A questo punto tutta la filiera suinicola dovrà fare i conti con le nuove metodologie e si interroga sulle implicazioni al lato pratico della nuova decisione. Le equazioni aggiornate evidenziano l’evoluzione della genetica di questi anni che ha visto un notevole incremento delle linee straniere e magre.
La decisione della Commissione è obbligatoria, ma non priva di implicazioni, anche pesanti per gli allevatori che riforniscono il circuito delle produzioni Dop. In particolare i disciplinari del Prosciutto di Parma e del San Daniele, modificati in parallelo su richiesta dei rispettivi Consorzi, che da sempre fanno riferimento alle classi centrali della classificazione tra quelle ammesse per l’utilizzo delle cosce ma hanno ora introdotto un aggiornamento che esclude tassativamente la classe di assegnazione “E”.
La modifica, unitamente alle nuove equazioni di stima, secondo le quali proporzionalmente i suini vengono assegnati a classi inferiori, rispetto alle misurazioni precedenti, rischia di identificare il 20% di cosce in più, rispetto al passato, come non idonee al circuito dop.
“Non reputo che la sola classificazione delle carcasse dia indicazioni precise sulla qualità della coscia e dati sperimentali possono avvalorare la mia convinzione - commenta la presidente della federazione nazionale di prodotto carni Suine di Confagricoltura, Giovanna Parmigiani -. A volte ci sono cosce classificate “E” adatte al prosciutto e cosce “R” che presentano caratteristiche meno confacenti. Sarebbe opportuno considerare anche altre informazioni, disponibili con i nuovi strumenti di analisi, quali la qualità del grasso. Insomma, se la finalità fosse continuare a perseguire standard produttivi elevati sarebbe più opportuno introdurre altri tipi di analisi, piuttosto che non escludere categoricamente la classe “E”.
Nell’immediato queste modifiche rischiano di ripercuotersi pesantemente sulla parte allevatoriale che viene penalizzata per le produzioni di punto in bianco classificate fuori standard. Oltretutto ad oggi – prosegue l’allevatrice piacentina che è anche vicepresidente di Confagricoltura Piacenza - dubito ci possa essere la convenienza economica per un ritorno a genealogie con indici di conversione differente e minori quantità di carne magra. Auspico che la filiera, riunita nei tavoli interprofessionali, trovi soluzioni condivise per far fronte a queste nuove problematiche che si aggiungono, purtroppo, ad altre annose questioni la cui soluzione è divenuta improrogabile quale l’insostenibilità del mal funzionamento della Cun, che ad oggi continua a far registrare mancate quotazioni”.
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Fonte: Confagricoltura Piacenza