Si è sempre pensato (ed insegnato) come la cosa migliore per la salute del vitello sia quella di una separazione dalla madre il quanto più precoce. Tuttavia sta emergendo una letteratura che sembrerebbe smentire questo concetto e vorrebbe proporre una riflessione sui benefici di una relazione che in natura ha una dinamica e delle tempistiche diverse rispetto a quelle dell'allevamento. Sotto la spinta del consumatore e grazie a qualche buona ricerca scientifica è forse arrivato il momento di mettere in discussione anche questa pratica.

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Secondo natura

In natura, bovina e vitello rimangono a contatto per almeno sei mesi e soprattutto nelle primissime fasi le relazioni sono molto frequenti. Il vitello ha la possibilità di assumere prima il colostro e successivamente il latte, direttamente dalla madre. Inoltre la madre rappresenta per il vitello una presenza rassicurante visto che essa è anche la prima fonte di nutrimento e infonde alla prole un senso di tranquillità e di protezione. Tale stretto legame, inoltre, è fondamentale in natura poiché la madre, ma anche la mandria, rappresenta una fonte di difesa attiva nei confronti dei predatori. Non va inoltre dimenticato come il livello sanitario degli animali che vivono in natura al di fuori dell'ambiente di allevamento sia sostanzialmente migliore a causa della minore pressione infettiva ambientale. Individui che si ritrovano a vivere all'aria aperta ed in continuo movimento a causa del pascolo godono di un rischio di trasmissioni di infezioni dalla madre ai nuovi nati del tutto modesto.


La pratica di allevamento

Nella pratica del moderno allevamento della vacca da latte, nelle aziende per la produzione di vitelli per l'ingrasso e talvolta anche nelle aziende biologiche, il tempo di contatto tra madre e vitello viene ridotto al massimo. Gli allevatori separano la madre e il vitello subito alla nascita e questo allo scopo di minimizzare la trasmissione di patologie che il nuovo nato potrebbe contrarre molto precocemente a causa del contatto con la madre.

La flora intestinale del vitello, il cui rumine non è ancora sviluppato, è numericamente esigua se non assente e poco stabile. Tuttavia, essa è soggetta ad una veloce evoluzione in cui temporalmente si susseguono popolazioni microbiche differenti. La composizione di tale microflora così come il suo equilibrio sono garanzia di una buona salute intestinale e di protezione. Il tratto intestinale del vitello subisce una veloce colonizzazione e le specie batteriche che vi si insediano dipendono fortemente da ciò che viene in contatto con la bocca dell'animale. L'ambiente, in senso globale (strutture, mammella della madre, attrezzature veterinarie e mani dell'uomo) ne sono la principale fonte. Tanto più queste fonti sono veicoli di batteri (Coli) e parassiti (coccidi e criptosporidi in primis), tanto maggiore sarà la pressione infettante sul vitello e tanto maggiore il rischio che il soggetto vada incontro a dismicrobismo intestinale e diarrea. Tali condizioni non solo compromettono la salute, ma anche le performance dei soggetti.

Anche le madri sembrerebbero poter beneficiare di una separazione relativamente più tardiva; tra i vantaggi ventilati, una più limitata incidenza delle mastiti e delle ritenzioni placentari
Anche le madri sembrerebbero poter beneficiare di una separazione relativamente più tardiva; tra i vantaggi ventilati, una più limitata incidenza delle mastiti e delle ritenzioni placentari


Rischi potenziali

Per il nuovo nato la madre rappresenta allo stesso tempo sia la principale fonte di rischio che di protezione. Il vitello nasce infatti privo di anticorpi a causa della tipologia di placenta che caratterizza la specie bovina. Il colostro è la principale fonte di immunoglobuline sino a che il giovane animale non sviluppa la sua immunocompetenza. Come noto, la protezione materna è tuttavia efficace a patto che la somministrazione del colostro venga effettuata nella giusta quantità entro le primissime ore di vita. Ecco allora che la logica potrebbe suggerire di lasciare il vitello con la madre, come avviene in natura, al fine di favorire proprio l'adeguata assunzione di immunoglobuline (anticorpi). Tuttavia tale pratica risulta assai rischiosa a causa della ridotta attitudine e capacità del vitello di assumere tutto il colostro necessario. Probabilmente in natura l'assunzione è sufficiente a proteggere il giovane animale, ma i livelli non sembrerebbero adeguati per la situazione infettiva presente in allevamento.

La ragione potrebbe essere duplice: da un lato la maggiore pressione infettiva rispetto all'ambiente naturale, dall'altro la variabilità nella qualità del colostro stesso, che è legata a vari fattori relativi alla madre (immunità, selezione genetica, chetosi). Inoltre, la bovina risulta spesso portatrice di batteri potenzialmente patogeni, sia di origine infettiva che di contaminazione ambientale, i quali sono gestibili in un animale adulto con un sistema immunitario maturo. Negli animali giovani tali patogeni potrebbero invece risultare altamente infettivi e talvolta fatali. Nel bilancio tra la potenziale trasmissione di patologie e la possibilità di assumere il colostro dalla madre, la scelta tecnica ottimale è sempre stata quella della separazione immediata dopo il parto.


Novità dalla ricerca

Tuttavia nessuno, se non recentemente, si è interessato di due aspetti che sembrerebbero poter ridisegnare la comune pratica di campo, ovvero degli effetti a lunga distanza creati da questa separazione precoce e dalle sue ricadute sul sistema immunitario. Su questo si inseriscono le richieste del consumatore che ricerca produzioni più naturali e rispettose del benessere animale.

Un recente studio norvegese (Julie Føske Johnsen, Suckling in Dairy Production, welfare and management, bonding and debonding, PhD thesis, NMBU, April 15, 2015) ha messo in luce come i vitelli allevati in aziende biologiche e che rimanevano almeno tre giorni con la madre (ma in alcuni casi anche sino a tre mesi) crescevano di più, risultando maggiormente pesanti rispetto ad animali che invece venivano separati ed alimentati con la bottiglia e la lupa. Gli stessi ricercatori hanno poi osservato come vi fosse un'intensa attività di leccamento della madre nei confronti dei vitelli. Attività che indicherebbe come tale relazione abbia finalità ben più ampie del solo nutrimento attraverso il latte.

Gli stessi ricercatori suggeriscono come un possibile compromesso tra allevamento e situazione naturale potrebbe essere quello di lasciare il vitello a contatto con la madre durante la notte, e di separare gli animali durante il giorno in modo che questo ultimo impari a mangiare fieno e mangime oltre al latte. La stessa separazione fatta in tempi tardivi potrebbe inoltre diminuire lo stress cumulativo della privazione contemporanea di latte e madre nel caso di una separazione precoce. Sempre nello stesso studio, i ricercatori norvegesi hanno potuto quantificare come unendo separazione tardiva e permanenza notturna con la madre i vitelli crescessero maggiormente anche dopo la separazione e sopportassero meglio questo stress. Ovviamente prima di avventurarsi in tale pratica bisognerà valutare la pressione infettiva nel singolo allevamento, oltre alle condizioni igienico-sanitarie, come per esempio l'eventuale presenza di paratubercolosi.

I ricercatori norvegesi hanno sottolineato come unendo separazione tardiva e permanenza notturna con la madre, i vitelli crescano maggiormente anche dopo la separazione
I ricercatori norvegesi hanno sottolineato come unendo separazione tardiva e permanenza notturna con la madre, i vitelli crescano maggiormente anche dopo la separazione


Conclusioni

La necessità di soddisfare le esigenze dei consumatori, sempre più attenti al benessere animale e a una produzione "naturale" degli alimenti, è divenuta un elemento in grado di plasmare il modo in cui si dovrà e si deve fare allevamento. Questo comporta pertanto il dover rivedere molte pratiche, cercando di sostituire le tecniche tradizionali con tecniche innovative.

È chiaro che i cambiamenti nella routine della separazione madre-vitello sono possibili solo con un cambio a 360 gradi della gestione di questo momento. Affinché tale pratica possa essere efficace serve non solo modificare le tempistiche, ma è anche necessario aumentare il livello di igiene degli ambienti, di salute della mandria e di biosicurezza. Per diventare un allevatore ancor più rispettoso del benessere animale e in grado di sopravvivere all'aumento dei costi (di solito il consumatore non è pronto a riconoscere economicamente tale valore aggiunto), si dovrà necessariamente aumentare il proprio livello di professionalità.

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di Andrea Roberti