Nel campo della prevenzione del dissesto idrogeologico, dopo decenni in cui si è pensato solo a tamponare le emergenze, sembra arrivato il momento di un'inversione di tendenza.
E' questo uno degli elementi emersi a Roma nel corso della presentazione del rapporto 2016 di Anbi "Manutenzione Italia - Azioni per l'Italia sicura", al quale hanno partecipato Gian Luca Galletti, ministro dell'Ambiente; Francesco Vincenzi, presidente Anbi; Erasmo D'Angelis, capo Struttura unità di missione #Italiasicura; Mauro Grassi, responsabile Struttura unità di missione #Italiasicura; Ermete Realacci, presidente commissione Ambiente della Camera dei Deputati; Stefano Bonaccini, presidente Regione Emilia Romagna e Massimo Gargano, direttore generale Anbi.
 
Prevenzione: il piano 'Casa Italia' e altre novità
Dopo l'istituzione, a giugno 2014, della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la presidenza del Consiglio dei ministri, si è giunti a un vero punto di svolta nell'approccio al problema con la nascita di 'Casa Italia', un piano ideato dal Governo con l'obiettivo di sviluppare concretamente la cultura della prevenzione per il territorio e le infrastrutture.

Nel suo complesso il piano si rivolge all'adeguamento sismico del patrimonio edilizio, alla riqualificazione delle periferie degradate, al miglioramento dell'edilizia scolastica, alla tutela e valorizzazione dei beni culturali e alla riduzione del rischio idrogeologico, settore che chiama in causa i consorzi di bonifica.
Dati i suoi obiettivi, il piano dovrà necessariamente avere un orizzonte pluriennale (10-20 anni) e, con l'apertura dei cantieri, costituirà un volano per l'economia nazionale.

Risultati più che apprezzabili sono giunti anche dall'approvazione del 'Collegato ambientale' (legge n. 221/2015) che, recependo le direttive europee in materia (2000/60 e 2007/60), ha istituito le Autorità di bacino distrettuali quali enti pubblici non economici che uniformano la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

"Siamo alla vigilia di una svolta", ha commentato D'Angelis, sottolineando come Casa Italia costituisca un salto di mentalità, una inversione culturale ed economica che sancisce il passaggio dal tamponamento dell'emergenza al definire un piano organico di prevenzione.

Ultima buona notizia in ordine cronologico è l'istituzione (con il Dpcm 14 luglio 2016) di un fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico. Le risorse del fondo sono allocate su base regionale attraverso graduatorie di progettazione sino alla concorrenza delle somme attribuite a ciascuna regione.
Al momento del finanziamento dell'intervento, la cui progettazione è stata sostenuta dal fondo, le somme già assegnate saranno decurtate dal finanziamento destinato all'intervento.
 
Priorità alla montagna
Dal punto di vista geografico la priorità degli interventi vede in pole position la montagna, vittima di un flusso antropico che la vede abbandonata e colpita da un continuo declino demografico, in modo da tutelarne l'accessibilità e garantirne la tutela e valorizzazione delle risorse naturali.

Nel corso dell'incontro è stato evidenziato come, dal punto di vista del ciclo idrologico, montagna, collina e pianura siano strettamente interconnesse e come, di conseguenza, per tutelare la pianura occorra intervenire in montagna e in collina attraverso un complesso di azioni di sistemazione e regolazione idraulica volte a combattere l'erosione, quali reti di fossi, di canali e di drenaggio.

"Nell'ottica della gestione globale del territorio, le sistemazioni collinari devono prefiggersi, accanto allo scopo di mantenere una presenza dell'imprenditore con capacità di reddito reale, anche quello di ridurre il ruscellamento delle acque meteoriche e la conseguente erosione del suolo" ha spiegato Vincenzi, sottolineando come proprio da tali territori nascono i problemi che diventano devastanti per la pianura e le città.

"E' importante adottare un approccio innovativo nella gestione della sicurezza territoriale intesa come opportunità di sviluppo - ha concluso Vincenzi sull'argomento - nel senso che alle azioni tecniche volte a garantire stabilità ai territori, si uniscano interventi destinati a garantire accessibilità e mobilità come strade e altri servizi civili, che sono, anch'esse, precondizioni per lo sviluppo delle attività economiche".
 

Dissesto idrogeologico e consumo del suolo: i dati
In base ai dati del ministero dell'Ambiente, il 9,8% del territorio nazionale è costituito da aree a elevata criticità idrogeologica; si tratta dell'82% dei comuni, dove si stimano a rischio 6.250 scuole, 550 strutture sanitarie, circa 500mila aziende e 1,2 milioni di edifici, residenziali e non.

L'intensa urbanizzazione, sviluppatasi senza tenere in alcuna considerazione le aree fragili dal punto di vista idrogeologico e sismico, il contemporaneo abbandono dei territori collinari e montani da parte della popolazione e delle sistemazioni agrarie e i cambiamenti climatici in atto, hanno acuito la fragilità del territorio, portando la stima dei costi del dissesto intorno ai 2,5 miliardi di euro all'anno.

Nel rapporto 2015, l'Ispra ha redatto il quadro della pericolosità idraulica rilevando 1.221.811 ettari del territorio nazionale a pericolosità idraulica elevata, 2.441.080 a pericolosità media e 3.215.040 a pericolosità bassa. In totale si tratta di 6.877.931 ettari, pari al 23% dell'intera superficie.
Nello stesso rapporto sono stati individuati 1.640 comuni interessati da aree solo con pericolosità da frana elevata o molto elevata, 1.607 comuni interessati da aree solo a pericolosità idraulica media e 3.898 comuni interessati da aree sia a pericolosità da frana elevata o molto elevata, sia a pericolosità idraulica media.
In termini percentuali il totale dei comuni italiani interessati da aree con pericolosità da frana è dell'88,3%, mentre i comuni non interessati da tali aree risultano solamente 947.

La superficie delle aree classificate a pericolosità da frana elevata o molto elevata ed idraulica media ammonta complessivamente a 4.774.700, pari a 15,8% del territorio nazionale. La popolazione italiana a rischio frane è 5.624.402 abitanti, le imprese a rischio sono 362.369, 34.651 sono i beni culturali a rischio mentre le superfici artificiali si estendono su 1.830.300 ettari.

La popolazione a rischio alluvioni è di 9.039.990 abitanti, le imprese a rischio sono 879.364, i beni culturali a rischio sono 40.454 e le superfici artificiali a rischio si estendono su 292.690 ettari.

L'impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa e in Italia è stato recentemente approvato dalla Camera il disegno di legge in materia di contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato che consente il consumo di suolo esclusivamente nei casi in cui non esistano alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.
Dopo aver toccato anche gli 8 metri quadrati al secondo degli anni 2000, il rallentamento iniziato nel periodo 2008-2013 (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo) si è consolidato.
Tra il 2013 e il 2015 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 250 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 35 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di circa 4 metri quadrati di suolo al secondo.

I dati della rete di monitoraggio mostrano come, a livello nazionale, il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni '50 al 7,0% del 2015, con un incremento di 4,3 punti percentuali e una crescita percentuale del 159%.
In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 2.110.000 ettari del nostro territorio.
 
Le proposte di Anbi
Anbi ritiene che il problema possa essere efficacemente affrontato innanzitutto adeguando e ammodernando il patrimonio di opere e impianti già esistenti, in gran parte costruiti nel secolo scorso, in modo da renderli funzionali rispetto alle esigenze attuali di smaltimento e regolazione delle acque connesse alla nuova realtà territoriale e al nuovo regime delle piogge.
 
Il piano Anbi per la riduzione del rischio idrogeologico "Manutenzione Italia 2016 - Azioni per l'Italia sicura", riaggiornato in vista della prossima Legge di Stabilità, prevede complessivamente 3.581 interventi, articolati per regione e perlopiù corredati da progetti definitivi ed esecutivi, con un investimento complessivo di 8.022 milioni di euro, capaci di attivare oltre 50mila posti di lavoro.

Si tratta perlopiù di manutenzioni straordinarie delle opere di bonifica, di sistemazioni idrauliche, di ripristino di fenomeni di dissesto nei territori, in cui operano i consorzi.
In particolare: lavori di adeguamento e ristrutturazione di corsi d'acqua, anche con interventi di ingegneria naturalistica e di ripristino delle frane sulle sponde dei canali, avvenute per le intense precipitazioni; lavori di manutenzione straordinaria di adeguamento della rete di bonifica, delle quote arginali e delle idrovore e di realizzazione di canali scolmatori; interventi di manutenzione sul reticolo idraulico a difesa dei centri abitati e realizzazione di opere per la laminazione delle piene e, infine, lavori di stabilizzazione delle pendici collinari e montane.

Tutti gli interventi sono di carattere straordinario e volti a diminuire il rischio idraulico; a questi deve poi seguire una costante azione di manutenzione ordinaria svolta dai consorzi e, come sottolineato da Vincenzi, pagata dai contributi dei consorziati.
 
La posizione delle istituzioni
Le specifiche caratteristiche dei Consorzi di bonifica richiedono la realizzazione di azioni sinergiche con le istituzioni.
Tra quelle già in corso vale la pena ricordare il protocollo di intesa stipulato da Anbi con l'Anci, ma anche gli accordi di programma sottoscritti dai consorzi, attraverso l'Anbi, con le Autorità di bacino nazionali e la continua collaborazione con Mipaaf e ministero dell'Ambiente.

Proprio il decano del ministero dell'Ambiente ha evidenziato gli ottimi risultati derivati dalla strettissima collaborazione in atto con Anbi e ha rivendicato i passi avanti compiuti dal suo ministero in tema di governance, semplificazione, programmazione e risorse.

In particolare, riguardo queste ultime, il ministro ha affermato di non averne bisogno in quanto sarebbero già state rinvenute tutte quelle necessarie per dare il via agli interventi.
"In questi anni abbiamo trovato diverse risorse per gli investimenti necessari" ha dichiarato Galletti. "Abbiamo concluso la programmazione e stabilito le priorità. Quello che manca ora è la spesa. Mi aspetto che queste risorse siano spese immediatamente e che le regioni inizino a fare la loro parte con celerità".