Oltre un miliardo di tonnellate: è la strabiliante quantità di cibo che viene buttato ogni anno.
Il dato (1,3 miliardi, per la precisione) è contenuto nel rapporto "Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources", che analizza l'impatto delle perdite alimentari dal punto di vista ambientale, esaminando specificamente le conseguenze che esse hanno per il clima, per le risorse idriche, per l'utilizzo del territorio e per la biodiversità.

Ogni anno, il cibo che viene prodotto, ma non consumato, utilizza 1,4 miliardi di ettari di terreno - quasi il 30 per cento della superficie agricola mondiale - ed è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.
Oltre a questo impatto ambientale, le conseguenze economiche dirette di questi sprechi (esclusi pesci e frutti di mare), si aggirano secondo la Fao intorno ai 750 miliardi di dollari l'anno.

Come e dove viene sperperato il cibo
Secondo lo studio Fao, il 54 per cento degli sprechi alimentari si verifica "a monte", in fase di produzione, raccolto e immagazzinaggio. Il 46 per cento avviene invece "a valle", nelle fasi di trasformazione, distribuzione e consumo.
Il rapporto fa notare che più avanti lungo la catena alimentare un prodotto va perduto, maggiori sono le conseguenze ambientali, dal momento che i costi ambientali sostenuti durante la lavorazione, il trasporto, lo stoccaggio ed il consumo devono essere aggiunti ai costi di produzione iniziali.

Le cause dello spreco di cibo: i suggerimenti su come ridurlo
Alla base dell'alto livello di perdite alimentari nelle società opulente vi è il comportamento dei consumatori, insieme alla mancanza di comunicazione lungo la catena di approvvigionamento.
Nei paesi in via di sviluppo, le perdite avvengono principalmente nella fase post-raccolto e di magazzinaggio a causa delle limitate risorse finanziarie e strutturali nelle tecniche di raccolto, di stoccaggio e nelle infrastrutture di trasporto, insieme a condizioni climatiche favorevoli al deterioramento degli alimenti.

Insieme al nuovo studio la Fao ha pubblicato anche "Toolkit: Reducing the Food Wastage Footprint", un manuale di 100-pagine su come ridurre le perdite e gli sprechi di cibo.
• La riduzione degli sprechi dovrebbe diventare una priorità. Limitando le perdite produttive delle aziende agricole dovute a cattive pratiche e bilanciando meglio la produzione con la domanda consentirebbe di non utilizzare le risorse naturali per la produzione di cibo non necessario.
• In caso di eccedenze alimentari, il riutilizzo all'interno della catena alimentare umana - la ricerca di mercati secondari o la donazione del cibo eccedente ai membri più vulnerabili della società - rappresenta l'opzione migliore. Se il cibo non è idoneo al consumo umano, la seconda alternativa è quella di destinare il cibo non utilizzato all'alimentazione del bestiame, preservando risorse che sarebbero altrimenti utilizzate per produrre mangimi commerciali.
• Laddove il riutilizzo non fosse possibile, si dovrebbe pensare a riciclare e recuperare l'eccedenza di cibo: riciclaggio dei sottoprodotti, decomposizione anaerobica, elaborazione dei composti e l'incenerimento, con recupero di energia rispetto all'eliminazione nelle discariche, dove il cibo che marcisce produce metano, gas serra particolarmente dannoso.

Per maggiori informazioni sullo spreco di cibo nel mondo (modalità, zone critiche...) leggi l'approfondimento sul sito della Fao