumicoltori.
L'autoincompatibilità e la partenocarpia
L'autoincompatibilità è una vera e propria strategia produttiva che previene l'autofecondazione su una stessa pianta o su piante della stessa varietà.
Il gamete maschile (polline), anche se vitale, non riesce a fecondare il gamete femminile (ovulo) a causa di specifici meccanismi genetici come, per esempio, l'incompatibilità gametofitica che è regolata da una regione genomica nota come locus S.
Questo fenomeno è stato studiato nel tempo ed è noto in diversi gruppi tassonomici (Brassicaceae, Papaveraceae, Solanaceae, Rosaceae, Plantaginaceae, Rutaceae), non solo negli agrumi.
Il pistillo, che compone il carpello fiorale, ed è costituito da stigma, stilo e ovario riesce tramite l'incompatibilità gametofitica a riconoscere il polline con la stessa composizione genetica. Bloccando così la germinazione o l’allungamento del polline e impedendo quindi il processo di fecondazione dell'ovulo
Fonte foto: AgroNotizie
In poche parole, l'incompatibilità gametofitica è una forma di sterilità che riesce a riconoscere, grazie al locus S, i gameti maschili e femminili della varietà con la stessa composizione genetica bloccando a priori l'autofecondazione.
Non potendosi autofecondare questo meccanismo, in natura, funge da sistema di controllo per favorire l'incrocio nella specie e quindi la variabilità genetica.
In agrumicoltura però sfruttare solo l'autoincompatibilità o altre forme di sterilità non basta.
Infatti, occorre precisare che la possibilità di ottenere frutti apireni è strettamente legata anche alla presenza di partenocarpia: una caratteristica del sistema produttivo che permette, anche in assenza di fecondazione, lo sviluppo di un frutto privo di semi. Ed è una caratteristica tipica di molte varietà di agrumi.
In foto, clementine comuni apirene ottenute in assenza di fecondazione incrociata
Fonte foto: Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell'Università degli Studi di Catania
"È fondamentale – continua Caruso - che gli agricoltori conoscano le principali caratteristiche della biologia riproduttiva delle varietà che intendono coltivare, per evitare la consociazione di varietà interfertili che porterebbe alla produzione di frutti con semi".
Varietà come il mandarino Nova o il Clementine sono sia partenocarpiche che autoincompatibili. Perciò possono produrre frutti senza semi in condizioni di isolamento, grazie alla partenocarpia, ma possono anche produrre frutti con semi nel caso in cui esse siano coltivate in prossimità di altre varietà interfertili.
Quindi se per alcune specie e varietà come nel caso di mandorlo, albicocco, pero, nocciolo e ulivo la combinazione di più varietà interfertili o l'utilizzo di varietà autocompatibili è fondamentale per la produzione dei frutti, negli agrumi tali strategie porterebbero alla produzione di frutti difficilmente commercializzabili.
Diverse strategie, stesso risultato
"L'ottenimento di frutti apireni può essere conseguito attraverso diverse metodologie – spiega Stefano La Malfa, docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell'Università degli Studi di Catania - che includono l'applicazione di tecniche colturali, l'induzione di mutazioni o specifici programmi di breeding che comprendono anche la manipolazione della ploidia".
Con la manipolazione della ploidia si ottengono ibridi triploidi cioè piante che all'interno del proprio corredo genetico hanno un cromosoma presente in tre copie (3n). Questo fenomeno viene chiamato triploidia e comporta una fertilità estremamente ridotta o addirittura assente.
Per esempio, il Tacle, il Mandared o i più recenti Ealy Sicily, Ionio e Red Sunset sono varietà triploidi di mandarino ottenute da programmi di miglioramento genetico, mentre la Lima di Tahiti è un ibrido triploide naturale.
In foto, mandarini triploidi della varietà 'Ionio' completamente sprovvisti di semi
Fonte foto: Crea Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura di Acireale
Un'altra strategia prevede l'identificazione di selezioni autoincompatibili e partenocarpiche che devono essere coltivate in condizioni di isolamento per produrre frutti senza semi.
Per esempio, molte varietà di clementine e il Nova, già citate, sono state ottenute in questo modo così come anche altre importanti varietà quali Afourer o Nadorcott, Ellendale e Fortune che presentano autoincompatibilità.
Un altro metodo per ottenere varietà apirene o a basso numero di semi prevede l'irraggiamento con mutageni fisici, come i raggi gamma. Attraverso questa strategia è stato possibile ottenere selezioni commerciali quali Orri, Murina e Leanri a partire da varietà con semi.
Inoltre, esistono nuove tecniche di breeding quali il genome editing, basate sull'ingegneria genetica e le colture in vitro, che sono state sviluppate per assicurare la produzione di nuove cultivar con caratteri desiderati riducendo gli spazi e i tempi richiesti dalle tecniche di breeding convenzionale.
"Alcune di queste tecniche - continua La Malfa - sono applicate all'Università di Catania e al Crea anche con riferimento al carattere ‘assenza di semi nei frutti', attraverso la manipolazione di geni coinvolti nella formazione del seme e probabilmente nei prossimi anni si vedranno i primi risultati".
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