Il settore degli integratori alimentari è in crescita in tutta Europa. Secondo un report di Mediobanca (Nutraceutica e novel food: tra salute e sostenibilità), l'Italia è il primo mercato europeo per gli integratori alimentari, con una quota del 26%, davanti alla Germania (18,8%), alla Francia (14,7%), al Regno Unito (9,5%) e alla Spagna (7,2%). E le prospettive di crescita sono notevoli. Sempre secondo il report, ci si deve aspettare un tasso di incremento del 6% annuo, con l'Italia che dovrebbe toccare nel 2025 una dimensione pari a 4,8 miliardi. Tra il 2008 e il 2020 il mercato italiano degli integratori è triplicato, con una crescita media annua superiore al 9%.
Il mondo degli integratori è molto ampio e basta fare un giro nelle farmacie, nelle parafarmacie e talvolta anche nei supermercati, per avere un'idea del numero di prodotti che sono oggi disponibili. D'altronde, una delle ultime tendenze in fatto di consumi è il ricorso a metodi "naturali" per prevenire o trattare disturbi leggeri o anche per migliorare la propria forma fisica e le proprie prestazioni sportive.
"Gli integratori di derivazione naturale che troviamo in commercio, nella stragrande maggioranza dei casi, contengono ingredienti vegetali, ossia la pianta in toto o sue parti generalmente essiccati o ottenuti da trattamenti quali la spremitura, la distillazione e l'estrazione", ci racconta Gina Rosalinda De Nicola, ricercatrice del Crea - Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo, che proprio su Crea Futuro ha dedicato un articolo al tema.
Agricoltura e prodotti nutraceutici
"I composti fitochimici o metaboliti secondari sono sostanze chimiche bioattive naturalmente presenti nelle piante e svolgono funzioni specifiche", ci racconta Gina Rosalinda De Nicola. "Questi composti appartengono a diverse classi, come polifenoli, glucosinolati, alcaloidi, tannini e molte altre. Da tempo, un'ampia varietà di piante alimentari, medicinali e aromatiche è oggetto di interesse come fonte di metaboliti secondari ad alto valore funzionale, utili per molteplici scopi".
Insomma, se un tempo, in assenza di alternative, le piante venivano usate per curarsi o per mantenersi in salute, oggi c'è una riscoperta delle proprietà benefiche che le specie vegetali possono mettere a disposizione dell'uomo.
I fitochimici, disponibili in varie forme come composti puri, oli essenziali, macerati, estratti standardizzati e polveri, offrono molte opportunità di utilizzo grazie alla loro diversità chimica. Sono impiegati in diversi settori, tra cui l'agroalimentare, il nutraceutico, il fitoterapico, il farmaceutico e il cosmetico.
Alcune piante orticole sono particolarmente indicate per la produzione di questi metaboliti. Ad esempio, nella famiglia delle Brassicaceae si trovano molte specie come broccoli, rucola, cavolo nero e ravanelli, piante ricche di glucosinolati (composti contenenti zolfo e glucosio) che sono precursori degli isotiocianati (composti organici particolarmente reattivi), noti per i loro benefici per la salute umana. Gli isotiocianati sono utili anche in agricoltura per la lotta contro i patogeni.
Il peperoncino contiene i capsaicinoidi, che sono i composti responsabili del sapore piccante e sono utilizzati in numerosi preparati farmaceutici. Allo stesso modo, le piante aromatiche come la salvia e il rosmarino, ricche di oli essenziali, vengono tradizionalmente utilizzate in fitoterapia come rimedi naturali.
Nutraceutica, una opportunità per l'agricoltura
Sebbene l'Italia sia uno dei Paesi al mondo con la maggiore superficie agricola coperta da serre, negli ultimi anni la redditività di molte colture è scesa ed è meno attrattiva di un tempo. Ad esempio, il mondo delle insalate in quarta gamma, se un tempo era molto redditizio, oggi ha perso marginalità e tanti agricoltori sono alla ricerca di alternative.
La produzione di materie prime per il settore nutraceutico rappresenta quindi un'interessante opportunità. "Oggi le aziende reperiscono le materie prime di cui hanno bisogno attraverso diversi canali, ma spesso si trovano a dover gestire livelli molto variabili di qualità e una tracciabilità che non sempre è soddisfacente", ci spiega la ricercatrice del Crea.
Una produzione locale avrebbe dunque il vantaggio di offrire una origine certa e certificabile, ma anche una qualità standard. "Nella preparazione degli integratori alimentari avere una materia prima di partenza con titolazioni variabili complica il lavoro delle aziende", ci spiega Gina Rosalinda De Nicola. "Sappiamo infatti che l'accumulo nelle piante di composti bioattivi è influenzato da molteplici fattori, come ad esempio l'andamento termico stagionale, la disponibilità di acqua, la varietà coltivata, la tecnica agronomica e molto altro ancora".
Le coltivazioni in serra, combinate con nuove tecnologie di coltivazione fuori suolo con condizioni di crescita controllata, come l'agricoltura idroponica e aeroponica, sono potenzialmente in grado di portare ad avere prodotti con profili costanti nel tempo. Una caratteristica fortemente voluta dall'industria. Sarebbe dunque auspicabile la nascita di veri e propri contratti di filiera, che permettano agli agricoltori di entrare in un mercato remunerativo e alle aziende trasformatrici di avere accesso ad una materia prima di qualità e tracciabile.
"Per composti particolarmente pregiati sarebbe anche possibile avviare delle produzioni in vertical farm", propone Gina Rosalinda De Nicola. Le coltivazioni in strutture verticali sono infatti molto costose, in quanto tutti i parametri di crescita (luce, acqua, atmosfera, eccetera) vengono forniti e controllati artificialmente. Questo consentirebbe ai grower di modulare i parametri al fine di massimizzare la presenza dei composti nutraceutici nelle piante. Obiettivo che sarebbe invece difficilmente raggiungibile in una serra standard.