Per prevenire la diffusione dei nematodi è fondamentale utilizzare piante certificate sane e bonificare il terreno attraverso la fumigazione con prodotti registrati. Tuttavia è anche possibile adottare un approccio biologico utilizzando prodotti di origine naturale che hanno un effetto nematocida.
La cosiddetta biofumigazione si attua seminando e poi interrando particolari specie vegetali, solitamente del genere Brassicaceae, che producono sostanze nematocide. Il sistema difensivo delle Brassicaceae si basa infatti sui glucosinolati-mirosinasi che a contatto con l'acqua, per idrolisi, danno origine a composti biologicamente attivi quali isotiocianati, nitrili, epitionitrili e tiocianati, sostanze volatili caratterizzate da un effetto nematocida.
Il rafano trinciato prima del sovescio
(Fonte foto: azienda agricola Spanò)
L'esperienza dell'azienda agricola Spanò
La strada della biofumigazione è stata scelta da un giovane agricoltore calabrese, Giovanni Battista Spanò, titolare dell'omonima azienda che conta 7 ettari di agrumeto nel comune di Locri (Rc). "Nell'ambito di un miglioramento fondiario per mezzo del Psr abbiamo deciso di rinnovare 3,5 ettari estirpando le vecchie piante e sostituendole con nuove varietà" spiega ad AgroNotizie. "Prima di procedere al nuovo impianto abbiamo fatto eseguire dal Laboratorio di nematologia agraria e forestale della Regione Calabria delle analisi sulle radici delle piante e abbiamo riscontrato una presenza massiccia di Tylenchulus semipenetrans".La trinciatura del rafano e l'interramento dei residui colturali devono essere contestuali
(Fonte foto: azienda agricola Spanò)
Prima di procedere con il nuovo impianto si è dovuto quindi sanificare il terreno. "Per convinzione personale e volendo certificare l'azienda in biologico ho deciso di non utilizzare agrofarmaci di sintesi e dietro consiglio dei tecnici dell'Arsac Calabria e del Laboratorio nematologico della Regione Emilia Romagna ho optato per la biofumigazione".
Nei 3,5 ettari di terreno liberato dalle vecchie piante di arancio si è dunque proceduto alla semina del rafano. Nel momento della fioritura, quando la concentrazione di sostanze nematocide nei tessuti è massima, si è proceduto a trinciare e interrare i residui colturali. Il terreno è stato successivamente irrigato per avviare l'idrolisi, il processo di degradazione del materiale vegetale che porta alla liberazione delle sostanze nematocide.
Le radici di rafano
(Fonte foto: azienda agricola Spanò)
"Proprio in questi giorni stiamo procedendo alla messa a dimora delle nuove piante e solo tra un anno, effettuando nuove analisi, potremmo dire se il trattamento ha avuto successo", spiega Spanò.
L'utilizzo della tecnica della biofumigazione ha una efficacia meno certa rispetto all'utilizzo di agrofarmaci di sintesi. Tuttavia un numero crescente di agricoltori guarda a questa tecnica, pionieristica nel campo dell'agrumicoltura ma ormai rodata in altri settori, come alternativa ai classici geodisinfestanti.
Una scelta dettata sia dalla volontà di adottare pratiche maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale, come nel caso di Spanò, sia in quanto negli ultimi anni si è assistito ad una riduzione consistente delle molecole approvate a livello nazionale, come ad esempio il bromuro di metile, usato per anni proprio per bonificare il terreno dai nematodi.