Oggi, 17 gennaio, in Italia si celebra la Giornata Mondiale della Pizza, ricorrenza legata al riconoscimento da parte dell'Unesco dell'arte dei pizzaioli napoletani e della specialità gastronomica quale Patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Perché il saper fare la pizza è il frutto di una serie di conoscenze non solo meramente tecniche, ma anche il distillato di una cultura che si è sedimentata nei secoli, passando di mano in mano e di mente in mente attraverso generazioni di pizzaioli, ormai sparsi ai quattro angoli della Terra. Ma possono essere oggi proprio la pizza e il variegato mondo delle pizzerie un vettore di sviluppo per l'agricoltore contemporaneo, che ha preso coscienza del reale valore delle proprie produzioni, oppure le pizzerie restano le riserve di caccia per forniture di carattere industriale?

La risposta, come spesso accade in questi casi, non è univoca e, più che nei numeri, in qualche modo risiede soprattutto nelle nuove tendenze che si vanno affermando negli ultimi anni. A seconda delle fonti che si consultano le pizzerie o i locali adibiti a pizzeria in Italia oscillano tra le 75mila e le oltre 150mila unità: per un fatturato miliardario che raddoppia calcolando l'indotto. In questo mondo - molto vario e dove si trova di tutto - occorre scegliere il modello di pizzeria che può essere un traino per poter valorizzare i prodotti primari.


Caserta, le pizzerie gourmet e i prodotti del territorio

A Caserta, non lontano da Napoli - patria elettiva della pizza e da dove nascono alcuni noti franchising - negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo modello di pizzeria ergometro, che riserva un occhio particolarmente attento alle forniture di materie prime per il ripieno, provenienti dalla Campania e soprattutto dal territorio Casertano. Un modello nel quale vi sono tanti pizzaioli premiati e che può fare scuola ben oltre i confini di questa provincia, area che presenta un'agricoltura molto varia e che si sviluppa dalla montagna al piano.

Manuel Lombardi dell'Agriturismo Le Campestre di Castel di Sasso, nel Casertano, produce nella sua azienda un formaggio ovino forte, stagionato in anfora: il Cacio Conciato Romano, prodotto agroalimentare tradizionale e presidio Slow Food.

"Inizialmente valorizzato solo nell'agriturismo, questo formaggio forte si è rivelato negli anni un ottimo ingrediente per le pizze gourmet tipiche casertane, poi è andato addirittura ben oltre, visto che dopo 12 anni di lavoro intenso a fianco dei pizzaioli riesco a rifornirne una quarantina in tutta la Penisola più alcuni all'estero" afferma Lombardi.

Ma nelle pizzerie di Caserta non entra solo questo formaggio, tanti sono gli ingredienti di territorio che hanno trovato "casa" in pizzeria, prodotti da molte aziende agricole della zona: "Sicuramente oggi la Cipolla di Alife, un tempo sconosciuta ai più, è entrata con prepotenza in molti menù - spiega Lombardi - così come l'Oliva Caiazzana, il Pomodoro Riccio, la Salsiccia di Maiale Pelatello Casertano e l'Olio Extravergine di Oliva prodotto sulle colline del Matese".

Tutti prodotti primari tipici per eccellenza, in molti casi di nicchia, che oggi traggono un successo insperato dal gemellaggio con questo anello popolare della ristorazione. Il tutto senza contare l'onnipresente Mozzarella di Bufala Campana Dop, che nel Casertano trova il suo principale polo produttivo e che, nei primi anni 2000, aveva fatto da apripista in pizzeria con una campagna lanciata dal Consorzio di Tutela.

Nelle pizzerie di Caserta alla pizza poi si preferisce sempre più spesso abbinare un vino della zona: Casavecchia o Pallagrello in Igp Terre del Volturno tra le bottiglie più nuove e di tendenza, Galluccio, Falerno del Massico e Asprinio di Aversa per chi si tiene sul classico. "Una presa di coscienza del potenziale enoico del territorio che arriva con qualche anno di ritardo - nota Lombardi - ma che sicuramente oggi è benvenuta".


Pizzerie gourmet, potenziali clienti in tutta Italia

"Il mondo della pizzeria di qualità, in una fase come quella della pandemia, caratterizzata da incertezze e rinunce, ha assicurato la possibilità di disporre di un pranzo o cena fuori casa ad un prezzo alla portata del ceto medio - spiega Lombardi - e posso dire che oggi, per quanto riguarda il mio formaggio, escluso l'agriturismo, il canale di vendita pizzeria rappresenta il 70% dei ricavi, con la degustazione qui in campagna che è diventata anche un modo per farsi conoscere da una clientela non più solo di consumatori qualificati, ma anche di possibili pizzerie clienti".

L'Italia, si sa, non nasce e muore a Caserta e se il Cacio Conciato Romano ha già fatto il giro dello Stivale, Manuel Lombardi crede che il suo prodotto possa diventare un modello per altri produttori: "Di formaggi forti come di mille altri potenziali ingredienti che possono stare bene sulla pizza ce ne sono sicuramente tanti in Italia, l'importante, se posso dare un consiglio, è non svendere il prodotto su quantità, magari cedendo l'esclusiva ad una catena e al tempo stesso bisogna il più possibile avere una produzione certa nell'arco di un anno, in modo da mantenere i clienti nel tempo". Ma non basta: "Il prodotto, quale che sia, deve essere presentato ai pizzaioli - sostiene Lombardi - che vanno inizialmente affiancati nell'utilizzo di una materia prima magari mai manipolata per il ripieno, anche se già apprezzata a tavola".

Insomma, la pizzeria gourmet, declinata in salsa casertana o di quale parte dell'Italia si voglia resta un'opportunità, ma bisogna essere ben attrezzati per sfruttarne appieno le reali potenzialità.