Con il procedere della stagione primaverile aumenta il ricorso al pascolo e con esso la possibilità per gli animali di contrarre una parassitosi.
Un rischio che riguarda tutti gli animali e in particolare le capre, sia per la loro attitudine al pascolamento, sia per la loro maggiore suscettibilità alle infestazioni, in particolare quelle che riguardano bronchi e polmoni.
Il legame con il pascolo è connesso al ciclo biologico di numerosi parassiti interni che direttamente o attraverso ospiti intermedi (molluschi in particolare) utilizzano le essenze foraggere per trasmettersi per via orale da un animale all'altro.
È quanto accade ad esempio con i nematodi gastrointestinali, di frequente riscontro negli ovini e ancor più nelle capre, tanto che alcuni studi riferiscono presenze in oltre il 90% dei campioni esaminati.
Le conseguenze sono importanti e comportano perdite significative sulla produttività degli animali e aumento dei costi di produzione per i necessari trattamenti farmacologici.
Perdite alle quali si aggiunge una maggiore predisposizione ad altre patologie, come salmonellosi e clostridiosi.
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I responsabili
Una pur efficace lotta ai parassiti gastrointestinali rischia di lasciare il campo aperto ad altre parassitosi, quelle da nematodi broncopolmonari, altrettanto diffuse e non meno pericolose.
Le motivazioni sono in parte legate alla maggiore resistenza di questi patogeni ai trattamenti.
Sono numerosi i parassiti chiamati in causa, fra i quali: Neostrongylus linearis (bronchioli e parenchima polmonare), il Muellerius capillaris (alveoli e parenchima polmonare sottopleurico), Cystocaulus ocreatus (alveoli, bronchioli e parenchima), Protostrongylus rufescens (bronchi e bronchioli), Dictyocaulus filaria (trachea e grossi bronchi).
I sintomi
Non sono rari i casi nei quali sono coinvolti più di uno di questi parassiti e i sintomi più comuni sono tosse, dispnea (respiro affannoso e irregolare), scolo nasale (bilaterale nella dictyocaulosi) e sensibile calo produttivo.
Non mancano casi di infestazione che passano sotto silenzio per i sintomi modesti, ma che in ogni caso sono responsabili di minore produttività.
Importante anche una diagnosi differenziale, per escludere altre patologie che presentano sintomi respiratori, come la broncopolmonite da pasteurella, la salmonellosi o il maedi e la estrosi.
Una diagnosi certa si può avere con il riscontro delle uova o delle stesse larve all'esame anatomopatologico o nell'animale in vita con gli esami coprologici.
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Le cure
Per le terapie il medico veterinario, al quale è sempre necessario rivolgersi in questi casi, ha a disposizione un buon corredo di principi attivi.
Fra questi le avermectine, il levamisolo, i benzimidazoli. Spesso sono utilizzati per i casi di parassitosi gastrointestinali, con la convinzione di risolvere contemporaneamente anche le parassitosi broncopolmonari.
Purtroppo non è così, in quanto il dosaggio si rivela insufficiente e oltre a non risolvere il problema, si creano le condizioni per la formazione di fenomeni di resistenza ai farmaci da parte dei parassiti broncopolmonari.
Va poi ricordato il caso dei protostrongili, nei cui confronti le armi terapeutiche a disposizione, anche a largo spettro, sono scarsamente efficaci.
La prevenzione
Le difficoltà nella lotta a queste parassitosi impongono una maggiore attenzione nei confronti della prevenzione, che si attua con un'attenta gestione del pascolo, principale via di diffusione dei patogeni.
Nella rotazione dei pascoli occorre tenere conto del lungo periodo di sopravvivenza delle larve di primo stadio.
La lotta ai molluschi, ospiti intermedi di alcuni parassiti, incontra molte difficoltà per il conseguente impatto ambientale.
Gli animali di nuova introduzione dovrebbero essere controllati e nel caso trattati.
Dopo un eventuale trattamento è suggerito l'uso di nuovi pascoli per evitare reinfestazioni.
Pratica consigliata ma di difficile attuazione per la possibile presenza di altre greggi che utilizzano la stessa area.