Mentre l'Unione Europea dibatte sul futuro dell'intelligenza artificiale e fissa paletti di natura etica (forse correttamente), negli Usa il segretario del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (Usda), Tom Vilsack, annuncia investimenti per 714 milioni di dollari in sovvenzioni e prestiti per connettere migliaia di residenti rurali, agricoltori e imprenditori in diciannove Stati a internet ad alta velocità in modo affidabile e conveniente.

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Il processo di investimento si inserisce - come recita la nota dell'Usda - nell'ambiziosa agenda del presidente Usa Joe Biden "Investire in America", per "ricostruire l'economia statunitense dal basso verso l'alto, ricostruendo l'infrastruttura della Nazione, che sta generando oltre 470 miliardi di dollari di investimenti nella produzione del settore privato e la creazione di posti di lavoro ben remunerati".

 

Le infrastrutture tecnologiche, anche in agricoltura e nelle aree rurali, sono un investimento in grado di rispondere a molteplici bisogni. Innanzitutto, per contrastare lo spopolamento delle aree rurali. Già dal 2019 le zone urbane risultano più popolate a livello mondiale rispetto alle campagne, con tutte le conseguenze in tema di sovrappopolamento, emissioni, rischi sanitari, differenze sociali e di istruzione e quanto una urbanizzazione talvolta fuori controllo può comportare.

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Il processo di digitalizzazione in agricoltura attraverso la diffusione della banda larga è sempre più una necessità. Sempre più il consumatore chiede filiere certificate, processi di produzione tracciati, informatizzati. La curiosità e la spinta verso la sostenibilità spingono gli acquirenti a connettersi attraverso QR Code o altre soluzioni per "visite" virtuali dell'azienda, dei campi di produzione, per conoscere la storia delle famiglie agricole. Sono diventati strumenti di diffusione della conoscenza, di certificazione e di trasparenza.

 

La digitalizzazione è essenziale anche per rispondere ai fenomeni di cambiamento climatico in atto. Come connettere, infatti, i servizi meteo per conoscere le previsioni del tempo? Per sapere se è necessario irrigare e con quale intensità o se anticipare o posticipare determinate operazioni in campo l'informatizzazione è necessaria e senza investimenti nelle infrastrutture digitali non è possibile chiudere il cerchio.

 

È notizia recente lo studio dell'intelligenza artificiale nel capo della zootecnia, per il riconoscimento degli animali ai fini del benessere animale, della cura di determinate patologie, per poter dialogare con strumenti tecnologici quali i robot di mungitura o, in proiezione, per controllare lo stato di salute dell'allevamento da parte delle cooperative di trasformazione, dei veterinari, della Pubblica Amministrazione.

 

E ancora: come sviluppare energie rinnovabili da fonte agricola, magari per immetterle nella rete o per servire delle comunità energetiche, senza connessioni veloci? Si rischierebbero blackout, forniture altalenanti, comunicazioni interrotte o non contabilizzate nella giusta misura, con riflessi anche di natura economica.

 

Se l'agricoltura vuole svolgere pienamente il proprio ruolo di produttore e garante del cibo non servono solamente infrastrutture fisiche, quanto mai necessarie soprattutto per Paesi come l'Italia, per esportare i propri beni agroalimentari (o per importarli, se si è abili trasformatori, e anche in questo caso l'Italia docet). Servono supporti immateriali che possano favorire il dialogo e offrire opportunità di crescita alle imprese agricole e alle filiere agroalimentari.

 

Lo hanno capito negli Stati Uniti, in India - dove è in atto un processo che coniuga logistica, catene del freddo, trasporti, silos di stoccaggio, ma anche strumenti in grado di diffondere l'agricoltura di precisione attraverso appunto la connessione digitale - e anche in Unione Europea.

 

La stessa Ue riconosceva che la digitalizzazione può aiutare gli agricoltori a prendere decisioni migliori, ottimizzare le loro operazioni e aumentare la produttività, portando a maggiori profitti e ad un settore agricolo più sostenibile. Ottimizzando l'uso delle risorse, riducendo gli sprechi e utilizzando tecniche di agricoltura di precisione, infatti, è possibile favorire la competitività delle aziende agricole e creare nuove opportunità di business, aiutando le catene di approvvigionamento a rimanere competitive sul mercato globale.

 

Ottimizzando le operazioni, la digitalizzazione può contribuire a migliorare le condizioni di lavoro e, in chiave di tracciabilità e trasparenza del processo produttivo, può accompagnare i consumatori aiutandoli a compiere scelte più informate.

 

Restano aperte alcune sfide future. Molte zone rurali, infatti, non dispongono di un accesso a internet affidabile e a prezzi accessibili e questo rappresenta il primo ostacolo nell'adottare le tecnologie digitali (gli Usa se ne sono accorti, abbiamo visto).

C'è anche un tema di formazione: molti agricoltori - e ci riferiamo in particolare alle vecchie generazioni - potrebbero non avere gli strumenti formativi e le conoscenze adeguate per sfruttare pienamente le nuove tecnologie. Un'altra sfida futura riguarda l'interoperabilità del sistema, fare in modo cioè che le diverse piattaforme digitali instaurino un dialogo fra loro e permettano la condivisione dei dati, l'integrazione di diverse applicazioni, l'analisi e le indicazioni utili agli agricoltori.

Vi sono poi problemi legati alla condivisione dei dati. È essenziale prendere consapevolezza che se le informazioni vengono condivise fra gli agricoltori e fra i diversi attori del mondo agricolo agroalimentare, diventa più facile migliorare la competitività, ridurre i costi, fronteggiare i cambiamenti climatici, favorire il benessere animale, la crescita produttiva, la qualità dell'offerta.

 

Le risorse non mancano, anche se si potrebbe forse accelerare. I 200 milioni messi a disposizione nel circuito Horizon 2020, ai quali si devono aggiungere altre risorse destinate allo sviluppo di prodotti specifici in tema di robotizzazione, digitalizzazione, smart farming, dovrebbero rappresentare il primo step per un salto in avanti che non può essere rimandato.

 

Accanto a questi fondi, poi, dovrebbero intervenire le politiche governative statali e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), in questa logica, potrebbe dare slancio alle nuove infrastrutture digitali. I cantieri dovrebbero essere chiusi entro il 2026, secondo il cronoprogramma condiviso con l'Unione Europea. A trarne beneficio non solo l'agricoltura, ma tutto il Paese. Con risorse disponibili per 5,4 miliardi di euro. Peccato che servano oltre 100mila autorizzazioni, secondo quanto denunciato solo un mese fa da Il Sole 24 Ore, e che si rischi l'ingorgo fra enti, vanificando così gli sforzi, gli obiettivi di innovazione, il salto in avanti che altri Paesi stanno compiendo con maggiore convinzione.

 

Se perdiamo il treno della banda larga rischiamo di non cogliere le opportunità della rivoluzione digitale. Restando al Medioevo, mentre altri Paesi corrono, pur avendo una qualità e una biodiversità inferiore rispetto all'Italia. Che dite, faremo in tempo? O sarà un treno mancato per l'agricoltura italiana?