L'amico Guglielmo Garagnani, agricoltore di vaglia, segnala che attorno alla città di Bologna ci sono enormi depositi di cereali e farine intonsi, in attesa di un compratore. La situazione del commercio agroalimentare mondiale appare in effetti complicata, posta oggi in ulteriore squilibrio dalle politiche daziarie degli Usa. Facendo gli scongiuri, si potrebbero postulare ulteriori avvitamenti nelle successive evoluzioni: accordi con il Mercosur, rapporti con i Paesi asiatici e la Cina in particolare, protezionismi di ritorno. Senza dubbio per il formidabile comparto agroalimentare italiano, che così tanti successi ha riscosso negli ultimi 20 anni, lo scenario si può fare difficile.

 

Certo bisogna cercare mercati alternativi agli Stati Uniti - oggi il nostro mercato più importante dopo l'Unione Europea. Buona cosa sarebbe anche impegnarsi ulteriormente sul mercato interno. Un'ottima occasione per parlare di un certo tipo di strategia, che da politica si può fare commerciale, è stato il grande Forum del Patto di Milano (Milan Urban Food Policy Pact - Mufpp), che si è tenuto la scorsa settimana proprio nel capoluogo lombardo per il decennale della prima firma.

 

Nel 2015 a Milano si trovarono 102 firmatari dalle città di tutto il mondo, nel 2025 i delegati sono diventati 500. Il Patto di Milano parla di politica urbana del cibo, del diritto ad una buona alimentazione, dello sviluppo di filiere locali per ridurre l'impatto ambientale (e climatico) del cibo. Nei piccoli e grandi nuclei urbani risiede oggi la maggior parte della popolazione mondiale: creare sistemi di rifornimento ben organizzati qualitativamente e quantitativamente è indispensabile.

 

Si tenga poi conto che gli enti locali organizzano mense scolastiche, ospedaliere e sociali - alle amministrazioni municipali e regionali compete inoltre spesso la complessa macchina urbanistica della distribuzione alimentare. In molti Paesi, a partire proprio dagli Stati Uniti, si stanno sviluppando nuove alleanze fra gli agricoltori locali e il sistema distributivo delle città. L'impatto ambientale in questa maniera si riduce enormemente, gestendo in maniera ottimale i territori e l'ambiente peri-urbano, migliorando l'alimentazione dei cittadini e creando nuovi profili professionali in agricoltura.

 

Non c'è che dire: act locally, connect globally.