Meno coltivatori diretti e più imprenditori agricoli professionali, ma anche meno operai agricoli dipendenti, meno aziende agricole con dipendenti, meno donne fra i lavoratori agricoli. E una maggiore presenza di lavoratori dipendenti al Sud rispetto al Nord Est, al Nord Ovest e al Centro.

 

Nessuna sorpresa, poi, se dal Rapporto diffuso dall'Osservatorio sul mondo agricolo realizzato dall'Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps) si scopre che l'agricoltura non è un settore per giovani, visto che la fascia più numerosa nel 2022 risulta essere quella compresa fra i cinquanta e i cinquantaquattro anni, con oltre un terzo dei lavoratori (35,6%) che si concentra nella classe "oltre i cinquanta anni" e solo il 21,6% che ha meno di trenta anni.

 

Le difficoltà di ricambio generazionale e di invecchiamento dei dipendenti, con conseguente difficoltà a reperire manodopera sono evidentemente destinate a durare anche nei prossimi anni. E chissà se i progetti che si stanno concretizzando un po' in tutta Italia per collocare i migranti nei campi come risorse regolarmente coinvolte potranno soddisfare le esigenze di manodopera che in determinati settori (su tutti: l'ortofrutta), ma anche in determinati periodi dell'anno, emergono.

 

In agricoltura, secondo il Rapporto Inps, diminuiscono sia le aziende agricole (-3,1%) che i lavoratori dipendenti (-2,5%) e autonomi (-1,3%), con il numero di aziende che occupano operai agricoli dipendenti che è passato da 180.167 del 2021 a 174.636 nel 2022 e un calo ancora più vistoso (-7,1%) fra il 2017 e il 2022.
È il Molise (-7,1%) la regione che risente della maggiore contrazione, seguita dalla Calabria (-5,7%), con il Friuli Venezia Giulia a rappresentare l'unica regione italiana in cui si registra un incremento, seppure lieve (+0,2%).

 

Quanto al numero dei dipendenti agricoli, nel giro di un anno (2021-2022), la discesa è del -2,5%, che significa un passaggio da 1.033.075 nel 2021 a 1.006.975 nel 2022.

Le regioni in cui si concentra il maggior numero di lavoratori sono la Puglia (15,6%), la Sicilia (13,7%), l'Emilia Romagna (9,7%) e la Calabria (8,6%).

 

Non è un Paese per giovani. E neanche un'agricoltura per giovani. Secondo l'Osservatorio sul mondo agricolo dell'Inps la classe di età più numerosa nel 2022 risulta essere quella fra i cinquanta e i cinquantaquattro anni, in cui si trova il 12,1% dei lavoratori.

 

Giù anche i numeri in rosa. Nel quinquennio 2017-2022, infatti, la composizione per genere fa registrare un decremento della percentuale di donne sul totale dei lavoratori, dal 33,5% al 31,5%, mentre nel 2022 si registra un lieve incremento al 31,9%.

 

In contrazione anche il numero di lavoratori agricoli autonomi, che passa da 436.689 nel 2021 a 431.215 nel 2022. La flessione, in termini percentuali, è del -1,3% e solamente gli imprenditori agricoli professionali registrano una crescita fra il 2021 e il 2022 da 45.002 a 46.213 (+2,7%) e un trend addirittura del +20,6% fra il 2017 e il 2022.

 

I coltivatori diretti, al contrario, pur restando la categoria prevalente, rappresentando l'89,3% del totale del 2022, perdono terreno e calano dai 415.636 lavoratori del 2017 ai 384.861 del 2022, (-7,4%).

 

Il Nord Italia resta terreno d'elezione per più della metà dei lavoratori agricoli autonomi (50,3%), con una prevalenza del Nord Est (28%) sul Nord Ovest (22,3%), mentre il Sud (21,4%), il Centro (16,5%) e le isole (11,8%) segnano numeri un po' più staccati.

 

La maggior parte dei lavoratori agricoli autonomi si trova in Piemonte, con 45.807 unità (pari al 10,6%), seguita da Veneto con 45.259 (10,6%), Lombardia con 40.863 (9,5%) ed Emilia Romagna con 40.475 (9,4%).

 

Lieve diminuzione (-0,7%) per il numero di aziende agricole autonome (da 352.625 del 2021 a 350.331 del 2022), con il maggior decremento che si registra in Molise (-3,7%), Liguria (-2,4%) e Abruzzo (-2,3%), mentre le regioni in cui si registra il maggior incremento sono la Puglia (+2,5%) e la Lombardia (+0,3%).

 

Un po' di domande

Non resta che farsi qualche domanda: la robotizzazione, la meccanizzazione, la digitalizzazione porteranno a una ulteriore diminuzione delle aziende agricole che daranno occupazione ai lavoratori, dipendenti o autonomi? Oppure una contrazione del numero delle imprese agricole e una tendenza al rafforzamento dimensionale di quelle esistenti - almeno in alcune aree - guiderà una sorta di ripresa occupazionale?

 

Il divario Nord Sud, con un numero maggiore di lavoratori dipendenti al Sud, è dipeso da un tasso inferiore di meccanizzazione e robotizzazione, che impone dunque un maggiore coinvolgimento delle attività manuali? Politiche di sostegno alla diffusione di macchine ad alto tasso di specializzazione, in particolare nella raccolta dell'uva, del pomodoro, oppure robot di mungitura, strumenti per la gestione automatizzata delle stalle, potrebbero portare a condizioni di lavoro - per chi rimane - meno dure e, soprattutto, più sicure e magari anche meglio retribuite?

 

Non trascuriamo la dimensione sociale dell'agricoltura, che significa - in estrema sintesi - migliorare il lavoro nei campi, assicurare paghe più alte e fare in modo di migliorare i margini di guadagno per gli imprenditori agricoli.