Mercati in affanno per gli allevamenti di suini. Maggio si è chiuso infatti con il segno meno davanti per i prezzi di mercato e la prima conseguenza è il calo della redditività delle imprese suinicole.

Lo evidenziano le analisi del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell'Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.

 

Ciclo chiuso

Entrando nel dettaglio, per gli allevamenti a ciclo chiuso la redditività segna in maggio una flessione del 4% a livello congiunturale, ovvero nel confronto con il mese precedente.

Rimane invece favorevole il raffronto con il dato dello scorso anno: +23,2%.

 

La frenata del comparto è da imputarsi alla quotazione in discesa dei suini pesanti da macello destinati al circuito tutelato che, in maggio, hanno perso il 5,1% mese su mese fermandosi a 1,971 euro/chilogrammo e mostrando un andamento negativo anche a livello tendenziale (-8%).

 

Ciclo aperto

Andamenti discordanti, sempre a maggio, per la redditività del ciclo aperto: in leggera riduzione l'indice Crefis della scrofaia che cala dello 0,1% rispetto al mese precedente, pur mantenendo una buona variazione tendenziale del +34%.

A determinare la contenuta diminuzione è stata la flessione dei prezzi dei suinetti da allevamento che, sempre nel periodo preso in esame, si sono assestati a 81,250 euro/capo, lo 0,4% in meno rispetto ad aprile, ma con un andamento tendenziale ancora molto positivo: +15,4%.

 

Migliore la situazione per la fase di svezzamento: l'indice Crefis di redditività, a maggio, risulta in lieve aumento congiunturale dello 0,1% (ma -0,6% la variazione tendenziale) sostenuto dal leggero incremento delle quotazioni dei suini da 40 chilogrammi, che hanno raggiunto i 3,985 euro/chilogrammo (+0,2% il dato mensile e +2,6% quello tendenziale).

L'andamento del mercato ha così permesso di ammortizzare l'aumento lieve dei costi.

 

Redditività in calo, sempre a maggio, per la fase di ingrasso che mostra un indice Crefis mensile a -3,6%, trascinato dalla diminuzione dei prezzi dei suini da macello pesanti; la variazione anno su anno rimane però positiva e pari a +3,3%.

 

Macellazione

Per quanto riguarda la macellazione, in maggio si assiste a un incremento della redditività, sia a livello congiunturale (+3,6%) che tendenziale (+8,9%).

A sostenere il comparto è stato il minor costo di acquisto dei capi da macello che ha compensato l'andamento sostanzialmente negativo del mercato dei tagli.

 

Le cosce fresche destinate a produzioni tipiche hanno subito un calo della quotazione del 2,3% rispetto al mese precedente, scendendo a 5,865 euro/chilogrammo (-1,4% anche la variazione tendenziale).

In discesa, sempre a maggio, anche i prezzi delle cosce fresche destinate a produzioni non tipiche: 4,475 euro/chilogrammo per una variazione mensile del -5,3% (-12,1% la variazione tendenziale).

 

Il mercato dei lombi mostra invece andamenti eterogenei: il prezzo del taglio Padova è sceso del 5,3%, per un valore di 4,425 euro/chilogrammo, mentre il taglio Bologna ha mostrato una variazione congiunturale positiva del 3,5%, per un valore di a 4,475 euro/chilogrammo.

Le variazioni tendenziali sono risultate positive e rispettivamente: +4,7% e +13,3%.

 

Stagionatura

Passando al comparto della stagionatura dei prosciutti si registra, a maggio, un andamento sfavorevole per le quotazioni del prodotto Dop e un dato sostanzialmente fermo per i prosciutti non tutelati.

Nel dettaglio, il Prosciutto di Parma stagionato 12 mesi ha mostrato una quotazione mensile in calo dello 0,4% per un valore di 10,460 euro/chilogrammo (-2,2% la variazione tendenziale) mentre il prezzo del prosciutto generico è rimasto fermo a 8,600 euro/chilogrammo pur mantenendo un raffronto positivo con i valori dello scorso anno (+4,2%).

 

Sul fronte della redditività, a maggio si nota un aumento congiunturale contenuto del dato riferito al prosciutto Dop della tipologia pesante stagionato 12 mesi (+0,2%) e un incremento per il prodotto non tutelato: +0,7% mese su mese e +2,1% il raffronto annuale.
Il gap di redditività tra i due prodotti resta ancora a favore del Dop, anche se in misura molto modesta: +2,1%.