Puntuale come l'inverno, anche quest'anno è arrivata l'assemblea nazionale della Confederazione italiana agricoltori, tenutasi a Roma all'Auditorium Conciliazione e, con il titolo 'Il paese che vogliamo', incentrata sul tema del dissesto idrogeologico e del controllo della fauna selvatica.

L'incontro è stato l'occasione per presentare a un folto pubblico di partecipanti e illustri relatori un progetto di manutenzione infrastrutturale del territorio nazionale targato Cia, definito dal presidente nazionale della Confederazione, Dino Scanavino, un "atto storico" e che contempla un intervento straordinario di tutela, manutenzione e gestione sostenibile del paese, recuperando gli enormi ritardi infrastrutturali e puntando sulla centralità dell'agricoltura.
Obiettivo finale è la costruzione di un grande piano agro-industriale che potrebbe creare fino a 100mila nuovi posti di lavoro generando Pil e ricchezza. "La parola d'ordine deve essere prevenzione, non più emergenza - ha spiegato Scanavino - basta azioni spot nate a seguito dell'ultima tragedia. Nel nostro progetto, che vogliamo sottoporre da oggi a istituzioni nazionali e locali, ci sono le linee guida per un reale cambio di marcia".

Tra le linee guida citate da Scanavino se ne identificano principalmente cinque
  • Interventi di manutenzione infrastrutturale da concretizzarsi parallelamente sul fronte dell'immediata messa in sicurezza dei territori e su quello di un'attenta programmazione per il futuro, in particolare nelle aree interne e rurali. Questo processo dovrebbe comprendere lo svolgimento di servizi di manutenzione territoriale da parte degli imprenditori agricoli, ma anche interventi di potenziamento delle infrastrutture tecnologiche e dell'informazione, a partire dalla diffusione di internet e banda larga nelle aree marginali del paese; mentre nuove visioni urbanistiche e architettoniche dovrebbero coinvolgere le città.
  • Politiche orientate al governo del territorio: dalla prevenzione dei disastri ambientali al mantenimento della biodiversità; dalle politiche di gestione del suolo alle azioni per la riduzione del gap infrastrutturale (in particolare nelle aree interne del paese), fino alla valorizzazione del patrimonio forestale nazionale in tutte le sue dimensioni e potenzialità. Per massimizzare l'efficacia di tali politiche, Cia rivendica il riconoscimento all'attività agricola di elemento funzionale al governo del territorio.
  • Azioni per favorire e sviluppare politiche di filiera a forte vocazione territoriale. Secondo Cia sarebbe necessario allargare le relazioni "classiche" di sistema, che fino ad oggi hanno regolato il funzionamento delle filiere agroalimentari, ad ambiti quali artigianato, commercio, logistica, turismo, consumatori ed enti locali. Ciò al fine di dare origine a vere e proprie "reti d'impresa territoriali".
  • Nuovi e più incisivi sistemi di gestione della fauna selvatica per avviare il processo di revisione del quadro normativo nazionale (legge n.157/92). Viene richiesta la separazione tra l'interesse privato e ricreativo tipico dell'attività venatoria e quello pubblico, riferibile al contenimento e alla gestione dei carichi. Parallelamente andrebbe organizzata una filiera delle carni selvatiche, così come azioni in ambito europeo per superare la riconducibilità degli indennizzi per i danni subiti dalla fauna selvatica al regime degli aiuti di Stato (de minimis).
  • Un rinnovato protagonismo delle istituzioni e degli enti locali sulla Pac. Cia ritiene che l'approssimarsi della nuova Politica agricola comune apra una serie di opportunità socio-economiche che potrebbero concorrere al rilancio delle comunità locali, in particolare quelle ubicate nelle aree interne del paese. Sempre in campo comunitario, viene richiesta l'unione a un'azione efficace e integrata di tutti i Fondi strutturali europei, politiche nazionali di sostegno e incentivi.

"Questo è il contributo degli agricoltori italiani per il paese che vogliamo" ha detto il presidente Cia in assemblea. "Territorio, infrastrutture e innovazione sono i tre asset su cui investire risorse e costruire politiche di sviluppo, da subito, mettendo in rete governo, regioni, comuni ed enti locali, con le altre risorse socio-economiche dei territori e valorizzando il ruolo essenziale dell'agricoltura".

"Quella degli animali selvatici sta diventando una problematica seria" ha detto il ministro dell'Agricoltura, Centinaio. "Non è più un problema della sola agricoltura, ma sta diventando di ordine pubblico. Di conseguenza chiederemo immediatamente di sederci intorno un tavolo con il ministro dell'Ambiente, quello della Sanità e quello dei Rapporti con le regioni per risolvere il problema".

Dato il tema focale dell'assemblea, particolarmente curiosa risulta essere l'assenza di Anbi che, certamente in maniera del tutto casuale, sembra però intervenire con la dichiarazione rilasciata a Bologna dal suo direttore, Massimo Gargano, intervenuto alla inaugurazione della Mostra bibliografica e documentaria "Bonifiche e irrigazioni": "Sulla fragilità idrogeologica del nostro paese sappiamo tutto e sappiamo anche cosa bisognerebbe fare per prevenire le emergenze; quindi è solo una questione di risorse e di iter burocratici più snelli per utilizzare quelle disponibili. Serve che la cultura dell'acqua entri nel Dna del paese e della sua classe politica. Per questo - ha concluso Gargano - è importante diffondere la conoscenza sia del contributo storico che delle funzioni attuali dei Consorzi di bonifica a servizio del territorio e della sua economia. Solo aumentando questa consapevolezza, potremo creare un'alternativa alla logica dell'emergenza e del perenne stato di calamità. Come dimostrano i tragici fatti di queste settimane ed ormai ribadito da più parti, manutenzione delle strutture idrauliche e nuove opere di prevenzione del rischio idrogeologico sono il primo intervento infrastrutturale, di cui l'Italia ha bisogno".