Abstract
- Le api allevate, portate in America dall'Europa, sono state raggiunte a metà degli anni '80 dagli acari tracheali prima e dalla Varroa poi, venendo in larga parte infestate da questi parassiti contro i quali i mezzi di difesa sono sempre meno e sempre meno efficaci per questioni di resistenze. Oggi, secondo dati Usda, le colonie sarebbero comunque superiori per numero rispetto alla fine degli anni '90, dopo aver attraversato una fase di profondo calo fra il 2005 e il 2009, quello che scoperchiò il vaso di Pandora contro agrofarmaci in genere e neonicotinoidi in particolare.
- Il business delle mandorle californiane è enorme, con la produzione del 97% del totale americano e dell'80% del totale mondiale per un fatturato di circa 14 miliardi di dollari. La produzione di bevande ricavate dalle mandorle è la principale destinazione d'uso dei raccolti. Sono infine circa 250 milioni di dollari quelli che vanno agli apicoltori per "noleggiare" le proprie api agli agricoltori, spesso ricavando da tale pratica maggiori profitti rispetto alla produzione di miele e altri prodotti.
- La moria di api americane, per come è stata raccontata dai media, amplifica le accuse ai trattamenti fitosanitari e marginalizza gli aspetti sanitari che pur affliggono pesantemente le api, venendo aggravati dallo stress indotto dagli apicoltori stessi che trasportano in California le proprie colonie facendo loro percorrere migliaia di chilometri per poi operare in aree ristrette ove parassiti e patogeni possono essere facilmente scambiati fra individui.
- I trattamenti insetticidi durante la fioritura sono una pessima abitudine cui i coltivatori americani di mandorli dovrebbero rinunciare, causando questi impatti severi di breve periodo che vanno a sommarsi a quelli divenuti ormai costanti nelle colonie a causa di malattie e parassitosi. In alcuni casi, le miscele insetticida-fungicida in fioritura hanno mostrato effetti più pesanti degli insetticidi utilizzati da soli.
Cosa accade in America
Verso febbraio gli apicoltori americani stipano i propri alveari sui camion e li spediscono in California, nell'area in cui presto fioriranno i mandorli. Qui i frutticoltori si stima affittino circa un milione e mezzo di colonie di api per un business complessivo di 250 milioni di dollari. Gli impollinatori naturali sarebbero infatti del tutto insufficienti per coprire il fabbisogno locale di impollinazione, visto che da quell'area parte la quasi totalità delle mandorle americane e l'80% di tutte le mandorle mondiali.Secondo un'inchiesta di The Guardian, quotidiano inglese, la crescente richiesta di mandorle e di bevande da esse derivate starebbe quindi causando vere e proprie stragi di api. Nella stagione invernale 2019 sarebbero infatti morti 50 miliardi di api, pari a circa un terzo dell'intera popolazione americana. E questo relativamente solo all'Apis mellifera allevata a scopi produttivi. "Pesticidi" nel mirino, ovviamente, con il quotidiano britannico che non perde l'occasione di attaccare pure glifosate, rilanciando la fake new, perché come tale va ormai considerata, della sua influenza sui linfomi non Hodgkin, smentita anche recentemente dalla Environmental protection agency per l'ennesima volta. Peraltro, non è stato affatto dimostrato che nelle condizioni reali glifosate sia addirittura letale sulle api. Come altre volte in passato, la stampa generalista, in questo caso The Guardian, alimenta più che altro disinformazione.
Non da meno il National post, il quale attribuisce anch'esso a glifosate le morie, pur ricordando (bontà loro) l'uso di altri pesticidi.
Molto più sensatamente, Science daily si chiede invece se abbia senso usare insetticidi quando la maggior parte delle api americane sono nei mandorleti, paragonando il loro trasporto e rilascio in campo al mandarle al macello. In sostanza, le api vengono assimilate a dei soldati scaraventati in battaglie sanguinose dalle quali possono uscire nient'atro che decimate. Una guerra che agli apicoltori frutta come detto un quarto di miliardo di dollari, rendendoli di fatto complici alla pari di siffatte stragi.
Dimensione del fenomeno
In effetti, il business delle mandorle californiane appare imponente con i suoi circa 14 miliardi di dollari. Buona parte di questi derivanti dal crescente giro di affari del cosiddetto "latte", espressione impropria con cui però i consumatori chiamano tali bevande. In America queste sarebbero infatti aumentate del 250% negli ultimi anni, a causa dei mutati orientamenti alimentari, vuoi di stampo ambientalista, per il quale i bovini inquinerebbero producendo gas serra, vuoi di radice animalista: i vegani non bevono latte a prescindere e spesso rinunciano pure al miele in quanto derivato dallo sfruttamento di animali.Brutte sorprese però per entrambi gli schieramenti, pare, perché per dare a loro più "latte" di mandorle morirebbero ogni anno miliardi di api. Un vero controsenso sia per chi ama l'ambiente, sia per chi ama gli animali. Del resto, ogni sogno lascia l'amaro in bocca quando l'alba della consapevolezza obbliga al risveglio.
Bene però valutare più dettagliatamente i pesi relativi di tale fenomeno, indubbiamente macroscopico, perché le responsabilità non sono mica tutte a carico dei mandorlicoltori, né dei "pesticidi" da essi impiegati. Anzi. Anche gli apicoltori hanno infatti serie responsabilità e prima le ammetteranno, meglio sarà anche per le loro api.
Quanto a superfici, sarebbero 10 milioni e 347mila gli ettari complessivamente coltivati in California, equivalenti a circa il 2,8% del totale americano, pari questo a 370 milioni di ettari (trenta volte l'Italia). Gli ettari coltivati a mandorlo in Usa sarebbero 378.900 (dati Usda), di cui 370mila solo in California. Se quindi i mandorleti rappresentano in totale lo 0,1% di tutte le superfici coltivate in America, la California da sola fa circa il 97% dei mandorleti a Stelle e Strisce. Questi occupano a loro volta il 3,6% della superficie agricola dello stato di Los Angeles.
Quindi, va dapprima annotato come sebbene la concentrazione dei mandorleti sia spaventosamente a favore della California, all'interno dello Stato questi siano solo una piccola parte degli ettari agricoli complessivi. Quindi è proprio il fenomeno della transumanza delle api ad aver generato e amplificato il caso-morie, concentrando per settimane oltre la metà delle api statunitensi nello 0,1% della superficie agricola americana.
Di sicuro, i mandorleti sono un business innanzitutto per gli apicoltori stessi, i quali guadagnano più ad affittare le api ai frutticoltori che con la vendita del miele e degli altri prodotti. Questo anche stando alla testimonianza di uno di loro, Dennis Arp, il quale dall'Arizona manda in California i propri alveari per affittarli a chi coltiva mandorli. Cioè fa fare loro circa un migliaio di chilometri ad andare, più altri mille per tornare, più i vari spostamenti in loco. E come lui tanti altri apicoltori anche più lontani.
Sempre secondo Arp, le sue api iniziarono a ammalarsi in ottobre, quando 150 degli alveari vennero devastati. Il 12% circa del suo patrimonio apistico sparì in pochi mesi. La quasi totalità della perdita, secondo l'apicoltore, fu a causa di infestazioni ripetute di acari tracheali. Poi le cosiddette api "killer" africane. Infine la Varroa, contro la quale Arp è costretto ad applicare regolarmente specifici acaricidi.
Per la cronaca, le api attualmente utilizzate a fini commerciali non sono autoctone dell'America, essendo state importate dall'Europa nei secoli scorsi. Poi, nel 1922, a seguito delle pesanti morie dell'Isola di Wight, in Inghilterra, gli Stati Uniti proibirono l'importazione di nuove api dal Vecchio Continente. Per oltre 60 anni pare aver funzionato. Poi, nel 1984, arrivò dapprima l'acaro tracheale, il grande accusato per la strage dell'Isola di Wight, seguito tre anni dopo da un altro acaro, molto più temibile, ovvero la Varroa destructor.
Entrambi sono poi diffusi velocemente nel Paese, colonizzandolo quasi totalmente in meno di un decennio proprio a causa dei viaggi interstatali che le api allevate normalmente fanno seguendo le fioriture delle varie zone degli Usa. Purtroppo, tale proliferazione sta uccidendo sia le colonie allevate, sia quelle selvatiche. Se infatti le api pare sopportino relativamente bene gli acari tracheali, altrettanto non si può dire per la Varroa.
In sostanza, i media che tramite Arp hanno dato voce agli apicoltori hanno rimediato testimonianze che con le mandorle californiane pare abbiano poco a che vedere. Sballottare per migliaia di chilometri delle api costrette in ambienti angusti, poi liberate a miliardi di individui in un'area terribilmente ristretta, non fa altro che stressare le bestie ed esporle a molteplici contagi e scambi di parassiti fra loro. Se poi dilagano le morie, non si può quindi addossare tutta la colpa ai coltivatori di mandorli, i quali hanno per giunta pagato congruo affitto per avere quel servizio di impollinazione. Per non parlare dei danni verosimilmente arrecati dalle api allevate agli impollinatori selvatici locali, letteralmente invasi da miliardi di individui che non solo saccheggiano tutto il saccheggiabile, ma che trasferiscono nell'ambiente patogeni e parassiti. Un giorno, forse, qualche entomologo californiano si occuperà finalmente anche di questa faccenda mettendo tutti i necessari puntini sulle molte "i" del problema.
Le api in America: non sono in calo
Sembra un po' troppo facile parlare di 50 miliardi di api morte, pari al 40% del capitale apistico americano. Numeri impressionanti che però è bene riparametrare sui dati ufficiali forniti da Usda, il Dipartimento per l'agricoltura statunitense. Partite da circa 2,75 milioni di colonie nel 1998, queste hanno teso a calare nel tempo alternando fasi di leggera crescita ad altre di diminuzione, attraversando poi un quadriennio nero fra il 2005 e il 2009. Annus horribilis il 2008, con circa 2,4 milioni di colonie rimaste. Il minimo del periodo. Da lì la ripresa, sempre con dati altalenanti, fino a rimanere costantemente sopra ai dati del 1998 a partire dal 2013, cioè l'anno in cui gli apicoltori denunciarono gravi morie dopo le campagne di impollinazione in California.A partire da quell'anno, peraltro, i coltivatori di mandorli avrebbero seminato circa 67mila ettari con essenze utili a foraggiare le bottinatrici, creando aree rifugio in cui queste possono operare in sicurezza trovando nettare e polline in abbondanza lontane per di più da trattamenti fitosanitari.
Parallelamente, l'associazione di produttori di mandorle ha finanziato molteplici progetti a salvaguardia delle api, come la produzione di specifiche "Best management practice" a favore degli apicoltori, pubblicate nel 2014, ma anche di difesa integrata nei frutteti al fine di minimizzare le influenze sulle api dei trattamenti fitosanitari.
Un impegno rafforzato nel 2018 tramite il California Almond sustainability program. Fra le cause di maggior impatto sulla popolazione di impollinatori vi sarebbe in primis la mancanza di diversità genetica, dalla quale deriva gran parte della fragilità di popolazione nei confronti di stress da trasporto e super lavoro, forieri poi di maggiori incidenze di patologie e parassiti, uno su tutti la succitata Varroa, responsabile da sola della maggior parte dei decessi negli alveari. Anche gli antiparassitari però giocano una loro parte.
La follia degli insetticidi in fioritura
Trattare in fioritura con insetticidi, in Italia, è ipotesi che farebbe sobbalzare anche il più aggressivo venditore di agrofarmaci sul mercato. Tale pratica è rimasta infatti ormai limitata a specifiche applicazioni, per esempio, a caduta petali con prodotti selettivi per le api. Cioè a fioritura finita. I famigerati neonicotinoidi, che venivano posizionati giorni prima che la fioritura dei fruttiferi avvenisse, non possono proprio più essere applicati. Gli esteri, poi, non ne parliamo: praticamente non li si usa quasi più.Negli Stati Uniti, invece, su mandorlo qualcuno gli insetticidi in fioritura ancora li usa, anche se non certo i neonicotinoidi, né tanto meno gli ancor più vituperati esteri fosforici. Vediamo quindi cosa, come e quando.
Il caso "morie" esplose, come detto, fra il 2013 e il 2014, quando il 40% circa delle colonie mostrò alta mortalità degli adulti o larve deformi (somma di tutte le mortalità, anche da parassiti). Il 20% delle colonie collassarono del tutto. Gli esperti dell'Almond board of California individuarono in alcuni insetticidi i responsabili di tali fenomeni, dal momento che venivano utilizzanti proprio durante la fioritura. Questo perché apparentemente tali insetticidi avrebbero dovuto essere innocui sulle api. Invalsi nell'uso erano soprattutto chlorantraniliprole, diflubenzuron, tebufenozide e methoxyfenozide, spesso miscelati con alcuni fungicidi, in special modo propiconazolo, iprodione e miscele di boscalid-pyraclostrobin.
I ricercatori ravvisarono come chlorantraniliprole aumentasse la mortalità larvale se in compresenza di propiconazolo o iprodione, ma non da solo. La combinazione con propiconazolo è risultata peraltro tossica sulle api operaie trattate per via topica. Diflubenzuron generalmente ha influito sulla mortalità larvale, ma non è stato osservato alcun effetto sinergico con i fungicidi. Nessun aumento di mortalità rilevato per metossifenozide, né da solo, né in combinazione.
In sostanza, pare che l'esposizione a questi insetticidi, se applicati durante la fioritura, possa innalzare gli impatti sulle api, anche all'interno degli alveari, specialmente se applicati in combinazione con fungicidi. In effetti, se si applica nel bel mezzo di una fioritura massiccia come quella dei mandorli, non solo si investono le api presenti al momento del trattamento, ma si creano anche le condizioni per le quali gli impollinatori accrescono le dosi con cui entrano a contatto passando di fiore in fiore. Dopo centinaia di visite fiorali, vi è cioè da pensare che la quantità di agrofarmaci assorbiti e poi portati nelle colonie sia superiore a quella rivelatasi sicura nei laboratori. Motivo per il quale, volenti o nolenti, prima gli Americani proibiranno i trattamenti insetticidi in fioritura e meglio sarà per tutti.
Problema: una gran parte della mortalità nelle colonie viene registrata mesi dopo, a fine stagione, spesso indotta dalla presenza di parassiti e patogeni di varia natura, Varroa in primis. Quindi risulta difficile ripartire correttamente l'esatto peso sulla salute delle api fra usi in fioritura di agrofarmaci, parassiti delle api e stress indotti dagli apicoltori stessi con l'eccessivo sfruttamento delle proprie colonie. Come spesso si suol dire: la colpa morì fanciulla perché nessuno la volle.
Di certo, la tecnica di difesa dei mandorli si sta finalmente modificando, prevedendo trattamenti lontani dalla fioritura. Il principale problema dei coltivatori di mandorle è infatti il cosiddetto Peach twig borer, ovvero Anarsia lineatella. Questa può essere controllata anche tramite insetticidi applicati durante la fase di dormienza invernale, in modo da colpire le larve svernanti all'interno dei loro ibernacoli. Trattamento che risulta efficace anche contro la cocciniglia di San José se addizionato con olio. Prodotti utilizzati in tal senso possono essere piretroidi o esteri fosforici, dati però in forte calo nel tempo dal momento che possono in quelle stagioni contaminare le acque superficiali con le piogge.
Per le applicazioni a cavallo della fioritura vengono comunemente utilizzati spinosad, Bacillus thuringiensis o metoxyfenozide, preferendo però la fine fioritura per non contaminare le api che poi porterebbero gli insetticidi negli alveari. Nel corso della stagione si preferisce ricorrere invece al controllo tramite confusione sessuale. Come insetticidi, invece, se una decina di anni fa andavano moltissimo diflubenzuron e Bacillus, ultimamente sono più utilizzati metoxyfenozide/tebufenozide o chlorantraniliprole.
Finalmente, anche gli ambientalisti si sono infine accorti che l'abnorme proliferazione delle api da miele utilizzate fra i mandorleti sta minando l'ecosistema di tutti gli impollinatori selvatici, già messi in difficoltà dai cambiamenti climatici. Una consapevolezza che però non sembra portare a idee praticabili, dato che gli ambientalisti stessi trovano come soluzione migliore la non meglio specificata trasformazione profonda del modo in cui l'agricoltura su larga scala viene condotta negli Stati Uniti.
Un buon proposito che non fa come al solito i conti con le dinamiche territoriali, sociali ed economiche del mondo che cambia. Incluso il business della transumanza delle api il quale, dopo aver diffuso malattie e parassiti d'ogni genere attraverso l'intera America, oggi ricopre un ruolo di peso anche nelle attuali morie nelle colonie.
Perché a quanto pare la causa primigenia dei problemi americani attuali sembra sia quella con le ali anziché quella con le radici piantate per terra. Forse in futuro si farà largo in America una figura professionale nuova, ovvero quella dell'apicoltore-agricoltore: imprenditori che operano all'interno delle proprie aziende, i cui terreni sono seminati esclusivamente con specie atte alla bottinazione da parte delle api. Nessun diserbo, nessun trattamento. Solo tanto polline e tanto nettare per le api appena uscite di casa. Del resto, l'home-office sta prendendo piede fra gli umani e magari in futuro diverrà una pratica apprezzata anche dalle api allevate.
Parallelamente, anche alcuni produttori agricoli potrebbero dotarsi di colonie di api, al fine di rendere indipendenti i propri comprensori dagli impollinatori altrui. Si creerebbe cioè un vero e proprio Paradiso per impollinatori, apicoltori e agricoltori.
E magari anche per i giornalisti cui tocca trattare reiteratamente le ormai fruste accuse degli apicoltori alle pratiche agricole, sebbene essi traggano proprio da queste buona parte dei loro stessi redditi.