Sugli scaffali della grande distribuzione hamburger e bevande vegetali si sono ritagliati ormai uno spazio importante. Ma le proteine alternative non sono solo questo: oltre ai prodotti che tentano di replicare gli "originali" di provenienza animale, ci sono anche nuovi alimenti. Senza arrivare alla carne coltivata, basta citare le farine di insetti o i prodotti della fermentazione di precisione.
Sempre più proteine alternative stanno lasciando i laboratori per arrivare sulle tavole, passando per un percorso tortuoso che intreccia ricerca, industria, normativa, etica e cultura. E il fermento, è proprio il caso di dirlo, è evidente. Se da un lato il dibattito pubblico si accende attorno alla carne coltivata, dall'altro la filiera agroalimentare guarda con crescente interesse a soluzioni tecnologiche più mature, come la fermentazione, capaci di produrre cibo con un minore impatto ambientale, senza rinunciare al gusto e alla sicurezza.
È in questo contesto che si sono svolti, il 21 ottobre scorso alla Fondazione Feltrinelli di Milano, gli Stati Generali delle Proteine Alternative 2025, un evento voluto da Maurizio Bettiga, chief Innovation Officer di Italbiotec, per costruire una visione condivisa e operativa sul futuro delle fonti proteiche non convenzionali.
"Non vogliamo rivoluzionare il sistema, ma fornire alternative sensate, basate su scienza e buon senso, che rispondano alla domanda globale di più cibo", ha esordito Bettiga. "Le proteine alternative non devono essere né moda né utopia, ma una risposta concreta ai bisogni di salute, ambiente e benessere animale".

Le parole chiave della giornata secondo un sondaggio real time tra il pubblico
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
La fermentazione, tecnologia antica e abilitante
Tra le soluzioni emerse, la fermentazione si è imposta come vera protagonista. È una delle tecnologie alimentari più antiche dell'umanità, ma oggi vive una nuova giovinezza come chiave per l'innovazione sostenibile. "Con la fermentazione possiamo ottenere alimenti più sicuri, più digeribili, con nuove proprietà sensoriali e nutrizionali", ha spiegato Roberto Foschino, docente all'Università degli Studi di Milano. "È un processo versatile, che va dalla panificazione al vino, dai latticini agli alimenti vegetali fermentati, fino alla produzione di micoproteine da funghi".
La fermentazione è infatti un processo metabolico, tecnologico e biotecnologico al tempo stesso. Può essere spontanea, controllata o di precisione. Permette di trasformare substrati ricchi di carbonio e azoto (come farine, okara, panelli vegetali) in alimenti arricchiti di proteine, fibre, vitamine del gruppo B e composti bioattivi.
I protagonisti invisibili di questo processo sono batteri, lieviti, muffe e altri microrganismi in grado di "riscrivere" la composizione di un alimento. Non solo migliorano gusto e struttura (grazie a CO2, acidi organici, aromi volatili e non), ma proteggono l'alimento, abbassando il pH e impedendo la crescita di patogeni.

Produzione di proteine da microrganismi
(Fonte foto: Tratta dalle slide di Roberto Foschino, docente all'Università degli Studi di Milano)
Ma la fermentazione fa anche di più: consente di valorizzare i sottoprodotti alimentari e di produrre micoproteine da funghi filamentosi come Fusarium venenatum, usato per esempio nel noto prodotto Quorn. "Non possiamo più permetterci di sprecare proteine", ha ammonito Foschino. "Il 30% del cibo prodotto globalmente viene scartato. Serve un cambio di prospettiva".
Diversi progetti finanziati a livello europeo mostrano come sia possibile trasformare sottoprodotti dell'industria, come trebbie di birra, siero del latte o panelli esausti, in alimenti funzionali, fermentati e pronti al consumo, oppure in ingredienti tecnici come starter per panificazioni.
Dalla ricerca al mercato: una strada ancora in salita
Non mancano però le difficoltà. Uno dei maggiori ostacoli all'innovazione in questo campo è di natura regolatoria. "Molte Pmi non iniziano nemmeno i progetti per paura di inciampare nei vincoli del regolamento europeo sui novel food", ha spiegato Antonio Del Casale di Microbion Srl. Eppure, l'interesse dell'industria è alto, come dimostrano le startup e le grandi aziende biotech presenti all'evento.
Il rischio, come ha sottolineato Maurizio Bettiga, è cedere all'hype di mercato (come accaduto a Beyond Meat) senza costruire basi solide. "Dobbiamo parlare meno di miliardi di euro e più di prodotti buoni, sani e accessibili. Solo così potremo intercettare davvero il consumatore flessibile, curioso ma ancora poco convinto".

Intenzione alla degustazione: confronto su campioni rappresentativi
(Fonte foto: Tratta dalla slide dell'Università di Torino)
Il ruolo della cultura e della comunicazione
Perché le proteine alternative non sono solo un fatto tecnico o commerciale. Sono anche e soprattutto una questione culturale. Dal palco si è parlato di etica, scelte consapevoli e responsabilità sociale dell'innovazione. Il messaggio è che non basta inventare nuovi alimenti, bisogna anche costruire il contesto che li renda accettabili, desiderabili, "normali".
Se infatti è innegabile che all'umanità servirà più cibo, visto che nel 2050 saremo 10 miliardi di persone, è altrettanto vero che non si possono imporre scelte di consumo alle famiglie solo in virtù della necessità di rendere l'alimentazione più sostenibile o eticamente accettabile. Servono invece prodotti che rispondano alle esigenze di consumo e che siano desiderabili.





























