Lasciandoci alle spalle la Valtellina, percorrendo le alpi Orobie arriviamo nelle alpi Retiche e giungiamo in Trentino passando ancora da un Parco, quello dell'Adamello-Brenta.
Qui, tra Mezzocorona e Mezzolombardo, separati dal torrente Noce, correva il confine tra il popolo dei "Baiovari", gente che bada ai buoi, poi Bavaresi, ed i Longobardi. E proprio a Mezzocorona troviamo una delle più grandi realtà produttive vitivinicole di'Italia, la Cooperativa Mezzacorona, il maggiore produttore italiano di Pinot Grigio e di Chardonnay.
Ci soffermeremo però su due Doc trentine, il Marzemino ed il Teroldego.

Il vino di Mozart, o meglio di Don Giovanni, pare arrivato da queste parti dopo un viaggio più o meno lungo dall'est, portato o dalle truppe della Serenissima dal villaggio di Marzmin, posto tra Carinzia e Slovenia o dai commerci addirittura con la lontana Cipro dove sono citate le uve Marzavi che poi compaiono in registri della costa dalmata quindi alle foci del Po e poi dell'Adige, fino alle Dolomiti.
Comunque sia questo vitigno dai numerosi biotipi ha una maturazione precoce, tra la fine di settembre ed i primi di ottobre; è una pianta naturalmente vigorosa che dà un vino rosso dai profumi di viola, prugna e frutti rossi con una gradazione alcolica di circa 11°. Il Marzemino di Isera, forse il più pregiato, deve parte delle sue caratteristiche organolettiche alla presenza di rocce basaltiche nei substrati rocciosi.

L'altro rosso è il Teroldego, il cui nome risale forse sia alle terre di origine, la zona di Trento al confine con il Tirolo, che alle sue caratteristiche organolettiche, Gold, oro, che starebbe per l'oro del tirolo (Tiroler Gold) come veniva chiamato alla corte di Vienna il vino proveniente dal Trentino. La zona di coltivazione è concentrata nella cosiddetta zona rotaliana, che deriva probabilmente il suo nome dal re longobardo Rotari, formata da terreni alluvionali portati dal torrente Noce compreso tra i comuni di S. Michele all'Adige località Grumo, Mezzocorona e Mezzolombardo.
Il Teroldego Rotaliano Doc deriva da questo terreno pianeggiante formato da pietre grossolane e quindi ben drenato, circondato da alte montagne che lo riparano dai venti, con viti coltivate a tende rotaliane, cioè più alte da una parte che dall'altra che esaltano la resa, con una buona circolazione d'aria e di sole che rendono le uve sane e raggiungono una buona maturazione.
L'area coltivata è piccola, circa 350 ettari, ad una altitudine di circa 200 metri.
Il vino si presta sia al consumo pronto che all'invecchiamento, con profumi di bacche di bosco, mirtilli, lamponi e more. Questa è anche un'uva che si presta molto anche alla produzione di novelli, attraverso la macerazione carbonica. Un vino quindi tra i più flessibili ed espressivi della tipicità della sua zona di origine.

 
 
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I Viaggi del Fantic

E' cominciato un tour "virtuale", una serie di incontri con alcune interessanti realtà della produzione vitivinicola italiana presentati da Isagro Italia.
Lo scopo è quello di seguire le linee di sviluppo della viticoltura nazionale legata alla produzione di vini di qualità, ed alla loro commercializzazione.
Il percorso inizia dalla Sicilia, per risalire fino alla valle del Caffaro, ai confini tra la provincia di Brescia e di Trento.
Toccheremo aziende di dimensioni e caratteristiche molto diverse con l'intento di vedere in quali modi un settore d'avanguardia come quello della nostra produzione vinicola si stia adeguando alle modifiche del mercato e come la competitività internazionale stia plasmando la nostra maglia aziendale.
Fantic è un marchio registrato da Isagro Italia.
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