Storicamente contraddistinto da interventi perlopiù manuali, anche il settore orticolo ha aperto le porte alla meccanizzazione agricola.
Se la messa a dimora delle ortive è ormai eseguita esclusivamente con seminatrici o trapiantatrici meccaniche, c'è ancora molto da fare in diversi ambiti tra cui la raccolta, meccanizzata in meno del 50% dei casi.

E ancora, se è vero che nelle coltivazioni di baby leaf e di molti ortaggi da pieno campo il grado di meccanizzazione arriva all'80%, le coltivazioni di insalate da pieno campo - a detta di Giuseppe Gatti, responsabile del servizio agronomico dell'Organizzazione di Produttori (OP) Isola verde - "sono ancora gestite prevalentemente a mano, perché mancano macchinari sufficientemente evoluti o, se esistono, sono troppo grandi e quindi inadatti alle piccole superfici italiane".

 

Uno sguardo al mercato

La crescente importanza del comparto orticolo a livello europeo e italiano ha contribuito alla meccanizzazione del settore.
Oggi la produzione europea di ortive (patate escluse), in leggera crescita dagli anni '90, si attesta su volumi pari a 60 milioni di tonnellate. L'Italia, al primo posto tra i produttori UE, nel periodo 2012-2016 ha registrato una produzione media pari al 12% del totale (Fonte: elaborazione CSO Italy su dati Fao). Ciò nonostante, la produzione nazionale di ortaggi è calata dalle 15 milioni di tonnellate del 2010 alle 14 milioni e 400 mila tonnellate del 2017. In linea con i risultati produttivi, anche le superfici orticole sono scese dai 530 mila ettari del 2010 ai 480 mila dell'anno scorso.

La lettura dei dati relativi alla produzione italiana di ortive nel periodo 2015-2017 evidenzia un 89% di coltivazioni in pieno campo e solo un 11% di coltivazioni in serra. Tra i prodotti più diffusi, il pomodoro da industria (36%) e la patata (9%), seguiti da pomodori, insalate, cavoli, melone e cocomero (Fonte: elaborazione CSO Italy su dati Istat).
 
Pomodoro da industria e patata, colture dominanti la produzione orticola in Italia (Fonte: © CSO Italy)
Pomodoro da industria e patata, colture dominanti la produzione orticola in Italia (Fonte: © CSO Italy). Clicca sull'immagine per ingrandirla

A livello regionale, Sicilia, Campania, Emilia Romagna e Puglia primeggiano per volumi, contribuendo rispettivamente con il 10%, il 19% e il 21% alla produzione nazionale (Fonte: elaborazione CSO Italy su dati Inea). Negli ultimi anni, si evidenzia una lieve tendenza all'aumento della dimensione media aziendale - parliamo comunque di superfici medie intorno ai 2.36 ettari (Fonte: VI Censimento dell'agricoltura Istat, 2010) - e all'incremento della concentrazione dell'offerta.
Un'evoluzione interessante, relativa ai trend osservati recentemente, è la crescita dell'orticoltura biologica (disciplinata dal Regolamento CE n. 834/2007) che ha fatto da volano alla domanda di mezzi tecnici per la gestione delle operazioni in campo su larga scala.

 

Cosa bolle nella pentola dell'orticoltura biologica?

Chi sposa il metodo bio - su un totale nazionale di 198.814 aziende, 7.324 realtà gestiscono 41.350 ettari di superficie parzialmente biologica e 3.233 coltivano 19.579 ettari di superficie totalmente biologica - deve abbandonare l'uso di composti chimici di sintesi a favore di tecniche alternative per la fertilizzazione e la difesa delle ortive (pirodiserbo, diserbo meccanico e pacciamatura) che richiedono macchinari specifici.

Un'eventuale spinta, capace di rendere ancora più interessante per i costruttori di macchine agricole il comparto, è la possibile evoluzione delle normative verso misure più stringenti che potrebbero ridurre ulteriormente la gamma di fitofarmaci utilizzabili. In tale ottica, chi applica il metodo convenzionale potrebbe decidere di integrare la lotta chimica con interventi meccanici, da eseguire con attrezzature nate per l'orticoltura bio, ma impiegabili anche nella gestione convenzionale delle ortive.

 

Macchine agricole, paladine degli ortaggi

Controllare le avversità senza l'ausilio degli agrofarmaci non è facile.
Tuttavia, le aziende biologiche a destinazione orticola - oggi concentrate nelle regioni centro-meridionali - possono ottenere ottimi risultati combinando pratiche agronomiche preventive (avvicendamenti, rotazioni, irrigazione localizzata, falsa semina) con azioni per il potenziamento della competitività delle ortive (impianto razionale, trapianto, adozione di cultivar a ciclo breve e competitive, concimazione localizzata) e con operazioni meccaniche.

Tra gli interventi meccanici, di comprovata efficacia sono la preparazione del letto di semina con erpici leggeri, la lavorazione del terreno in pre-semina e pre-emergenza con erpici rompicrosta/strigliatori o con macchine da pirodiserbo - efficaci su malerbe allo stadio cotiledonare fino a 3 foglie - nonché l'erpicatura, la sarchiatura e la rincalzatura in post-emergenza.
In quest'ultima fase, si prestano al controllo parziale delle infestanti sulla fila erpici rompicrosta/strigliatori, sarchiatrici con dita rotanti o denti elastici, sarchia-rincalzatrici, attrezzature da pirodiserbo, mentre lavorano tra le file fresatrici, sarchiatrici, spazzolatrici, sarchia-separatrici (performanti anche su malerbe ben sviluppate). "Anche le scerbatrici supportano il diserbo in orticoltura biologica, ma sono ancora troppo costose e quindi poco diffuse" spiega Maurizio Vittori, agronomo dell'OP Mioorto.

Lo sviluppo delle malerbe, particolarmente dannoso con ortaggi ancora giovani e deboli, dev'essere assolutamente contenuto nella maggior parte delle ortive fino alla metà del ciclo. Le specie a competitività ridotta (cipolla, finocchio, porro) richiedono un contenimento delle infestazioni oltre la metà del ciclo e, infine, gli ortaggi da taglio (lattuga, valeriana, spinacio) necessitano di un monitoraggio costante.

 

Pirodiserbo: quando il fuoco è una risorsa

Metodo fisico che sfrutta l'azione di una fiamma libera generata da un bruciatore alimentato a Gpl, il pirodiserbo previene la presenza di funghi nel terreno ed estirpa le infestanti senza conseguenze per l'ambiente. Le malerbe, i cui tessuti vengono esposti a temperature superiori a 1.500 °C per 0.1-0.9 secondi, vanno incontro a disseccamento nel giro di 2-3 giorni.

Ideali in impianti intensivi di ortaggi da foglia a ciclo breve in post-raccolta per l'essiccazione dei residui colturali e la sterilizzazione superficiale del terreno, le macchine da pirodiserbo lavorano a 3-5 chilometri orari sull'intera superficie con consumi di Gpl di 30-40 chilogrammi per ettaro e richiedono un successivo passaggio con ripuntatori e fresatrici per interrare i residui secchi.
"Nel settore delle baby leaf si preferisce la scerbatura manuale pre-raccolta al pirodiserbo per eliminare le infestanti - specifica Gatti - mentre nel settore delle insalate adulte si evita il pirodiserbo in pre-semina, pre-emergenza, pre-raccolta per controllare le malerbe, perché la fiamma libera potrebbe danneggiare le colture".

Diversamente, nella coltivazione delle patate la differenza di spessore tra i tessuti delle malerbe e quelli delle ortive permette il passaggio della fiamma senza danni a queste ultime. Sono quindi possibili interventi in pre-emergenza (trattamenti su tutta la superficie) e in post-emergenza dopo la rincalzatura (trattamenti interfila). Applicabile anche su carote, cipolle, finocchi, asparagi, il pirodiserbo risulta poco efficace contro graminacee ed infestanti pelose e coriacee.

"Le macchine da pirodiserbo più complete sono quelle che integrano rulli aperti per movimentare il terreno, permettendo al calore di andare in profondità, o rulli classici per compattarlo, preparandolo alla semina" afferma Gatti, secondo cui, per il resto, non ci sono grandi differenze tra le attrezzature offerte dai costruttori.
Se le aziende prive di un ampio parco macchine tendono ad acquistare i modelli con accessori, le imprese più grandi e strutturate preferiscono dotarsi di modelli che eseguono esclusivamente il pirodiserbo - anche su due baule contemporaneamente - e impiegare mezzi specifici per la lavorazione del terreno. Molto diffusi ed abbinabili a trattori da 35-80 cavalli sono i modelli PTR, PTR con sbandamento laterale e PTRL a marchio Tecnoecologia, prodotti da Officine Mingozzi.
 

Macchina da pirodiserbo Tecnoecologia PTRL al lavoro (Fonte: © Officine Mingozzi)

 

Spazio alla fantasia sulle sarchiatrici 

Indicata per il controllo delle infestanti in post-emergenza, la sarchiatura viene eseguita su coltivazioni a file entro una settimana dal trapianto e ripetuta dopo 15 giorni così da produrre la rottura e il rimescolamento dello strato superficiale (primi 4-8 centimetri) nell'interfila e lo sminuzzamento del terreno tra le piante sulla fila.
"Tutte le ortive possono essere sarchiate, purché siano seminate o trapiantate a file spaziate che consentano il passaggio degli organi lavoranti - spiega l'agronomo ed esperto di mezzi agricoli Lorenzo Benvenuti. Le macchine attualmente a disposizione possono operare anche su colture con file ravvicinate (aglio e cipolla), ma non su colture seminate a spaglio (alcuni prodotti di IV gamma)".

La struttura con telaio a parallelogramma oscillante in verticale rispetto alla barra principale accomuna tutti i modelli di sarchiatrici, da quelle meccaniche a quelle con selettori ottici. Diversi gli elementi con organi lavoranti, disponibili per lavorazioni da 3 a 12 interfile.
"Se le sarchiatrici meccaniche tradizionali richiedono spesso interventi manuali per garantire una buona lavorazione sulla fila e necessitano di due operatori - sottolinea Benvenuti - quelle dotate di selettori ottici consentono di ottenere un prodotto finale di buona qualità con un solo operatore alla guida del trattore".

Utilizzando sarchiatrici a selettori ottici munite di telecamere per la lettura del riflesso di una radiazione elettromagnetica nello spettro del visibile, dell'infrarosso e dell'ultravioletto che elaborano immagini di ritorno, è possibile individuare la posizione esatta delle piante sulla fila.
"Queste attrezzature stupiscono per l'estrema rapidità di elaborazione dell'immagine rilevata - aggiunge Benvenuti - poiché devono processare la scansione e inviare il comando all'attuatore, azionato meccanicamente o idraulicamente e incaricato di agire sulle ancorette, nel giro di pochi secondi". Per permettere l'analisi dell'immagine acquisita, nonché per evitare lo scalzamento del terreno da parte degli organi lavoranti, le sarchiatrici intelligenti operano a velocità massime di 1-2 chilometri orari.

Proposte sul mercato a prezzi d'acquisto 20 volte superiori rispetto alle macchine tradizionali, le troviamo solo presso alcune grandi aziende in grado di ammortizzare l'investimento, che risulta essere conveniente - chiarisce Vittori - "con superfici di coltivazione superiori ai 10 ettari". Tra i modelli più innovativi, la sarchiatrice automatica interfilare/interpianta Remoweed di Ferrari Costruzioni Meccaniche e la sarchiatrice interfilare/interpianta Garford Robocrop InRow, importata in Italia da Pattaro.
Si collocano invece in una posizione intermedia tra le macchine intelligenti e quelle convenzionali le sarchiatrici meccaniche dotate di utensili a forma di stella o ruota che, pur rimanendo nell'interfila, entrano in parte sulla fila e scalzano le infestanti senza arrecare danni alle colture. Ne è un esempio il modello di Maintech, che vanta il sistema elettronico di guida autonoma GreenCam ed elementi a dita rotanti.
 

Sarchiatrice Maintech con sistema elettronico di guida autonoma GreenCam (Fonte: © Maintech)

 

Sarchiatura, a braccetto con la rincalzatura

Offre un'alternativa alla sarchiatura la sarchia-rincalzatura, che permette di rinforzare le radici superficiali delle ortive e soffocare con il terreno smosso le infestanti così da rendere più efficace il successivo diserbo meccanico. In questo caso si utilizzano le sarchia-rincalzatrici, che eseguono la sarchiatura tra le file e la rincalzatura sulla fila in un unico passaggio grazie a zappette, dischi folli (lisci o dentati) e assolcatori a versoio montati in posizione laterale.

Esempi di sarchia-rincalzatrici performanti sono la Badalini SXn/BIO, dotata di ancorette e dischi rotanti folli con dita radiali per una rimozione delle malerbe e una rincalzatura ottimali, e la Metal-Co RotGreen Orto, macchina a due o tre file con interfila regolabile.

 

Pacciamatura: è tempo di Mater-Bi

La scelta di eseguire poche lavorazioni e preferibilmente superficiali - i cicli brevi delle ortive non facilitano in tal senso - aiuta a non danneggiare e destrutturare ulteriormente il terreno. La pacciamatura, copertura del suolo con film plastici o biodegradabili efficace per il controllo delle infestanti, è una pratica alternativa alle lavorazioni del terreno da svolgersi con trapianta-pacciamatrici o pacciamatrici.
Impedendo alla luce di arrivare al suolo, la pacciamatura previene lo sviluppo di infestanti, oltre a ridurre notevolmente l'evaporazione dell'acqua, proteggere le radici degli ortaggi dalle basse temperature e il terreno dall'erosione.

Sono diversi i tipi di teli pacciamanti disponibili e i più utilizzati sono quelli in polietilene, ma "è preferibile utilizzare film in Mater-Bi (composti da amido di mais) o altri materiali biodegradabili - chiarisce Benvenuti - perché questi, degradati in tempi relativamente veloci su terreni ricchi di microrganismi, evitano le operazioni di raccolta e non lasciano residui".
I teli pacciamanti - generalmente stesi e fissati in inverno e primavera - devono essere scelti in base alle pacciamatrici in dotazione, che possono essere fornite come accessori di trapiantatrici, aiuolatrici o come macchinari separati.
 
Pacciamatrice Checchi&Magli Plastic Stop 14 Plus al lavoro (Fonte: © Checchi&Magli)

Le pacciamatrici sono davvero semplici e prive di grandi innovazioni. Garantiscono elevate prestazioni i modelli Checchi&Magli Plastic Stop Plus, proposti nelle versioni PS14 Plus e PS19 Plus, e Hortech P, disponibili nelle versioni P140 e P190.

 

Un balzo nel futuro delle attrezzature

"La tendenza nel prossimo futuro sarà quella di abbinare le attrezzature da pirodiserbo ad altre tipologie di macchinari o accessori e di utilizzare un combustibile ancor più pulito del Gpl - sostiene Gatti. Grazie a questi progressi e al fatto che la tecnica rappresenta un metodo bio e preventivo di gestione delle colture, le macchine da pirodiserbo saranno sempre più diffuse e potrebbero essere adottate anche nelle fasi di pre-raccolta nel settore delle insalate adulte, dove c'è ancora molto da fare".

Rappresentano la scelta del futuro le sarchiatrici a selettori ottici, che però richiedono trattoristi specializzati e devono essere sottoposte ad ulteriori prove. "È sempre meglio testare le ultime macchine per la sarchiatura, perché - anche se i costruttori sostengono che siano adatte a tutte le colture - la variabilità dell'orticoltura potrebbe mettere in crisi i sistemi di visione delle sarchiatrici, chiamati a dover riconoscere foglie di forme e colori molto diversi" dichiara Benvenuti.

In ogni caso, il continuo lavoro di ricerca di aziende ed enti porterà senza dubbio a miglioramenti in termini di precisione e velocità sulle attrezzature e allo sviluppo della meccanizzazione anche negli impianti che prevedono ancora interventi manuali. L'utilizzo di mezzi meccanici per il controllo delle infestanti è una scelta sempre più necessaria per applicare in modo serio, efficace e duraturo i disciplinari di produzione biologica.

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